Avevo tanto sentito parlare delle farine del Mulino Dalla Giovanna, ma non avevo mai avuto l'occasione di provarle, perché, qui da me, non le avevo mai trovate. Per questo, quando ho letto del contest che proprio questo Mulino aveva bandito, ho pensato che fosse la volta buona per saggiare i loro prodotti.
Quando i campioni di farine mi sono arrivati, ho iniziato a pensare a come avrei potuto impiegarle.
Da subito, sono rimasta colpita dal titolo del contest: "Tutti i colori di Uniqua", che mi ha immediatamente fatto pensare ad una ricetta che fosse, letteralmente, colorata. Ecco, si, un pane intrecciato di tanti colori. E, poiché il regolamento del contest richiede che ci si ispiri ad uno dei Paesi presenti all'Expo, il mio pensiero è andato ad Israele e alla challah, il tipico pane che gli Ebrei consumano durante la cena rituale del venerdì sera, che precede lo Shabbath. A dire il vero, questo pane intrecciato nasce tra gli Ebrei della Diaspora, ma, quando molti di loro sono migrati in Israele, hanno portato con sé questa tradizione, che si è ormai talmente radicata, da diventare una preparazione che non può mancare sulle tavole israelite, durante la cena del venerdì.
Challah, in origine, significava semplicemente "pagnotta" e, nei tempi biblici, prese ad indicare quella parte di pane, che, secondo un precetto, ogni famiglia e ad ogni fornaio era tenuto ad offrire al Tempio. Con la distruzione del Tempio e la successiva Diaspora, il ricordo di questo precetto è rimasto nell'usanza di prelevare una piccola parte dell'impasto per il pane e bruciarlo. Presso gli Ebrei askenaziti, questo pane rituale divenne una soffice pagnotta intrecciata, conosciuta, appunto, come challah.
Il numero di "capi" che costituiscono la treccia varia ed ogni tipo di intreccio ha un significato ben preciso: una treccia a due simboleggia l'amore, una a tre simboleggia la giustizia, la pace e la verità, mentre due trecce da sei capi simboleggiano le dodici tribù di Israele.
Mentre preparavo la mia challah multicolore, mi è venuto di pensare ai colori della bandiera della pace e mi è sembrato estremamente appropriato omaggiare con un simbolo di pace quell'area geo-politica così tormentata. Non sono così ingenua da pensare che la pace sia un obiettivo che si possa raggiungere semplicemente auspicandola, ma, come ha detto qualcuno, l'Utopia non esiste, però ci indica la meta alla quale dobbiamo tendere.
Per la ricetta, mi sono affidata a quella, già sperimentata, della mia amica Eleonora, alla quale ho fatto ricorso anche per farmi indicare fonti attendibili, presso le quali documentarmi. Ovviamente, è stato necessario fare degli aggiustamenti, per adattare la ricetta alle aggiunte dei miei "coloranti". E, poiché l'autentica challah non ammette l'aggiunta di ingredienti diversi da quelli tradizionali, non volendo essere irrispettosa, ho seguito il consiglio di Eleonora e l'ho chiamato semplicemente pane del sabato.
Pane del sabato versione arcobaleno
Farina Uniqua azzurra 500 g + 5 cucchiai
Uova medie 2 + 1 tuorlo
Zucchero 40 g
Acqua 125 ml
Olio evo 125 ml
Sale 12 g
Lievito di birra 20 g
Succo di barbabietola 3 cucchiaini
Pesto genovese 2 cucchiaini
Zafferano 1 bustina
Patè di olive nere 2 cucchiaini
Concentrato di pomodoro 2 cucchiaini
Impastare 100 g di farina con il lievito e 50 ml di acqua. Far lievitare per un'ora. Trascorso questo tempo, aggiungere un altro po' di farina ed il primo uovo. Quando l'impasto apparirà incordato, aggiungere ancora un po' di farina ed il secondo uovo. Far riprendere l'incordatura e, poco alla volta, aggiungere l'olio, alternandolo alla farina restante. Da ultimo, aggiungere lo zucchero e il sale. Una volta ottenuto un impasto ben liscio ed incordato, prelevare dei pezzi d'impasto da 100 g l'uno (avanzeranno circa 300 g, con i quali io ho fatto una semplice treccia a tre capi). Prendere uno dei pezzi d'impasto ed aggiungerci il succo di barbabietola ed un cucchiaio di farina, per compensare l'incremento di idratazione provocato dall'aggiunta del succo; impastare in modo da ottenere un colore omogeneo. Ripetere l'operazione, aggiungendo ad un pezzo d'impasto il pesto, ad un altro il concentrato di pomodoro, ad un altro ancora il patè di olive e sempre, ad ogni aggiunta, la farina necessaria ad avere un impasto della giusta consistenza. Sciogliere la bustina di zafferano in un cucchiaio di acqua tiepida ed aggiungerne tre cucchiaini al quinto panetto. Il sesto panetto, invece, andrà lasciato "bianco".
Formare delle palline, che andranno fatte lievitare ancora per 1-2 ore (con questo caldo, a me è bastata un'ora), coperte da pellicola unta d'olio.
Trascorso questo tempo, schiacciare le palline e formare dei rotolini, come indicato qui
Disporre i rotoli d'impasto sulla spianatoia ed intrecciarli. Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio d'acqua e spennellare la superficie della treccia. Far lievitare ancora 1-2 ore ed infornare a 200 gradi per circa 30 minuti.
Come è possibile vedere dalla foto, benché avessi studiato tutti i tutorial possibili, l'intreccio a sei capi si è rivelato al di sopra delle mie possibilità. Del resto, io son sempre quella che, fino a tre anni fa, non aveva mai fatto una treccia in vita sua... Tuttavia, a me, questa treccia tutta colorata, anche se un po' "spettinata", piace: trovo che metta allegria. E, soprattutto, era buonissima. Temevo che l'aggiunta dei "coloranti" potesse alterarne la sofficità e, invece, è venuta una nuvola, merito, sicuramente, della farina impiegata.
“Con questa ricetta partecipo al contest indetto da Cucina Semplicemente in collaborazione con Farina UNIQUA”http://www.dallagiovanna.it/