venerdì 31 gennaio 2014

I contorni non sono mai facili

Quella di oggi è una vecchia ricetta de La Cucina Italiana. L'ho fatta così tante volte che, a questo punto, non ricordo nemmeno se e quanto sia aderente all'originale, vista la mia tendenza a non seguire mai pedissequamente una ricetta. Diciamo che, sicuramente, l' "ispirazione" viene da lì. Ne viene fuori un contorno molto buono ed un po' diverso dal solito.
Ed è anche una ricetta perfetta per il Glu-Fri-Day.

Carciofi Duchesse

Carciofi                 5
Patate                   250 g
Olio evo               1 cucchiaio
Aglio                    1 spicchio
Parmigiano           1 cucchiaio
Latte                    1 cucchiaio + 1/2
Uovo                   1
Burro                   40 g
Farina di mais      1 cucchiaio
Limone                1/2
Sale

Mondare i carciofi e tagliarli in modo da separare i fondi dalle foglie. Tenerli in acqua acidulata con succo di limone. In un tegame, rosolare l'aglio con il cucchiaio d'olio e cuocervi le foglie dei carciofi. I fondi, invece, andranno lessati in acqua bollente.
Lessare le patate, schiacciarle ancora calde, condirle col burro, il sale ed il parmigiano. Aggiungere le foglie di carciofo frullate, l'uovo ed il latte. Amalgamare bene il tutto.
Ungere i fondi di carciofo con un filo d'olio e passarli nella farina di mais. Mettere il purè in tasca munita di bocchetta spizzata e distribuirlo sui fondi di carciofo. Irrorare con un filo d'olio ed infornare a 180 gradi, fino a doratura.




giovedì 30 gennaio 2014

L'impresa non è valsa la spesa

Qualche anno fa, mio figlio, per un esame, doveva esplorare le nuove tendenze in cucina e, ovviamente, chiese consiglio a me. Tra le altre cose, gli raccontai di come non ci fosse chef degno di questo nome che non ricorresse alla tecnica della cottura prolungata sottovuoto a bassa temperatura. 
Era, quindi, da tempo che desideravo sperimentare questa tecnica. Tuttavia, io non posseggo né la macchina per il sottovuoto, né un bagno termostatico. Il primo ostacolo l'ho aggirato ricorrendo al mio macellaio (il sant'uomo, ormai, non si stupisce più dinanzi alle mie richieste...) e chiedendogli di mettermi sottovuoto il pezzo di carne che intendevo usare. Il secondo ostacolo, invece, l'ho superato armandomi di santa pazienza: ho passato una domenica controllando continuamente la temperatura dell'acqua in cui avevo immerso la carne confezionata sottovuoto e aggiungendo acqua fredda, appena la temperatura tendeva a superare i 72 gradi. Tutto questo per 6 ore...
Perché non ne è valsa la pena? Perché, tra preparazione del fondo bruno e cottura della carne, son stata in ballo due giorni e, con questo metodo, la carne risulta sicuramente tenerissima, ma il pezzo che avevo scelto - la guancia di maiale - non mi è piaciuto molto: troppo "nervoso". Chissà, magari usando un altro taglio, sarei stata più soddisfatta. Perché la salsa è molto buona e si accompagna perfettamente alla carne cotta in questo modo.

Guancia di maiale con salsa al Pinot nero

Per il fondo bruno

Ossa  
Cipolla              1
Carota              1
Sedano             2 gambi
Olio evo           1 cucchiaio
Vino                50 ml
Sale

Tagliare le verdure a pezzi e farle rosolare nell'olio. Tostare le ossa in forno e, quando appaiono dorate, aggiungerle alle verdure. Rigirare le ossa nel soffritto per qualche minuto, sfumando col vino. Coprire d'acqua, salare e far cuocere per 3 ore, schiumando. Trascorso questo tempo, filtrare il liquido, che si sarà molto ristretto. Mettere in frigo.

Salsa al Pinot nero

Prelevare un cucchiaio dello strato di grasso che si sarà formato sopra il fondo bruno ed impastarlo con un cucchiaio di farina. Mettere questo roux in una pentola, farlo sciogliere e diluirlo con del Pinot nero caldo, fino ad ottenere una salsa della consistenza di una bechamel fluida.

La carne, come ho spiegato prima, va cotta sottovuoto in una pentola piena d'acqua, controllando che la temperatura non superi 70 gradi.
Tagliare la carne a fettine sottili, napparla con la salsa e servire con l'accompagnamento di un purè di patate, al centro del quale si formerà un incavo, nel quale versare una cucchiaiata di fondo bruno.


martedì 28 gennaio 2014

Disobbedire ai Maestri

Quella appena passata è stata una settimana brutta brutta, piena di arrabbiature, di decisioni che non avrei voluto prendere, che mi costringeranno a rivedere i piani per la mia vita nei prossimi anni. Insomma, giorni da dimenticare. E quale cura migliore del mettersi a cucinare? Lasciarmi assorbire dallo studio di una ricetta, pesare, impastare, frullare, stemperare la rabbia nel cioccolato fuso e tirar fuori da tutto questo qualcosa di buono... L'occasione c'era pure: il compleanno di un carissimo amico. Un compleanno importante, un cambio di decina e lui è il primo di un gruppetto di noi a varcare questa soglia. Insomma, andava celebrato degnamente e mi faceva piacere contribuire con una torta. E, visto che sto sperimentando le ricette di PH10, è lì che sono andata a cercare ispirazione. Ispirazione si, perché non c'è verso che io riesca a ripetere una ricetta tal quale. Parto con le migliori intenzioni (questa volta, giuro, non cambio una virgola!), poi, strada facendo, o mi manca un ingrediente, o un attrezzo, o sbaglio qualcosa, insomma, alla fine, il risultato non è mai fedele all'originale.
Nel caso di questa torta:
a) non avevo farina di segale ed ho usato tutta farina 00
b) non avevo le 4 spezie ed ho usato il pisto avanzato dai roccocò
c) non ho ancora fatto il famoso ordine alla Valrhona, quindi niente cru particolari per il cioccolato
d) ho dimenticato di rivestire il riso caramellato di cioccolato fondente e gianduia
e) non posseggo la pistola per spruzzare la copertura al cioccolato ed ottenere l’effetto vellutato, per cui ho optato per una glassa a specchio.
Insomma, se Pierre Hermè ha battezzato questa torta Tout Paris, la mia, forse, è più opportuno che si chiami:


Torta Demi Paris



Biscuit alle spezie

Latte                           85 g
Anice stellato             5 g
Farina                         30 g  (156 g)
Fecola                        30 g
Farina di segale         126 g
Lievito chimico         11 g
Sale                            4 g
Marmellata arance    187 g
Cannella                    5 g
4 spezie                     4 g
Glucosio                   78 g
Miele                       187 g
Uova                        97 g
Burro pomata           88 g
Pisto                         14 g 

Setacciare la farina insieme alla fecola ed al lievito; aggiungere tutti gli altri ingredienti (scaldare brevemente nel microonde sia il miele che il glucosio, per renderli più fluidi) e mescolare. Distribuire il composto in 3 teglie da 24 cm, rivestite di carta forno, formando uno strato alto mezzo cm. Infornare a 160 gradi per 25-30 minuti.

Riso caramellato

Zucchero                      142 g   (90 g)
Acqua                           53        (35 g)
Riso soffiato                 105 g   (60 g)

Fare un caramello con lo zucchero e l’acqua, versarci il riso riscaldato per 1 minuto al microonde e stendere il composto su un foglio di carta forno, appiattendolo e formando un disco.

Mousse cioccolato e caramello

Zucchero                         155 g
Burro salato                     24 g
Burro                               31 g
Panna  fresca                  108 g      
Gelatina in fogli              1,5 g
Cioccolato fondente        195 g
Panna                             395 g


Bagnare lo zucchero con un paio di cucchiai d’acqua e fare un caramello biondo. Aggiungere gradatamente la panna (108 g), scaldata insieme ai due tipi di burro ed amalgamare bene. Sciogliervi dentro il cioccolato ridotto in scaglie. Quando la massa si è raffreddata intorno ai 50 gradi, aggiungere la gelatina ammollata e strizzata. Montare il resto della panna ed aggiungervi delicatamente, mescolando dal basso verso l’altro, il composto caramello + cioccolato ormai quasi freddo.   

Glassa al cioccolato

Zucchero                         240 g
Panna                              160 g
Acqua                              93 g
Cacao                              80 g
Gelatina in fogli              9,3 g

Mettere in una casseruola lo zucchero, l'acqua e la panna e metterla sul fuoco. Quando lo zucchero si sarà sciolto, aggiungere gradatamente il cacao, mescolando con una frusta e portare ad ebollizione. Spegnere il fuoco e, quando la glassa sarà ad una temperatura di 50 gradi, aggiungere la gelatina ammollata e strizzata. Utilizzare ad una temperatura di 30-35 gradi. 
Io non l'ho fatto, ma credo che valga la pena seguire il consiglio del mio amico Valerio (colui che mi ha fornito la ricetta di questa glassa): preparare, cioè, la glassa il giorno prima dell'utilizzo, in modo da permettere a tutta l'aria inglobata mescolando di risalire in superficie, evitando la comparsa di bollicine, che, come si vede nella foto, guastano la compattezza della glassa.

Montaggio del dolce

Coppare  dei dischi di biscuit alle spezie da 20 cm. Chiudere sigillando il fondo di un disco da 20 cm con la pellicola. Disporre sul fondo uno dei dischi di biscuit, stendervi, livellandolo con una spatola a gomito, parte della mousse al caramello. Adagiarvi il disco di riso caramellato e coprire con altra mousse. Chiudere con un altro disco di biscuit. Mettere in freezer tutta la notte. Levare il dolce dal frigo, metterlo su una ciotola capovolta di diametro leggermente inferiore, poggiata su un vassoio e versarvi  sopra la glassa, facendo in modo che rivesta bene tutto il dolce.  
Con queste dosi, io ho ottenuto una torta da 20 cm di diametro, alta 4,5 cm, più un'altra torta, sempre da 20 cm, ma più bassa e priva del disco di biscuit superiore.   

Nonostante tutte le mie “manomissioni”, la torta è risultata davvero particolare: il biscuit alle spezie rappresenta senz’altro la marcia in più di questo dolce, caratterizzandolo piacevolmente.







giovedì 23 gennaio 2014

Habla espanol?

Purtroppo no. La cosa sarebbe poco rilevante se non fosse che Babbo Natale, sub specie Amazon, mi ha portato un libro che desideravo da tempo: PH10 di Pierre Hermè. Solo che è in spagnolo... Chiariamo una cosa: io non parlo nemmeno il francese, ma, almeno, i termini di pasticceria, in quella lingua, li conosco abbastanza. Lo so, avrei potuto mandarlo indietro e chiedere la sostituzione, ma la cosa mi sembrava così macchinosa che ho preferito tenermelo così com'era.  
Si tratta, comunque, di un libro stupendo, che necessita, però, di uno studio attento e approfondito. Le preparazioni sono incredibili, ma piuttosto complesse. Per questo, ho deciso di cominciare, per prendere confidenza, con qualcosa di semplice: dei cioccolatini. Mi son, quindi, messa lì a tradurre la ricetta e dimezzare le dosi. 
Una cosa che mi ha lasciata molto perplessa è che Hermè, oltre al burro, in questi cioccolatini, impiega della margarina. Venendo da un Maestro come lui, immagino che ci sia una ragione per questa scelta, ragione che una comune mortale come me non riesce ad immaginare. Dopo aver esitato, alla fine, ho deciso di usare comunque solo burro, non tanto per un integralismo ad oltranza, quanto perché mi sembrava sciocco acquistare una confezione di margarina che sarebbe rimasta inutilizzata in frigo, dopo aver usato i 48 grammi richiesti da questa ricetta.
Inoltre, non avevo a disposizione i cru di cioccolato usati dal Maestro (mi sa che, se voglio continuare a sperimentare ricette da questo libro, presto mi toccherà fare un ordine importante sul sito della Valrhona...), ma, anche così, questi cioccolatini sono davvero libidinosi. Così tanto libidinosi, che dopo averne mangiato qualcuno, mi sono affrettata a distribuirli in giro: un po' in ufficio da mio marito, un po' alla colf ed un po' al mio parrucchiere, golosissimo di cioccolato.

Makassar (x 60 cioccolatini)

Per la ganache al caramello

Panna fresca                          140 g
Burro salato                          48 g
Zucchero                              170 g
Cioccolato al latte               230 g
Cioccolato fondente            95 g
Burro                                   190 g

Inoltre

Cioccolato fondente 70%   200 g
Cioccolato al latte              50 g    

Scaldare la panna col burro salato. Con lo zucchero, preparare un caramello biondo e aggiungervi la panna + il burro salato, un po' alla volta, facendo attenzione agli schizzi. Fondere a bagnomaria il cioccolato fondente con quello al latte. Aggiungere il caramello in 3 volte, emulsionando. Aggiungere il burro pomata e riporre 3 ore al freddo. Trascorso questo tempo, montare la ganache con le fruste. A questo punto, Hermè dice di versare la ganache in un anello quadrato (lo so un anello è tondo, ma non trovo un altro modo per indicare un quadrato senza fondo), livellarla con una spatola e mettere in frigo per un'ora, dopodiché versarci sopra uno strato sottile di cioccolato fondente temperato. Rimettere in frigo e poi tagliare in pezzi, che andranno rivestiti tuffandoli nel cioccolato fondente temperato.
Io, invece, ho distribuito la ganache in uno stampo di silicone a semisfera e messo in frigo. Ho temperato il cioccolato al 70% ed ho rivestito le semisfere di ganache. Una volta cristallizzato il cioccolato, ho messo il cioccolato al latte in un conetto di carta forno e l'ho fatto sciogliere al microonde. Ho tagliato la punta ed ho decorato i cioccolatini con dei ghirigori di cioccolato al latte.



lunedì 20 gennaio 2014

Ci riprovo



E' incredibile: per quanto attentamente uno legga e rilegga le regole, si finisce comunque col fare degli errori... Ed è stato così che, con la mia ricetta precedente per l' MTC, stavolta, son finita fuori concorso. Ma non mi son persa d'animo: avevo già in mente un'altra versione e l'ho fatta, sperando di non aver mancato nulla.
Date le mie origini ischitane, il coniglio è una carne che è sempre stata presente sulle nostre tavole e questa sfida mi è sembrata un'ottima occasione per provare a cucinarlo in maniera diversa da quella tradizionale di mia nonna.

Spezzatino di coniglio alla senape con olive (x 3)

Coniglio disossato                   500 g
Patate novelle                          400 g
Olio evo                                   60 ml
Olive di Gaeta                         70 g
Senape di Digione                   1 cucchiaio
Aglio                                        1 spicchio
Vino bianco                             1/2 bicchiere
Brodo                                       2 mestoli
Burro                                       1 noce
Farina                                      1/2 cucchiaio
Sale

Tagliare il coniglio in dadi. Rosolare nell'olio lo spicchio d'aglio in camicia. Aggiungere i pezzi di coniglio e farli rosolare da tutte le parti. Sfumare col vino, in due riprese. Aggiungere le olive snocciolate e  le patate, ben lavate e spazzolate, rosolare un po' anche quelle, aggiungere un mestolo di brodo, coprire e fare cuocere a fuoco lento per 45 minuti. Di tanto in tanto, girare e, se necessario, aggiungere ancora un po' di brodo (io ho usato mezzo cucchiaio del mio dado Bimby, sciolto in acqua). Quindici minuti prima della fine della cottura, aggiungere il fegatino, la senape (può sembrare tanta, ma ci vuole; io, inizialmente, ne avevo messa 2 cucchiaini, ma, dopo aver assaggiato, ne ho aggiunta ancora, perché non si sentiva a sufficienza) ed un roux, preparato impastando il burro morbido con la farina.






































Come accompagnamento, ho scelto di affrontare un pane con un impasto ad alta idratazione. Gli impasti con un'elevata percentuale di acqua mi hanno sempre un po' intimorita: mi sembrava di non esser capace di gestire una massa così molle, temevo di ottenere una piadina, anziché un pane, ma, fedele allo spirito di sperimentazione che da sempre anima l'MTC, ho pensato che questa fosse l'occasione giusta per cimentarmi. E, pur avendo dovuto operare degli aggiustamenti in corso d'opera, il risultato è stato di grande soddisfazione.

Ciabatta con poolish ed autolisi 
(dal blog Profumo di lievito)

Ingredienti

Farina Manitoba           250 g
Acqua                           225 g
Sale                              10 g
Lievito di birra            2,5 g

La sera prima, preparare un poolish con 100 g d'acqua, 100 g di farina e 0,5 g di lievito. Coprire e lasciar lievitare tutta la notte.
Per l'autolisi, impastare 75 g di farina con 50 g di acqua, coprire e lasciare lì tutta la notte.
Il mattino dopo, mettere nella ciotola della planetaria il poolish, la massa autolitica, il resto della farina e 50 g di acqua. Impastare lentamente con la foglia, aumentando la velocità ad 1,5, dopo 3 minuti. Aggiungere il sale (io ho raddoppiato la dose, rispetto a quella indicata da Adriano, perché ho assaggiato l'impasto e mi sembrava sciapo) e fare incordare. Quando l'impasto si stacca dalla ciotola, aggiungere a filo il resto dell'acqua, in più riprese. In questa fase, bisogna procedere molto lentamente, evitando di aggiungere più acqua di quanta la farina possa assorbirne. Montare il gancio e continuare ad impastare a velocità 1,5, capovolgendo ogni tanto l'impasto, fino a che la massa apparirà liscia ed incordata. 
Ecco, a questo punto, la mia massa non appariva né liscia, né incordata... Ho resistito alla tentazione di aggiungere altra farina ed ho rovesciato l'impasto sulla spianatoia, provando ad incordare manualmente. Ho dato le "famose" 100 sbattute sulla spianatoia infarinata e, con mia grande soddisfazione, ho sentito l'impasto che prendeva nerbo e consistenza sotto le mie mani. Ho avvolto l'impasto a palla e l'ho lasciato lievitare, coperto a campana, fino al raddoppio. Ho spezzato l'impasto in due ed ho arrotolato ogni pezzo, senza stringere. Ho coperto nuovamente e lasciato riposare 20 minuti. Trascorso questo tempo, ho dato le pieghe a tre, ho coperto a fatto riposare ancora 15 minuti. A questo punto, ho  formato i filoni, allungando con delicatezza i due impasti. Ho spruzzato d'acqua le ciabatte ed infornato (sarebbe meglio usare la refrattaria, ma io ho rotto la mia...) a 250 gradi per 8 minuti, proseguendo per altri 8 a 180 gradi. E questo è il risultato: una mollica soffice e ben alveolata, perfetta da inzuppare nel sughetto dello spezzatino.





venerdì 17 gennaio 2014

Ingentilire una dieta


Giusy ed io ci siamo conosciute in occasione della nostra partecipazione al talent del Gambero Rosso. Siamo partiti in 24, ma solo con alcuni di loro la comune esperienza televisiva si è trasformata in amicizia e concretizzata nelle iniziative dei Cuochi q.b. Giusy è una persona molto riservata e, all'apparenza, un po' ruvida, ma io, che ho avuto il privilegio di essere ammessa dietro quella facciata un po' respingente, so che tesoro di persona si cela dietro.
Da diverso tempo, per ragioni di salute, Giusy sta seguendo una dieta molto restrittiva che la costringe ad evitare molti cibi, una punizione davvero crudele per una cuoca come lei. Ho pensato a lei, l'altro giorno, mentre preparavo questi budini, ricordando che mi aveva scritto di aver preparato i miei bicchierini di banane caramellate, perché erano , praticamente, l'unico dolce che potesse mangiare. Bè, spero che anche questo budino possa andare a rallegrare un po' la monotonia della sua dieta.
Si tratta di una ricettina semplice semplice, ma dalle numerose virtù: è fresca, non contiene grassi, va bene per chi è a dieta, per gli intolleranti al glutine, lattosio, uova e pure per i vegani. Di questi tempi, una vera quadratura del cerchio! Capita sempre più spesso di avere ospiti che, per motivi di vario genere, applicano delle restrizioni alimentari e non sempre è facile studiare un menu che venga loro incontro. Per questo motivo, ricette come questa sono, a mio parere, davvero preziose.
E con questa ricetta partecipo al Glu-Fri-Day.

Budino di mele (x 3)

Mele                        400 g
Vino bianco            150 + 50
Zucchero                 40 g
Maizena                  4 cucchiaini
Cannella

Sbucciare le mele (per me, annurche, ma direi che vada bene anche un altro tipo di mela, purché non farinosa) , tagliarle in spicchi e cuocerle in 100 ml di acqua più 150 ml di vino. Aggiungere lo zucchero e la cannella. Una volta cotte, frullarle col minipimer, aggiungendo la maizena sciolta nei restanti 50 ml di vino freddo. Rimettere sul fuoco e cuocere ancora 5 minuti. Versare il budino negli stampini e far raffreddare.

Per la salsa all'arancia

Arancia                  1
Zucchero               25 g
Maizena                1 cucchiaino

Spremere l'arancia, sciogliere nel succo la maizena, aggiungere lo zucchero e cuocere a fuoco lento, finché si addensa. Versarla tiepida sui budini.









lunedì 13 gennaio 2014

Ci voleva!

Eh si, ci voleva proprio la ripresa dell' MTC per scuotermi un po' da quell'inerzia che sembrava essersi impadronita di me, dopo le feste e che mi ha portata a trascurare un po' il blog. Ma ecco che si riparte e lo si fa con una ricetta - lo spezzatino - quanto mai versatile, per cui sono certa che, come sempre, del resto, ci sarà una valanga di proposte, una meglio dell'altra.
Io ho scelto di cominciare da un classico: il gulyas ungherese ( e non goulash, che è una zuppa). Lo so, non è una proposta particolarmente originale, ma mi è servita per "scaldare i motori", per entrare nel mood giusto. Tra l'altro, da quando mia figlia vive  a Vienna e mio figlio è fidanzato con una ragazza altoatesina, mi sembra che il mio baricentro "terrone" si sia un po' spostato verso la Mitteleuropa. Last but not least, l'anno scorso sono stata a Budapest e, ovviamente, mi son portata a casa dell'autentica paprika dolce ungherese.
Chiaramente, non pretendo che la mia interpretazione sia esattamente quella originale (ma esiste quella originale?...solito dilemma con le ricette "tradizionali"), magari un ungherese troverebbe da ridire, ma, perdonatemi l'immodestia, non credo di aver mangiato nè a Budapest, nè a Vienna ( e lì sicuramente non sono andata in ristoranti per turisti...) un gulyas migliore del mio.
L'accompagnamento classico per questo spezzatino sono gli spatzle ed ho chiesto alla ragazza di mio figlio di passarmi la ricetta di sua mamma per questi gnocchetti. Ho però fatto un cambiamento: al posto degli spinaci, che a mio marito non piacciono, ho usato del radicchio di Treviso. Buoni, peccato che il colore degli spatzle andasse sul grigino...

Gulyas

Spezzatino di vitellone                  400 g
Olio evo                                         50 ml
Burro                                              2 noci
Cipolla                                           1 media
Farina                                             1/2 cucchiaio
Semi di cumino                             1 e 1/2 cucchiaino
Paprika dolce                                 2 cucchiaini
Vino                                              1 bicchiere
Brodo di carne                              1 bicchiere
Sale

Tritare finemente la cipolla e farla appassire nell'olio, con una noce di burro ed i semi di cumino. Sfumare con un po' di vino. Quando la cipolla è sfatta, aggiungere la carne tagliata a dadini e farla rosolare da tutti i lati. Spolverizzare la carne con la paprika e cuocere a fuoco lentissimo, bagnando, di tanto in tanto col vino e col brodo, alternandoli. (Io ho uno dei bruciatori della mia cucina che non funziona bene, riesce a produrre solo una fiamma flebilissima. Ebbene, non lo faccio riparare, perché, per le cotture lente, è perfetto...). Come vino ho usato un Friulano (ex Tocai, visto che la denominazione se la sono accaparrata gli Ungheresi) e come dado, quello che faccio col Bimby (dado industriale, vade retro!). Proseguire la cottura per 3 ore e mezza. Mezz'ora prima del termine della cottura, impastare una noce di burro con la farina e aggiungere questo roux alla carne. In questo modo, si conferirà una cremosità al sugo, senza infarinare i dadi di carne, col rischio che si attacchino in cottura.

Spaetzle

Farina                  100 g
Uovo                   1
Latte                   66 ml
Radicchio           1/2 cespo
Burro                  2 noci

Con l'uovo, il latte e la farina, preparare una pastella densa, a cui andrà aggiunto il radicchio rosolato in padella con una noce di burro e poi frullato. Portare ad ebollizione una pentola di acqua salata, posizionarvi sopra l'attrezzo per gli spaeztle (non m'è parso vero di poterlo usare!), versarci la pastella e far cadere nell'acqua gli gnocchetti. Scolarli con una ramina e saltarli in padella con una noce di burro. Servire insieme allo spezzatino.







martedì 7 gennaio 2014

No light


Lo so, lo so, il primo post dopo le feste dovrebbe avere come oggetto una ricetta leggera e disintossicante, per venire incontro ai buoni propositi di dieta ferrea che tutti o quasi abbiamo fatto ad inizio anno. Ed io, invece, me ne vengo fuori con un fritto... Il fatto è che, quando il figlio stenofago avanza una richiesta, come faccio a dirgli di no? Tanto lui è sottopeso... E non è l'ansiosa mamma italica che parla (tra l'altro, a me, lui piace così...), lui è oggettivamente molto magro.  In più, la richiesta conteneva, implicitamente, anche una sfida: "vediamo se sei capace di fare dei bocconcini di pollo fritto migliori di quelli del fast food". Come ho già avuto occasione di dire, la mia strategia per contrastare il cibo spazzatura è da sempre consistita nel non demonizzarlo, da un lato e, dall'altro, nel cercare di rifare in casa, con ingredienti di prima qualità, le cose più apprezzate dai ragazzini.
Il pollo fritto è una delle "colonne" della cucina statunitense, specie di quella del Sud. Nel nostro immaginario collettivo,  tutti abbiamo il fotogramma di una qualche Mamie, dai fianchi generosi ( e per forza! con tutto quel fritto!) impegnata a friggere il suo pollo, rivendicando la detenzione della migliore ricetta possibile.
In effetti, come sempre capita con le ricette "tradizionali", esistono numerose varianti. Diciamo che il denominatore comune, gli steps che non si possono assolutamente omettere sono: la marinatura nel buttermilk, il passaggio nella farina (che non deve, necessariamente, essere di frumento, trovandosi spesso anche l'impiego di quella di mais) e, ovviamente, la frittura (anche se esiste qualche versione "light", che prevede la cottura in forno, ma questa è una concessione ai tempi moderni).
Vista la gran varietà di ricette possibili, mi son permessa di prendermi qualche libertà con la marinatura. Tanto per cominciare, qui da noi il buttermilk non si trova ed io l'ho sostituito con del siero avanzatomi dalla preparazione delle caciottine, mescolato con yogurt, a cui ho aggiunto salsa di soia, Worchestershire e Tabasco. Io ci avrei messo anche dello zenzero grattugiato, ma il sopracciglio alzato del figlio mi ha fatto desistere dal proposito. Ho immerso i dadini (meglio farli piuttosto piccoli: non solo cuoceranno meglio, ma risulteranno anche più croccanti) di pollo nella marinata e ce li ho lasciati per 24 ore, ovviamente in frigo. Trascorso questo tempo, ho sgocciolato ben bene il pollo dalla marinata ed ho infarinato i dadini e li ho fritti in olio caldo. Li ho serviti con del ketchup (ci sarebbe stata bene questa salsa qui, ma ci ho pensato troppo tardi) ed una julienne di carote viola, condite con una vinaigrette.
E mio figlio ha detto che ho vinto la sfida. Non che ci volesse molto, diciamo la verità...





giovedì 2 gennaio 2014

Ricominciamoooooo!!!


Le feste sono ormai al rush finale e, sinceramente, credo che, per un po', non vorrò più vedere cibo, né da mangiare, né da cucinare. Ovviamente, sono solo buoni propositi da inizio anno: lo so che, ben presto, la voglia di rimettere le mani in pasta tornerà. 
E, a proposito di mani in pasta, dopo aver cercato di resistere, anch'io ho ceduto alla tentazione di provare a fare il pandoro. Ahimè, un mezzo flop... Non so cosa sia successo: il primo impasto era incordato benissimo, ma, quando sono andata ad aggiungere gli altri ingredienti, benché lo abbia fatto lentamente ed abbia costantemente controllato la temperatura, l'incordatura si è persa inesorabilmente. 
Mezzo flop, perché l'ho cotto comunque e, alla fine, non era aereo come un pandoro dovrebbe essere, ma era lievitato e, tutto sommato, decente. 
Ciò non toglie che il mezzo insuccesso mi sia bruciato un po'. Avevo, quindi, bisogno di "far pace" coi lievitati e così mi son messa a panificare. Ho scelto dalla "to do list" dei panini col latticello del mio amico Roberto, che avevo adocchiato da un po'. E pace coi lievitati fu.

Sourdough buttermilk bread

Per il latticello

Yogurt intero               250 g
Latte                            50 g
Succo di limone          1 cucchiaio

Per la biga poolish

Farina debole               200 g
Acqua a t.a.                  200 g
Lievito di birra              5 g

Impastare tutti gli ingredienti brevemente, coprire e far lievitare per 24 h.

Per l'impasto finale

Farina forte                    600 g
Latticello
Biga poolish
Acqua                            300 g
Sale                               2 cucchiaini

Versare in una ciotola il latticello ed il poolosh, unire la farina in più riprese, battendo energicamente l'impasto. Unire gradatamente l'acqua, alternandola alla farina, fino ad ottenere un impasto morbido, ma non appiccicoso. Aggiungere il sale e farlo incorporare all'impasto. Far lievitare fino al raddoppio in una ciotola unta d'olio.
Formare i panini, vaporizzarli d'acqua e cospargerli di abbondante farina. Far lievitare fino al raddoppio. Incidere la superficie con una lametta ed infornare a 180 gradi per circa 40 minuti.
Si tratta di un impasto che necessita di essere lavorato a lungo, sbattendolo con forza, in modo che prenda corda.