I miei figli hanno frequentato la scuola americana della base NATO di Napoli dall'asilo fino alla fine delle elementari. Ed ogni anno, ad ottobre, si svolgeva un piccolo dramma: loro volevano, giustamente, mascherarsi per Halloween, come facevano i loro compagni di classe, ma, all' epoca, quella festività era nota in Italia solo a pochi e solo per via dei fumetti dei Peanuts e della inutile attesa del Grande Cocomero, da parte di Charlie Brown. Il che comportava che fosse praticamente impossibile reperire il necessario per mascherarsi. Ogni anno mi ripromettevo di procurarmelo al Carnevale successivo, ma, poi, Carnevale arrivava, ed io mi dimenticavo. Mi toccava, quindi, arrangiarmi come potevo, facendo i conti con la mia assoluta inettitudine con ago e filo. Ricordo, un anno, di aver bendato mio figlio con metri e metri di garza, per travestirlo da mummia. Un' altra volta, ho ritagliato delle sagome di zucca nel cartoncino arancione, vi ho attaccato un picciolo di cartoncino verde e delle "bretelle" di nastro verde, in modo che potessero presentarsi come bambini-zucca-sandwich. Anni dopo, mi hanno confessato di aver odiato quel travestimento, del quale, invece, io ero stata così fiera. Chi me l' avesse detto che sarebbe bastato aspettare qualche anno per ritrovarsi con i negozi traboccanti di gadgets e parafernalia di vario tipo dedicati ad Halloween!
Ma se, allora, mi era sembrato giusto che, essendo in una scuola americana, si festeggiassero le ricorrenze americane, trovo assolutamente insopportabile la dilagante moda di Halloween. Perchè di moda si tratta e non di un' osmosi culturale. Io, da biologa, sono fermamente convinta che il meticciato - sia esso biologico o culturale - è la "materia prima" dell' evoluzione, ma lo scambio, per essere fruttuoso, deve essere spontaneo, naturale, non imposto per mere esigenze commerciali.
La festa di Halloween ha origini celtiche e pare fosse collegata alla transizione dalla bella stagione all' inverno, percepito, in una società agricola, come periodo di "morte" della natura. La Chiesa cristiana, nel tentativo di sradicare le consuetudini pagane, decise di "sovrapporvi" delle festività cristiane: spostò la celebrazione di Ognissanti al primo novembre e la commemorazione dei defunti al 2. In questo modo, quei giorni restarono comunque legati al ricordo dei morti. E la morte, si sa, va esorcizzata in qualche maniera. Da noi, si sono affermate varie tradizioni legate a questa ricorrenza, che si esprimono soprattutto attraverso la produzione di dolci, tipici del periodo, come gli "oss di mort", in Lombardia. A Napoli, invece, si prepara il "torrone dei morti", che, col torrone tradizionale, ha in comune solo la presenza della frutta secca. Io ho, da sempre, amato particolarmente quello di Gay-Odin, storica fabbrica di cioccolato della mia città. Mai, però, avrei pensato che fosse possibile prepararlo a casa. Finchè non ho letto qui. E' stata una rivelazione: non solo era possibile, ma era sorprendentemente facile!
Ho seguito pedissequamente la ricetta di Annalù, riducendo solo un po' il cioccolato fondente utilizzato per la copertura esterna, perchè mi piaceva ci fosse più spazio per il ripieno.
Torrone dei morti (alle nocciole)
Ingredienti:
150 g di cioccolato fondente
500 g di cioccolato bianco
200 g di crema di nocciole
150 g di nocciole intere
Sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente e colarlo all'interno di una vaschetta "Cuki" (quella per plum cake) per rivestirla ( tenerne da parte un terzo ). Sciogliere, sempre a bagnomaria, il cioccolato bianco ed aggiungervi la crema di nocciole e le nocciole. Amalgamare gli ingredienti e versarli nella vaschetta dove il cioccolato fondente si sarà solidificato. Fate solidificare il tutto e versarvi sopra il restante cioccolato fondente. Fate raffreddare per bene e capovolgerlo.
Per il torrone al caffè
Aumentare a 600 g la cioccolata bianca e sostituire la crema con il preparato per gelati al caffè ( io ho usato uno sciroppo concentrato di caffè, comprato a Parigi, ma direi che si possa usare anche il caffè liofilizzato ).