giovedì 13 giugno 2013

Lingua per parlare e lingua per gustare

Io sono affascinata dalle parole, dalla loro evoluzione, dalla storia che raccontano. Mi sarebbe piaciuto essere come il Cardinal Giuseppe Gasparo Mezzofanti, che pare padroneggiasse perfettamente 38 lingue e svariati dialetti. Oppure vivere la crescente meraviglia di quel gesuita, che, man mano che si addentrava nello studio del sanscrito, ne scopriva le sorprendenti affinità con le lingue europee. E i miei studenti sanno bene quanto io insista sull'etimologia dei termini che impiego a lezione, non per sfoggio di erudizione, ma nella speranza che questo li aiuti a ricordare. Purtroppo, le mie conoscenze linguistiche sono tutt'altro che vaste: l'inglese abbastanza bene, quel po' di latino e greco che ancora posso ricordare a tanti anni di distanza dal liceo... E il napoletano. Come ho già raccontato, a casa mia, non solo non si parlava napoletano, ma guai a provarci! Per cui, anche se, ovviamente, attorno a me lo sentivo parlare, non l'ho mai imparato bene. Ciò non toglie che sia una lingua interessantissima, con un'immediatezza ed un'incisività uniche e che porta, racchiusa in sé, tutta la storia dei tanti che sono "passati" da queste parti, dai Greci ai Piemontesi. Con queste premesse, non potevo non amare il libro di Roberto De Falco "Alfabeto napoletano", in cui sono riportate le origini di tanti termini e modi di dire napoletani.  E così si scopre che Mergellina significa "mare jalinum", cioè mare trasparente come il vetro (una volta...), che "intalliarsi", cioè attardarsi, perdere tempo viene dal greco "entàllein", mettere radici e Pausilipon è il luogo che fa cessare il dolore (con la sua bellezza). E, poi, la "buatta di pomodori" o il "beccaio", chiaramente mutuati dal francese. Ma gli esempi sono infiniti. 
Un fenomeno divertente è il tentativo di "italianizzare" alcune parole dialettali, pensando di renderle più "fini". E' il caso dei fagioli cannellini, che, da noi, si chiamano "spullecarielli", ma che, appunto, vengono, da molti, chiamati spollichini. E gli spollichini freschi hanno giusto iniziato a comparire sui banchi del mercato. Naturalmente, li ho comprati, anche perché le riserve congelate si sono esaurite già da un po'. Tuttavia, poiché sembra che, finalmente, le temperature siano in linea con la stagione, non mi andava di fare una zuppa o una pasta e fagioli classica ed ho preferito giocare un po', preparando una pasta e fagioli in insalata un po' diversa dal solito. Più che di una ricetta vera e propria, si tratta di un modo di preparare un piatto, per cui non sono necessarie le dosi.
Si fanno lessare gli spollichini con l'aggiunta di aglio, sedano e pomodoro. Si lessano dei tubetti e si scolano molto al dente, si passano nell'albume d'uovo e nel pan grattato e si friggono. In un padellino, si rosolano dei cubetti di pancetta affumicata, finché diventano croccanti. Si prende un gambo di sedano e lo si frulla con mezzo spicchio d'aglio e due cucchiaini d'olio; si passa al setaccio. Scolare i fagioli e porli al centro del piatto. Distribuire la pancetta e i tubetti ed irrorare con la salsina al sedano. A piacere, un po' di pepe di mulinello.





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