venerdì 8 marzo 2013

Zefiro

"Se penso ad una tipica famiglia borghese napoletana, mi viene da pensare alla famiglia Scaturchio. Eppure, in origine, nessuno, in quella famiglia era napoletano. Non era napoletano Giovanni, il capostipite, che dalla Calabria, si era spostato a Napoli, per seguire i fratelli che già lavoravano qui come pasticceri. Non era napoletana, ma austriaca, sua moglie, conosciuta al fronte, durante la Prima Guerra Mondiale.
E non era napoletana nemmeno un'altra fondamentale figura di quella famiglia: la tata friulana Carolina, arrivata a lavorare ancora ragazza in quella casa, diventandone, letteralmente, l'angelo del focolare. Perché in una casa dove c'era chi si alzava alle 5 per aprire il laboratorio, chi scendeva alle 7 per alzare la saracinesca del negozio, chi pranzava al volo a mezzogiorno e così via, fino a sera, in un continuo avvicendarsi di turni,  la tata era la Vestale che teneva sempre il fuoco acceso, per servire colazioni, pranzi e cene a tutte le ore. Oltre alle prime preparazioni salate che,ad un certo punto, andarono ad affiancarsi alla produzione dolciaria. E in quella casa Carolina  sarebbe rimasta fino alla vecchiaia e alla morte, in un (oggi impensabile) rovesciamento di ruoli fra chi accudiva e chi era accudito. Finita la guerra, Giovanni si mise in proprio, aprendo la storica pasticceria in Piazza San Domenico Maggiore, affermandosi sempre di più come parte integrante della vita pubblica e privata di questa città. Perché tanti eventi pubblici, come l'incontro tra Hitler e Mussolini oppure il G8 hanno vista coinvolta la pasticceria di San Domenico Maggiore, talvolta addirittura con la creazione di dolci ideati per l'occasione, come lo zefiro, di cui parliamo oggi, o il gigantesco Babà Vesuvio. Di pari passo, tante famiglie hanno visto la loro vita scandita da battesimi, comunioni, cresime, feste di laurea, matrimoni, tutte occasioni accompagnate dal catering firmato Scaturchio."
Questo avrebbe dovuto essere il nucleo centrale di un libro che avevo pensato di scrivere sulla storia della Pasticceria Scaturchio e, in vista del quale, ero anche andata a raccogliere, pochi mesi prima della sua scomparsa, la testimonianza della figlia maggiore del fondatore, la signora Ivanka, che mi ha raccontato come, da ragazzina, uscita da scuola, le piacesse correre in negozio a dare una mano, anche se le toccava mettersi in piedi su uno sgabello per riuscire ad arrivare a porgere i pacchetti ai clienti. Alla fine, non ne ho fatto più nulla, perché non mi sono sentita all'altezza del compito e un po' me ne dispiace, perché è un pezzo di storia di questa città, che avrebbe meritato di essere raccontato. Più che mai adesso che la pasticceria è passata di mano. Non saprei dire se gli Zefiri, i Danubi, i Ministeriali, i Babà e le Sfogliatelle siano rimasti gli stessi perché io non ci sono più entrata. E non solo perché non lavoro più da quelle parti, ma, soprattutto, perché senza il dolce sorriso della signora Ivanka ad accogliermi dietro la cassa non sarebbe comunque la stessa cosa.
E, allora, ho provato a farmelo da sola lo Zefiro all'arancia. Come accennavo più su, questo dolce fu creato per la cena dell'incontro tra Hitler e Mussolini, a Napoli, nel 1938, unica cosa buona che venne fuori da quel funesto meeting. Perché lo Zefiro, come suggerisce il nome, è un soffio leggero e profumato d'incredibile bontà. Sono andata un po' a tentoni, ricostruendo il dolce "a memoria", ma sono molto soddisfatta del risultato. 

Pan di Spagna

Uova                  3
Farina 00           90 g
Zucchero           90 g.
Buccia di limone

Montare le uova intere con lo zucchero per almeno 15 minuti. Aggiungere, delicatamente, mescolando dal basso verso l'alto, la farina setacciata e la buccia di limone grattugiata. Versare in uno stampo rettangolare imburrato ed infarinato ed infornare a 180 gradi, per 30-40 minuti (dipende dal forno). Meglio prepararlo con un paio di giorni d'anticipo, in modo che sarà più facile tagliarlo.

Mousse all'arancia

Panna               150 ml
Albume             1
Zucchero           60 g
Destrosio           20 g
Succo d'arancia  1 cucchiaio

Il giorno prima, scaldare 50 ml di panna e aggiungervi la buccia grattugiata di un'arancia. Lasciare in infusione in frigo fino al giorno dopo.
Preparare una meringa italiana, montando l'albume a neve e aggiungendovi a filo un sciroppo preparato con lo zucchero, il destrosio ed il succo d'arancia e portato alla temperatura di 121 gradi. Continuare a montare fino a che la meringa si è raffreddata e metterla in frigo. Filtrare la panna, in modo da eliminare la buccia d'arancia, aggiungervi la panna restante e semimontarla. Aggiungere delicatamente alla panna la meringa, in modo da amalgamare completamente i due composti.
Imburrare due stampi a tronco di cono, del diametro di 12 cm e rivestirli col pan di spagna. Per le basi dello stampo, ho adottato il metodo di Montersino, che consiste nell'affiancare le fette di pds e tagliare con un coppapasta i dischi della misura voluta. Inzuppare il pds con uno sciroppo fatto con 50 ml di succo d'arancia e 50 g di zucchero, al quale, una volta freddo, andranno aggiunti 50 ml di Cointreau.
Versare la mousse negli stampi e coprire col secondo disco, che andrà anch'esso inzuppato con la bagna. Mettere in freezer, per almeno 6-8 ore.
Al momento di servire il dolce, versare su ogni fetta una salsina preparata con 3 cucchiai di gelatina di arance, stemperata a caldo con un cucchiaio di Cointreau



Inzuppare il pds con uno sciroppo fatto con 50 ml di succo d'arancia e 50 g di zucchero, al quale, una volta freddo, andranno aggiunti 50 ml di Cointreau.
Versare la mousse negli stampi e coprire col secondo disco, che andrà anch'esso inzuppato con la bagna. Mettere in freezer, per almeno 6-8 ore.







Al momento di servire il dolce, versare sul dolce una salsina preparata con 3 cucchiai di gelatina di arance, stemperata a caldo con un cucchiaio di Cointreau

7 commenti:

  1. peccato tu non l'abbia scritto il libro perchè di storie come questa, di gente venuta su dal nulla, dei sacrifici e delle soddisafzioni secondo me ce ne bisogno.

    RispondiElimina
  2. che nostalgia in questo tuo racconto, non ho mai assaggiato lo zefiro di scaturchio e a leggere la tua ricetta mi sembra di essermi persa una gran cosa...

    RispondiElimina
  3. Bellissima storia, Mariella: invece io penso tu sia in grado di scriverla molto degnamente.
    Il dolce è uno spettacolo e... i Ministeriali mi mancheranno :-(
    Ciaoo
    Jacopo

    RispondiElimina
  4. Persa nella storia che ci hai raccontato, dalla quale trasuda l'amore per la tradizione, per la famiglia per la pasticceria.... mi sono destata al leggere ed immaginare cosa può essere questo dolce.
    Ne terrò conto per la chiusura di un pranzo... magari proprio quello di Pasqua.
    Buonanotte
    Nora

    RispondiElimina
  5. bella storia,e interessante , grazie Mariella

    RispondiElimina
  6. brava, per lo zefiro ed il resto..conosco a malapena la fama di Scaturchio.
    ciao
    ilaria

    RispondiElimina
  7. Sarebbe stato molto bello il libro che avevi in mente...probabilmente aspetta il momento giusto per uscire dalla tua penna, me lo sento!
    Non conoscevo la fama di questa pasticceria e neanche questo dolce,che mi ispira moltissimo, peccoto una simile bontà per un incontro così funesto per la Storia!

    buona domenica

    RispondiElimina