Verrebbe da chiedersi come mai, da millenni, tanti essere umani abbiano scelto di vivere sotto un terribile vulcano - lo "sterminator Vesevo", come lo chiama Leopardi - che, periodicamente, si risveglia, causando devastazioni epocali.
Il motivo va senz'altro ricercato nel fatto che il terreno vulcanico è ricco di sali minerali, in particolare il potassio, caratteristica questa che, unita alla mitezza del clima, rende l'area vesuviana un luogo ideale per le coltivazioni. E molte sono le eccellenze agro-alimentari che, da sempre, rappresentano il fiore all'occhiello della "Campania felix".
Ahimè, oggi, la nostra terra porta (tra gli altri...) il marchio infamante di "terra dei fuochi" e, di conseguenza, la superficialità ed il sensazionalismo giornalistico rischiano di portare l'opinione opubblica a fare di tutta un'erba un fascio, penalizzando quanto di buono, nonostante tutto, c'è in questa regione.
Quando ho appreso che l' MTC sul quinto quarto era stato vinto da Antonietta, una campana come me e che la sua scelta circa la ricetta da proporre per la nuova sfida era caduta sul babà, un dolce che, pure non essendo nato qui, si è così profondamente radicato da rappresentare l'identità napoletana tanto quanto la pizza o Posillipo, ho pensato che una sua rivisitazione dovesse necessariamente passare per un omaggio ai prodotti tipici della mia terra.
E, senza alcuna esitazione, la mia scelta è caduta sulla albicocca vesuviana, una varietà citata per la prima volta da Giambattista Porta, nel suo libro "Suae Villae Pomarium" del 1583. Si tratta di una albicocca dolce e succosa, riconoscibile per la sfumatura rosata, che si accompagna al giallo- aranciato della colorazione di fondo e per la quale è in corso la richiesta di assegnazione della denominazione IGP. Il nome dialettale - crisommola - viene dal greco "chrisòs", che significa oro, un chiaro riferimento sia alla colorazione che alla preziosità del frutto.
E, senza alcuna esitazione, la mia scelta è caduta sulla albicocca vesuviana, una varietà citata per la prima volta da Giambattista Porta, nel suo libro "Suae Villae Pomarium" del 1583. Si tratta di una albicocca dolce e succosa, riconoscibile per la sfumatura rosata, che si accompagna al giallo- aranciato della colorazione di fondo e per la quale è in corso la richiesta di assegnazione della denominazione IGP. Il nome dialettale - crisommola - viene dal greco "chrisòs", che significa oro, un chiaro riferimento sia alla colorazione che alla preziosità del frutto.
Ha una stagione breve (da metà giugno a fine luglio) e, per questo motivo, quando è il periodo, oltre a mangiarle così come sono, cerco di "intrappolarne" il profumo ed il sapore, facendone sia marmellate che gelatina, come descritto qui. In più, l'anno scorso, ho fatto anche il liquore di albicocche (preveggenza? lungimiranza?) e mi son conservata un bel po' delle mandorle amare contenute nei noccioli di albicocche, per utilizzarle nei dolci. Insomma, mi sembrava di avere proprio tutto il necessario per realizzare l'idea che stava prendendo forma nella mia testa. Per di più, si trattava di ingredienti totalmente autoprodotti.
Babà alle albicocche e mandorle
Per la ricetta del babà, rimando a quella impeccabile di Antonietta. Io ho usato il lievito di birra e la planetaria, ma l'ultimo impasto ho finito di lavorarlo sulla spianatoia, col metodo dello "stretch and fold". Non ho fatto un babà unico, anche se i miei stampi sono un po' grandini per essere definiti "monoporzione"...
Per il latte di mandorla
Mandorle pelate 250 g
Mandorle amare 2
La sera prima, tritare grossolanamente le mandorle, metterle in un contenitore e coprirle con 300 ml di acqua. Tenere al fresco tutta la notte.
Il giorno dopo, mettere un imbuto sopra il bicchiere del frullatore ad immersione, rivestirlo con una pezzuola bianca mai lavata con detersivi e versarvi le mandorle con il loro liquido. Lasciare il tutto a percolare per un paio d'ore, trascorse le quali, strizzare bene la pezzuola, in modo da estrarre tutto il liquido. Le mandorle tritate non vanno gettate: anche se avranno perso un po' del loro sapore, una volta tostate, possono essere ancora riciclate, magari per fare un croccante.
Per la crema alle mandorle
Latte di mandorla 250 ml
Tuorlo 1
Farina 00 20 g
Zucchero 130 g
Mettere in un pentolino il latte di mandorla con lo zucchero. Aggiungere la farina ed il tuorlo, che, però, non andranno versati direttamente nel liquido, ma stemperati attraverso le maglie di un colino parzialmente immerso nel latte di mandorla . Mettere il pentolino su fiamma bassa e, sempre mescolando, cuocere fino a che la crema si addensa.
Per la bagna
Acqua 500 ml
Zucchero 200 g
Liquore di albicocche 150 ml
Arancia
Preparare un sciroppo con l'acqua e lo zucchero, aromatizzandolo con la buccia d'arancia. Una volta freddo, aggiungere il liquore. Utilizzare questa bagna per inzuppare i babà ancora caldi, immergendoveli dentro e rigirandoli, in modo che si impregnino bene. Tirarli fuori e strizzarli delicatamente, in modo da eliminare l'eccesso di bagna.
Sciogliere a caldo qualche cucchiaio di gelatina di albicocche con un po' d'acqua ed spennellare i babà per lucidarli. Servire accompagnando con la crema.
Sciogliere a caldo qualche cucchiaio di gelatina di albicocche con un po' d'acqua ed spennellare i babà per lucidarli. Servire accompagnando con la crema.
un'ode alla tua regione! bellissimo post e bellissima versione di babà Mariella, complimenti!!
RispondiEliminaCristina
Il tripudio e l'esaltazione dell'albicocca, un frutto tanto buono quanto fugace ma intrappolato in preparazioni casalinghe, eredità di una tradizione tanto cara a noi campani.
RispondiEliminaUna ricetta pulita, semplice, essenziale ma ricca di sapori penetranti e vellutati che solo mani abili e amorevoli come le tue potevano regalarci.Sento attraverso queste righe tutta la tua dedizione, la tua cura e il tuo studio preciso e meticoloso per arrivare a questi risultati.
Ho immaginato il risultato finale, sentendolo sulle mie papille gustative e ora mi è rimasto forte il desiderio di provare realmente il tuo babà.
Grazie di cuore Mariella
Hai proprio ragione e dare risalto con degli ingredienti tipici del territorio del babà è stata una mossa azzeccata! Viva la Campania!
RispondiEliminabellissimo, pulito, elegante, profumatissimo!
RispondiEliminamariella ma sei una strega! come hai fatto a prevedere che ci sarebbe stato il babà? bravissima!
RispondiEliminaNon ho mai fatto mistero del mio amore incondizionato verso i Napoletani e i Campani tutti, di cui ammiro in modo altrettanto smisurato il genio, la simpatia e quella indicibile signorilità che è propria di tutto il Meridione d'Italia e che a Napoli si esprime anche nelle forme di una strabordante generosità che trova il suo omoloo nella cucina e nella pasticceria. essere ospiti alla tavola di un Napoletano significa godere senza filtri della parte più verace della vostra cultura e non è un caso che la vostra terra abbia potuto adottare un dolce di questo genere ed esaltarlo al punto da trasformarlo nel babà. Allo stesso modo, non è un caso che la tua rivisitazione in chiave napoletana rimandi a questa stessa generosità: "spendi" il tuo sapere, la tua creatività, la tua bravura in cucina: sto prendendo appunti e sto imparando un sacco di cose (quella del colino attraverso cui passare l'uovo e la farina nella crema, per esempio, mi mancava) e avrei una gran voglia di assaggiare il tuo dolce, che trae dal "fatto in casa" quelle sfumature di sapore che non possono essere nè spiegate né intuite. Era una prova di cuore, questa volta- e l'hai superata alla grande!
RispondiEliminala vostra terra merita solo elogi e tu lo hai fatto con un babà che la rappresenta!
RispondiEliminaBravissima!
baci
meraviglia per tutta la preparazione....complimenti vivissimi di cuore!!!
RispondiEliminaio sono campana e resto a bocca aperta ogni volta che si parla della mia terra peccato che l'hanno quasi distrutta quei miserabili ..... ( camorristi ) ,una terra ricca sia per cio' che offre sia per la gente solare
RispondiEliminaquesti babà cosi' profumati ne esaltano ancor di più la loro bellezza
Tutta la tua regione in un babà, tuo al 100%...ribadisco: da ognuno di voi si ha la possibilità di imparare, grazie per le "dritte" che mi hai dato questa volta!
RispondiEliminaUn babà che parla un linguaggio universale, questo che hai realizzato, quello della bontà e del gusto, della territorialità e della ricerca delle materie prime eccellenti.
RispondiEliminaComplimenti
Il latte di mandorla è squisito, immagino questo babà!
RispondiEliminaComplimenti!
un babà esemplare, e non sai quanto mi piaccia la crema al latte di mandorle, che mi piace tantissimo e che vorrei riprovare ovviamente non per il babà ma per qualche altro dolce.
RispondiEliminae ti ammiro per aver fatto tutto autoprodotto!
una vera opera d'arte!
E' un vero peccato che i meravigliosi prodotti campani vengano così spesso boicottati per paura che siano stati ottenuti nella famigerata terra dei fuochi! Tu invece hai saputo utilizzare degli eccellenti prodotti per fare un dolce di rara bontà. Bravissima!
RispondiEliminaChe bello! Che Buono! Che brava!!!
RispondiEliminaMariella sono ammiratissima per la scelta degli ingredienti, per la tua competenza, per la preparazione di ogni singolo particolare che ha composto questo tuo splendido babà...Sei incredibilmente brava!
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