lunedì 18 dicembre 2017

Pandoro al cioccolato

Sarà che io frequento virtualmente un sacco di persone appassionate di cucina, sta di fatto che mi sembra che, in questo periodo, stiano tutti con le mani in pasta. Che si tratti di semplici biscotti o di lievitati complessi, le cucine traboccano come non mai di farine, canditi, cioccolato ecc.
I più ardimentosi si cimentano con pandori e panettoni ed è proprio al pandoro che è dedicata la giornata odierna del Calendario del cibo. Io contribuisco con questo pandoro al cioccolato, nel caso vi venisse voglia di provare una versione un po' diversa di questo classico dolce.

Pandoro al cioccolato

Poolish
Farina W 360-380                 50 g
Acqua                                    50 g
Lievito di birra                       5 g

Biga
Farina W 360-380                 50 g
Acqua                                    25 g
Lievito di birra                       6 g

Impasto
Farina W 360-380                  260 g
Cacao amaro                          40 g
Zucchero                                130 g
Acqua                                     60 g
Panna fresca                           30 g
Tuorli                                      110 g (circa 6)
Burro bavarese                       200 g
Bacca di vaniglia                    1
Sale                                         6 g


Ore 17: impastare gli ingredienti per il poolish e metterli a temperatura ambiente in un recipiente ben chiuso.
Ore 18: impastare gli ingredienti per la biga, avvolgere l'impasto nella pellicola e lasciare a temperatura ambiente.


Ore 19,30: Mettere sia il poolish che la biga nella ciotola della planetaria con un po' di farina ed iniziare ad impastare con la frusta K. Aggiungere un po' alla volta l'acqua e i tuorli, alternandoli con la farina mescolata allo zucchero e al cacao, avendo cura di non aggiungere altri liquidi se quelli inseriti in precedenza non sono stati assorbiti e l'impasto non è incordato. Aggiungere gradualmente la panna, aspettando sempre la ripresa dell'incordatura, prima di aggiungerne altra. Aggiungere il sale. Sostituire la frusta K con il gancio ed aggiungere, sempre un po' alla volta il burro freddo di frigorifero. Controllare, di tanto in tanto, che la temperatura dell'impasto non superi i 24 gradi. Ribadisco: è FONDAMENTALE inserire gli ingredienti liquidi gradatamente ed aspettare che l'impasto riprenda l'incordatura, prima di aggiungerne ancora. Nel caso l'impasto stentasse un po' a prendere corda, ribaltarlo nella ciotola, impastare e ribaltare ancora. Ripetere più volte, se necessario, in modo che l'impasto si asciughi bene. Io ho impiegato un'ora e mezza per completare l'impasto, quindi ricordarsi che, in queste preparazioni, la pazienza è forse l'ingrediente più importante. Alla fine, si dovrà ottenere un impasto lucido ed elastico, che, se tirato, non si spezza.


Rovesciare l'impasto sulla spianatoia, dargli un giro di pieghe del secondo tipo, rimettere l'impasto nella ciotola, sigillare con pellicola e lasciare a temperatura ambiente per tutta la notte.
Il mattino dopo, tirar fuori l'impasto dalla ciotola, dargli ancora un giro di pieghe e prillarlo sulla spianatoia, per serrare l'incordatura. Metterlo nello stampo, sigillare con pellicola e porre a lievitare nel forno spento, con la luce accesa, fino a che sarà arrivato al bordo dello stampo. 
Infornare in modalità statico a 160 per 50 minuti. Dopo 10-15 minuti, se la superficie dovesse iniziare a colorirsi troppo, coprire con un foglio di alluminio. A fine cottura, controllare che la temperatura al cuore abbia raggiunto i 94 gradi. Una volta freddo, sformarlo e, volendo, glassarlo con la glassa pinguino.

NOTE: ho ottenuto quasi 1 k d'impasto, troppo per il mio stampo della capienza di 2,5 l, per cui ho separato 800 g d'impasto, che ho messo nello stampo per pandoro, mentre l'impasto rimanente l'ho diviso tra due stampini più piccoli. 

Ho messo l'impasto nello stampo alle 8 e l'ho infornato alle 13,30.



giovedì 14 dicembre 2017

L'AVVENTO DEL TRIFLE ALL'MTC: Black Forest Trifle

Lo ammetto, sono golosa e i dolci mi piacciono praticamente tutti, ma nulla mi evoca una sensazione di pura libidine come quei dolci morbidi e pieni di crema e panna.  E i trifle sono l'epitome di questo genere di dolce: strati su strati di bontà in cui affondare il cucchiaino. Diciamoci la verità, uno strudel o una crostata, per buoni che siano, non sono la stessa cosa.
Felicissima, quindi, che l'argomento del Club del 27, questo mese, siano stati proprio i trifle. Quelli proposti per il tema del mese dell' MTC n. 61, e ai quali potevamo attingere, sono uno più goloso dell'altro, ma io non ho avuto esitazione nello scegliere: il Black Forest Trifle di Paul Hollywood, per la realizzazione del quale avevo due assi nella manica: le mie amarene sciroppate ed il mio liquore di noccioli di amarene. Mi sono, inoltre, preparata il mascarpone in casa, come descritto qui. Come prevedibile, è venuta fuori una roba spettacolare, che, se ci ripenso, mi torna l'acquolina in bocca.
All'epoca della sfida, questo trifle fu realizzato da Milena, di cui riporto la ricetta, compresa la riduzione delle dosi e l'aggiunta delle mie minime modifiche.

Black Forest Trifle

Ingredienti per il blondies alle ciliegie (per uno stampo 20×20 cm.)

112 g di burro tagliato a cubetti
112 g di cioccolato bianco tritato grossolanamente
112 g di zucchero semolato
2 uova
½ cucchiaino di estratto di vaniglia
87 g di farina
50 g di cioccolato fondente
50 g di ciliegie candite (io amarene sciroppate)

Ingredienti per la crema pasticcera al cioccolato

75 ml di panna
75 ml di latte
2 tuorli d’uovo
50 g zucchero semolato
15 g di farina
50 g cioccolato fondente, tritato finemente

Per assemblare

coppa di vetro circolare base 15 cm., superficie 20 cm di diametro (io monoporzioni)

3 cucchiai di kirsch (io rosolio di noccioli), amarene sciroppate scolate o marmellata di ciliegie a pezzi
150 gr di mascarpone (non ho dimezzato la dose)
150 ml di panna (non ho dimezzato la dose)
1 cucchiaio di zucchero a velo vanigliato (mia aggiunta)
25 gr di cioccolato fondente grattugiato o decori di cioccolato

PER IL BLONDIE

Preriscalda il forno a 180° C e rivesti di carta forno una teglia di 20×20 cm.

Sciogli a bagnomaria burro e cioccolato bianco, mescolando di tanto in tanto. Appena è pronto togli dal fuoco e lascia intiepidire. Monta a nastro zucchero, uova e vaniglia fino a quando il composto non sarà gonfio e spumoso. Versa lentamente il composto di cioccolato fuso sulle uova e mescola per incorporarlo. Aggiungi la farina e il cioccolato tritato. Versa nello stampo foderato e cospargi la superficie di ciliegie candite.

Cuoci per circa 30 minuti o fino a quando, inserito uno stuzzicadenti nel centro del dolce non uscirà pulito. Lascia raffreddare completamente prima di toglierlo dalla teglia.

PER LA CREMA AL CIOCCOLATO

In un pentolino scalda la panna e il latte fino a raggiungere il bollore. Togli dal fuoco. Sbatti i tuorli, lo zucchero e la farina insieme. Versa il latte caldo e la panna sulle uova e mescola per incorporarle. Rimetti sul fuoco e unisci il cioccolato tritato.

Mescola sempre fino a quando il cioccolato non si sarà sciolto e la crema addensata. Togli dal fuoco, versa la crema in una ciotola e coprila a contatto con la pellicola trasparente. Lascia raffreddare.

PER LA CREMA AL MASCARPONE

Monta la panna con un cucchiaio di zucchero a velo. Uniscila al mascarpone mescolando delicatamente con una spatola per non smontarla.

COMPOSIZIONE DEL DOLCE

Rifila il blondies ottenendo una base della stessa grandezza del fondo della coppa che utilizzerai per comporre il dolce. In questo caso 15 cm di diametro. Disponi il blondies sul fondo della ciotola. Il blondies è molto tenero e fragile, ma anche se si dovesse rompere, non è un problema. Irroralo con il Kirsch o il maraschino e disponi sulla base le ciliegie sciroppate. Ricopri di crema al cioccolato e infine fai un altro strato di ciliegie. Trasferisci il dolce in frigo per diverse ore fino a quando gli strati non si saranno rappresi. Termina il Trifle con ciuffi di crema al mascarpone, qualche ciliegia per decorare e scaglie o decori di cioccolato fondente. Conserva in frigo.




E godetevi questa carrellata di meraviglie!



martedì 12 dicembre 2017

Pan e sapa

I pan dolci si ritrovano in tante regioni d'Italia. La cosa non stupisce: quando il dolce era una presenza sporadica sulla tavola, bastava aggiungere un po' di miele o mosto cotto e frutta secca all'impasto del pane quotidiano ed ecco il dolce per la festa. Il più celebre di questi pani è, ovviamente, il panettone, che, in origine, era sicuramente una preparazione meno raffinata della versione odierna, ma, come dicevo, anche in altre tradizioni è possibile ritrovarli.
Oggi, il Calendario del cibo italiano propone proprio una carrellata di questi pani, forse ingiustamente misconosciuti.
Per quanto mi riguarda, ho scelto di fare un pane tipico della mia amatissima Sardegna: il pan e sapa (o saba), che altro non è che un pane impastato con del mosto cotto e arricchito con frutta secca.
In rete, girano molte ricette, ma io scelto di seguire quella di Roberto Murgia, fonte autorevolissima per tutto quello che riguarda la tradizione gastronomica sarda. E' stato un parto trigemino, perché ho iniziato il venerdì con i rinfreschi del lievito madre ed ho sfornato il mio pane il martedì successivo. Col senno di poi, mi sento di dire che, forse, anche le versioni più "moderne", con lievito di birra, hanno una loro ragion d'essere.
Per quanto riguarda l'aromatizzazione, ho sbucciato due arance, ho eliminato la parte bianca della buccia e l'ho messa in forno a 70 gradi per quasi 3 ore. Una volta ottenute le bucce disidratate, le ho frullate insieme alle altre spezie, ottenendo un meraviglioso mix aromatico che mi ha profumato la cucina per tutto il giorno.
Riporto integralmente la ricetta di Roberto Murgia. Io ho fatto un terzo delle dosi da lui indicate. 

Pan e sapa

450 gr di farina di semola rimacinata
250 di farina 00
200 gr di lievito madre in forza
10 gr di lievito di birra
500 ml di sapa 
15 gr di scorza di arancia secca tritata
4 gr di cannella in polvere
1 gr di chiodi di garofano in polvere
3 gr di anice stellato in polvere
1 gr di cardamomo in polvere (mia aggiunta)
200 gr di uvetta (io ho usato uvetta bionda)
150 gr di mandorle
25 gr di pinoli
50 gr di nocciole
80 gr di noci
Per la finitura:
200 gr di mandorle (circa)
200 ml di sapa (circa)
Diavoletti colorati e argento

Procedimento:
Versate il lievito madre nella ciotola e un poco di sapa precedentemente intiepidita. Fate sciogliere e aggiungete la farina (250 gr di farina 00 e 250 gr di fiore) alla quale avrete aggiunto tutte le spezie. Impastate inserendo gradatamente la sapa (non tutta) fino ad ottenere un impasto elastico ma molto sodo. Raccogliete a palla e coprite con la pellicola trasparente. Lasciate lievitare per 14 ore circa al caldo (28° C).
Superate le ore di lievitazione sciogliete il lievito di birra in pochissima sapa intiepidita. Aggiungetela all'impasto precedente e amalgamate per bene. Aggiungete 200 gr farina fiore e continuate ad impastare con la sapa avanzata dai 500 ml. Dovrete ottenere in impasto elastico e molto sodo. Quando l'impasto sarà elastico iniziate ad aggiungere a più riprese la frutta secca e amalgamate bene. Raccogliete a palla e lasciate lievitare nella ciotola coperta con la pellicola in ambiente caldo (28°C) per altre 14 ore circa.
Superate le ore di lievitazione versate l'impasto su un piano e dividetelo in pezzi . Io ho diviso l'impasto in panetti da 240 gr ciascuno. Lavorate leggermente ogni pezzo di pasta e formate a sfera.
Le forme tipiche del pane di sapa sono: tonda, cuore, corona, rombo, rettangolo. Scegliete tra queste forme e sistemate i panetti in teglie foderate di carta da forno.
Una volta pronte le forme decorate inserendo le mandorle (precedentemente divise a metà) su tutta la superficie. Coprite con un telo di cellophane o pellicola facendo in modo che il telo non tocchi i pani. Coprite con un plaid e tenete al caldo a lievitare per altre 16-18 ore circa.
Infornate in forno statico preriscaldato a 180°C per 50 minuti o 1 ora.
Sfornate e lasciate intiepidire leggermente. Bagnate completamente i pani nella sapa e adagiateli su carta da forno. Ripetete la glassatura 2-3 volte. Completate decorando con diavoletti colorati e argento.  Lasciate asciugare 12 ore e confezionate con carta stagnola o pellicola.



giovedì 7 dicembre 2017

Riso, zafferano e...

L'Agricola Bramante è una piccola azienda a conduzione familiare, che si è dedicata ad una coltivazione che richiede tantissimo lavoro: quella dello zafferano. 
Come molti sapranno, lo zafferano non è altro che i pistilli del Crocus sativus. Non ci vuole molto ad immaginare quanto impegno ci voglia per ottenere anche solo pochi grammi di questa spezia preziosa.
Con l'intento di farsi conoscere, l'azienda ha indetto un contest, che ha coinvolto alcune blogger, impegnate nel progetto del Calendario del cibo italiano. Il titolo del contest è "Riso, zafferano e...", dove i puntini di sospensione rappresentano lo spazio lasciato alla fantasia delle blogger, che hanno dovuto unire un classico risotto allo zafferano (Bramante, ovviamente) ad un ingrediente del proprio territorio.
Nel mio caso, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata "mozzarella" e la seconda la chef casertana Rosanna Marziale, che della mozzarella ha fatto il perno attorno cui ruota gran parte della cucina del suo ristorante. Uno dei suoi piatti più famosi è la palla di mozzarella ripiena di tagliolini al basilico, su crema di piselli. E, allora, perchè non farcire la mozzarella con del risotto?

Palla di mozzarella ripiena di risotto (x 4)

Mozzarelle da 150 g                                    4
Riso Carnaroli                                             150 g
Brodo di carne                                            300 ml
Olio per friggere
Pan grattato                                                3 cucchiai
Farina                                                         3 cucchiai
Uovo                                                           1
Burro                                                           20 g
Zafferano                                                     
Sale
Tostare il riso in una casseruola e, aggiungere,  poco alla volta,  il brodo caldo. Sciogliere i pistilli di zafferano in un mestolo di brodo caldo e aggiungerlo al riso. Quando il riso è cotto, fuori dal fuoco, mantecarlo con il burro. Regolare di sale. Stendere il riso su un vassoio e farlo raffreddare. 
Prendere una mozzarella e metterla nel microonde per ammorbidirla quel tanto che basta per poterla manipolare; appiattirla, metterci sopra una pallina di riso e chiuderla velocemente, formando una palla e avendo cura di sigillare bene i lembi. Asciugarla con carta da cucina e passarla prima nella farina, poi nell’uovo poi di nuovo nella farina, poi ancora nell’uovo e, infine, nel pan grattato. Ripetere per le altre mozzarelle.
Mettere l’olio in un pentolino a bordi alti (in modo che le palle possano essere completamente ricoperte dall’olio) e portarlo a 170 gradi. Immergere le palle di mozzarella, una volta alla volta, e friggerle fino a che saranno belle dorate. Sgocciolare su carta assorbente e servire.




Questa ricetta è stata realizzata in collaborazione con L'azienda Agricola Bramante.

lunedì 27 novembre 2017

In alto a sinistra...

Caro Michael,
non so più quante volte ho iniziato e cancellato questo post, divisa come sono tra un empito di cose da dire e la mia naturale riservatezza, che mi porta a non esternare facilmente quello che provo. 
Tuttavia, non posso non essere qui, a ricordare una persona che avevo imparato a considerare un amico, una persona che, con la sua scienza, la sua ironia e la sua intelligenza, aveva saputo "bucare" il monitor del pc. Una persona che, oltre ad una grande testa, aveva anche un grande cuore, come dimostrato in più di un'occasione. E non dimentichiamo il cuoco sopraffino, che con tanta naturalezza e perizia si era agevolmente inserito nella comunità dell'MTC. Ecco...devo trattenermi dal cancellare anche queste righe, tanto mi sembrano fredde e distanti da quello che sento. E, allora, Mich, ti dico solo che mi mancherai tanto, è stato un privilegio conoscerti. E, per   Eleonora e Micol un abbraccio stretto, sperando che tutto il nostro affetto le raggiunga e addolcisca almeno un po' il loro grande dolore.
E, siccome quello che in principio ci ha uniti è stata la cucina, abbimo deciso di ricordarti cucinando tutti assieme e abbiamo scelto di replicare quel pan dolce del sabato, che fu la sfida proposta da Eleonora, quando vinse il suo primo MTC. Lo abbiamo scelto perché quell'intreccio ci sembra simboleggiare le vie strane e imprevedibili attraverso cui le nostre vite si sono incrociate.
All'epoca della sfida, io che non avevo mai fatto una treccia in vita mia, m'ero lanciata a fare una stella a cinque punte ed Eleonora mi aveva fatto scherzosamente notare che non era la stella "giusta". Quella giusta sarebbe stata, ovviamente, la stella di David e, ai tempi, mi sarei presa a schiaffi per non averci pensato. Ho rimediato oggi, intrecciando una stella a sei punte, omaggio a quel Paese dove avevi scelto di vivere e che pure avevi lasciato, senza pensarci due volte, per seguire i tuoi affetti dall'altra parte del mondo.

PANE DOLCE DEL SABATO 

Farina 00                    500 g.
Farina Manitoba          250 g.
Zucchero                    150 g.
Lievito di birra             30 g.
Acqua tiepida             140 ml.
Olio evo                      190 ml.
Sale                            15 g.
Uova medie                3
Tuorlo                         1
Acqua                         1 tbs.
Granella di zucchero

Per il procedimento, riporto quanto scritto da Eleonora
"Prima di tutto è importantissimo setacciare la farina.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a che si forma una schiuma. Mescolare la farina, il sale e lo zucchero , versarci il lievito e cominciare ad impastare, aggiungere poi l'olio e per ultime le uova, una ad una, incorporandole al tutto. Lavorare fino a che l'impasto si stacca perfettamente dalla ciotola, lasciandola pulita.
Lasciar lievitare per almeno due ore. "
Trascorso questo tempo, pesare l'impasto, staccarne 720 g. e dividerlo in 9 pezzi da 80 g l'uno. Formare,  rotolandoli sulla spianatoia, 9 rotolini. Incrociare i  cilindri, in modo da ottenere una stella a 18 capi. 


Per fare una stella intrecciata a 6 punte,  intrecciare i capi a 3 a 3, ottenendo la stella. 


Battere il tuorlo con il cucchiaio d'acqua e spennellare la superficie della stella; spolverizzare con la granella di zucchero. 



Far lievitare ancora 2 ore ed infornare a 180 gradi, per 30 minuti, coprendo con un foglio di alluminio a metà cottura. 



Con l'impasto avanzato ho fatto una normale treccia a 3 capi, farcendo ogni capo con scorza d'arancia candita e gocce di cioccolato e decorando con semi di sesamo.







venerdì 17 novembre 2017

Arancini alla genovese

La genovese è il sugo che, canonicamente, si alternava al ragù suelle tavole domenicali delle famiglie napoletane. Entrambe le preparazioni richiedono cotture lunghissime e sveglie antelucane (questo quando non esisteva la slow cooker), ma, in un colpo solo, si ottengono sia il condimento per la pasta che la carne per il secondo.
Come molti già sapranno, a dispetto del nome, questo sugo a Genova è sconosciuto. Una possibile spiegazione della sua origine ce la fornisce Jeanne Carola Francesconi, l'autrice de "La Cucina Napoletana": 
Nel Seicento esistevano a Napoli parecchi trattori genovesi stabilitisi nella nostra città, i quali, ottimi cuochi, usavano cucinare la carne in quel modo particolare che poi da loro ha preso il nome. Senonché, consultando il Crisci e il Corrado, fino al Cavalcanti incluso, troviamo che la denominazione "genovese" indicava quel sugo semplice e di color chiaro che noi chiamiamo "glassa". Si deve perciò ritenere che l'aggiunta del salame e di abbondanti cipolle si sia avuta solo verso la fine dell' Ottocento"
La Francesconi parla di salame, ma, a casa mia, quando si faceva la genovese il salame non c'era. Entrava, invece, in gioco, quando si faceva la genovese "finta", una versione più povera, in cui la carne viene sostituita appunto dal salame. Ma, si sa, non c'è nulla di più opinabile di una ricetta "tradizionale". A meno che non esistano disciplinari registrati, come avviene, ad esempio, per il tortellino bolognese, le ricette della tradizione conoscono innumerevoli varianti che, fatta salva un'impostazione generale, differiscono quasi da famiglia a famiglia. E, ovviamente, ognuno è disposto a difendere a spada tratta la "sua" versione, come la migliore e l'unica autentica. Io non sono così talebana e mi limito a dire: a casa mia, si fa così.
Per la giornata che il Calendario del cibo dedica alla genovese, propongo i miei arancini.

Arancini alla genovese

Per la genovese

Cappello del prete                400 g.
Cipolla                                  700 g.
Olio evo                                1/2 bicchiere
Vino rosso                             1 bicchiere
Sale

In una casseruola, rosolare la carne nell'olio, quando si sarà dorata da tutti i lati, toglierla dalla pentola e metterci le cipolle tritate. Farle rosolare a fuoco lento per un'ora, sfumando, di tanto in tanto, con un po' di vino. Trascorso questo tempo, rimettere nella casseruola la carne e proseguire la cottura per almeno altre due ore, continuando a bagnare col vino.

Per gli arancini

Riso Roma                         300 g.
Brodo di carne                   700 ml.
Burro                                  20 g.
Parmigiano                         20 g.
Provola affumicata             100 g.
Pane grattugiato                  4 tbs
Olio evo
Sale

Portare ad ebollizione il brodo e versarci il riso. Cuocere molto al dente. Mettere la pentola nel lavello riempito di acqua fredda, in modo che il riso si raffreddi velocemente e smetta di cuocere. 
Una volta freddo, mettere un po' di riso nell'incavo della mano, aggiungere po' di sugo alla genovese e qualche dadino di provola (il latticino, non il formaggio). Chiudere l'arancino e rotolarlo per dargli una bella forma rotonda. Immergere l'arancino nella lega (vedi più sotto), in modo che se ne rivesta perfettamente; sgocciolarlo molto accuratamente e rotolarlo nel pan grattato. Friggere in olio abbondante, fino a doratura



Per la lega

Farina                                200 g.
Acqua                                400 ml.


Sale



giovedì 16 novembre 2017

Strato dopo strato

Se non fosse per l'impegno col Calendario del cibo, credo che il mio blog languirebbe, perché non c'è molta voglia di dedicarmici. Intendiamoci, cucinare mi piace sempre e niente mi rilassa più di una mattina di spignattamenti, ma, al momento di far le foto e di scrivere il post, mi prende male. Sono quindi consapevole del fatto che i miei post, se confrontati con quelli del passato, sono molto più stringati, ma, al momento, è il massimo che possa fare. Tanto, credo che nessuno si straccerà le vesti per questo...

Lasagna ai porri e taleggio (x2)

Lasagne secche                            180 g
Porro medio                                 1
Taleggio                                       200 g
Latte                                            250 ml
Farina                                          22 g
Burro                                           30 + 10 g
Sale 

Tagliare il porro a rondelle sottili e farlo stufare a fuoco lento nei 10 g di burro. Proseguire la cottura, fino a che il porro si sarà disfatto. Salare.
Preparare un roux con il resto del burro e la farina, aggiungere, in più riprese, il latte caldo, mescolando sempre con una frusta. Salare. Aggiungere i porri. Volendo ottenere un risultato più omogeneo, frullare i porri con la besciamella, ma non è strettamente necessario.
Lessare per qualche minuto la soglie di lasagna in acqua bollente salata. Scolarle e metterle in una ciotola con acqua fredda. Sgocciolarle e asciugarle su un canovaccio pulito. In una pirofila imburrata, formare strati alternati di sfoglia, besciamella ai porri e taleggio a fettine. Chiudere con la besciamella ed infornare a 180 gradi per mezz'ora.




martedì 14 novembre 2017

Vellutatamente

Era da tempo che volevo sperimentare la cottura confit, desiderio che si era rafforzato nel momento in cui mi sono ritrovata propietaria di una slow cooker. Si, perché questo tipo di pentola mi sembrava (e lo è!) perfetta per questa modalità di cottura, grazie alla sua capacità di mantenere con costanza una bassa temperatura.
L'occasione per mettere in pratica me l'ha fornita il Calendario del cibo. Se volete sapere tutto su besciamella, vellutate e tutte le salse che da queste derivano, vi consiglio vivamente di leggere l'articolo pubblicato sul sito del Calendario.

Coda di rospo in oliocottura su vellutata di piselli

Coda di rospo                           700 g
Olio evo                                   1 l + 1 cucchiaio
Brodo di verdura                      200 ml
Piselli                                        200 g
Speck                                       60 g
Burro                                        10 g
Farina                                       10 g
Sale
Zucchero                                  1 cucchiaio

Prendere la coda di rospo e metterla in una pirofila, ricoprendola con due cucchiai di sale grosso ed uno di zucchero. Coprire e tenere in frigo per un paio d'ore. Questo procedimento serve a tirar fuori parte dell'acqua contenuta nel pesce, evitando che venga rilasciata in cottura, abbassando così la temperatura dell'olio.
Scaldare in una pentola il cucchiaio d'olio e cuocervi i piselli, tenendone da parte qualcuno crudo per decorare il piatto. Una volta cotti, frullarli, in modo da ottenere una crema omogenea.
Mettere in una pentola il burro e la farina e cuocerli a fuoco lento, formando un roux. Aggiungere, poco alla volta metà del brodo vegetale caldo. Unire il passato di piselli ed il resto del brodo. Salare. Se la vellutata risultasse non troppo liscia, qualche colpo di minipimer risolverà il problema.
Versare l'olio nella slow cooker, posizionare  su high e lasciarlo riscaldare per 40 minuti. Trascorso questo tempo, immergere la coda di rospo (dopo averla ripulita della salamoia ed asciugata per bene con carta da cucina) e cuocerla su high per 10 minuti e, poi, su low per 30. Controllare con un termometro che la temperatura del pesce, al cuore, raggiunga i 70 gradi. Sgocciolare la coda di rospo, separare i due filetti e tagliarli a bocconcini di un paio di cm. Avolgere ogni pezzo di pesce nello speck e rosolarli brevemente in una padella calda. Non salare assolutamente il pesce. Versare la vellutata di piselli nei piatti, poggiarvi i bocconcini di pescatrice, decorare con qualche pisello crudo e servire.










giovedì 9 novembre 2017

Amatissime pappardelle

La mia partecipazione al Calendario del cibo è fortemente condizionata dai gusti difficili del consorte. Del resto, essendo lui il mio unico commensale, devo necessariamente scegliere di contribuire con piatti che gli piacciano. Oggi, mi/gli va di lusso, perché la pasta all'uovo è amatissima da mio marito, e le pappardelle più di ogni altro formato. 

Pappardelle con porcini e fonduta (x 2)

Pappardelle                              200 g
Funghi porcini                         250 g
Latte                                        100 ml
Fontina                                    70 g
Parmigiano                              1 cucchiaio
Olio evo                                  1 cucchiaio
Burro                                       1 noce
Aglio                                       1/2 spicchio
Sale 

Tagliare la fontina a cubetti, metterli in una ciotolina, coprirli con il latte e lasciarli in ammollo per un paio d'ore.
Mondare i funghi, tagliarli a fettine  e cuocerli in un largo tegame nel cucchiaio d'olio, in cui si sarò fatto imbiondire l'aglio.
Mettere i cubetti di formaggio in un pentolino insieme a metà del latte dell'ammollo; cuocere a bagnomaria, girando con una piccola frusta, finché il formaggio si sarà sciolto. A questo punto, aggiungere il burro, il parmigiano  e tenere in caldo.
Lessare le pappardelle in acqua bollente salata. Con delle pinze, tirar fuori la pasta dall'acqua e metterla nel tegame con i funghi. Aggiungere la fonduta e saltare la pasta, in modo che i condimenti si distribuiscano bene.
                            



lunedì 6 novembre 2017

Le pere di una volta

Non vorrei ritrovarmi a fare discorsi da autobus o sembrare una laudatrix temporis acti, ma perché le pere non sanno più di niente?? Lo so che la stessa cosa si potrebbe dire anche di altri frutti, ma mentre mi capita ancora di mangiare di tanto in tanto una pesca, una mela o un'albicocca degne di questo nome, non so più quanti anni siano passati dall'ultima volta in cui ho mangiato una pera dolce e saporita. Inoltre, sembrano passare dallo stadio "dura e legnosa" al disfacimento, senza attraversare la fase "matura al punto giusto". In pratica, ormai le compro solo quando devo impiegarle in un dolce. Ed è quello che ho fatto anche questa volta, per contribuire alla giornata che il Calendario del cibo dedica a questo frutto, nella speranza che, prima o poi, si possa tornare a gustare una pera come quelle che mangiavo da ragazza.
La ricetta l'ho presa da qui, peccato che la ricetta abbia una grossa lacuna: negli ingredienti non è indicata la quantità di farina, per cui sono andata a controllare altre ricette di plum cake e mi sono ricavata le giuste proporzioni tra farina, uova e burro.
Dovessi rifarlo, credo che cuocerei per qualche minuto le pere in uno sciroppo di vino rosso e zucchero.

Plum cake pere e cioccolato al vino rosso

Farina 00                               300 g
Burro a t.a.                            150 g
Zucchero a velo                    110 g
Uova                                      3
Vino                                       30 ml
Gocce di cioccolato               40 g
Pere                                       3
Cacao                                    15 g
Zucchero di canna                 1 cucchiaino
Lievito                                    3 g
Cannella
Estratto di vaniglia

Montare con le fruste il burro con lo zucchero e qualche goccia di estratto di vaniglia. Aggiungere le uova, una alla volta. Setacciare la farina con il cacao, il lievito e la cannella. Aggiungere gradatamente le polveri alla montata di burro, lavorando con una spatola. Unire il vino, le gocce di cioccolato e due pere sbucciate e tagliate a dadini. Imburrare ed infarinare uno stampo da plum cake (21x12x8) e versarci il composto. Sbucciare la pera rimasta, tagliarla a metà, rimuovere il torsolo ed affondare le due metà nell'impasto. Cuocere a 160 gradi per un'ora. Dieci minuti prima del termine della cottura, spolverizzare le mezze per con un cucchiaino di zucchero di canna.




domenica 29 ottobre 2017

Fagioli e cozze

Erano i primi anni '70, quando, una sera, mio cognato ci portò a cena in un ristorante alle falde del Vesuvio. Era un postaccio, con un'enorme sala, modello "grande, grosso matrimonio cafone", ma ci eravamo andati perché il locale era famoso per un piatto che, allora, suonava piuttosto insolito: pasta e fagioli con le cozze. Erano anni innocenti, in cui ancora la cucina non aveva conosciuto le sperimentazioni estreme o la contaminazione con cucine di tutto il mondo, per cui un simile abbinamento sembrava un'eresia ardita. Ma ci piacque ed anche parecchio.
Volendo, quindi, celebrare un legume così prezioso come il fagiolo, cui il Calendario del cibo dedica la giornata, ho pensato di far conoscere questa pasta, che magari, a latitudini più settentrionali, non è altrettanto nota.
Premetto che la mia versione non è esattamente quella canonica, che prevede la preparazione di un sughetto di pomodorini freschi da aggiungere ai fagioli lessati. Il fatto è che mio marito il pomodoro a pezzi non lo ama ed è capace di scartare i singoli pezzetti uno ad uno. Il che, unito al fatto che mangia con la lentezza di un bradipo (tipo tre tubetti e due fagioli ad ogni boccone...) rischia di farmi seriamente sclerare. Per cui, onde evitare di trasformare il pranzo in un fattaccio  da cronaca nera, opto per la passata (poca, perché il pomodoro non deve prevalere) e devo dire che, onestamente, non si avverte una differenza di gusto.

Pasta e fagioli con le cozze (x 3)

Cozze                              500 g
Fagioli cannellini            200 g
Pasta mista                      200 g
Olio                                 1 cucchiaio
Passata di pomodoro       1 cucchiaio
Sedano                            1 gambo
Aglio                               1 spicchio
Peperoncino
Sale

Io ho usato i cannellini freschi, per cui li ho cotti direttamente in pentola coperti d'acqua, a cui ho aggiunto l'aglio, il sedano, l'olio, il peperoncino e la passata.
Pulire le cozze e farle aprire sul fuoco. Sgusciarle e metterle in una ciotola, coprendole con la loro acqua filtrata.
Una volta che i fagioli sarano cotti, levare parte dell'acqua e tenerla da parte in caldo.
Versare la pasta nei fagioli e cuocerla, aggiungendo, man mano, l'acqua delle cozze e, se necessario, anche parte dell'acqua dei fagioi tenuta da parte. Un minuto prima del completamento della cottura, aggiungere le cozze. Il risultato dovrà essere piuttosto asciutto, perché, da noi, la pasta con i legumi non è mai una minestra.



venerdì 27 ottobre 2017

I miei pasteis de nata per il Club del 27

I pasteis de nata sono una di quelle cose che avrei voluto fare da tanto tempo, ma che, chissà perché, non mi sono mai decisa a fare. Meno male che c'è il Club del 27 che mi sprona!
Con mio grande rammarico, non sono mai stata a Lisbona,  quindi non ho mai assaggiato gli originali e non posso fare paragoni, tuttavia questi fatti seguendo la ricetta di Annarita sono formidabili. Sarà che la cannella mi piace molto, ma li ho trovati proprio deliziosi.
Se vi interessano notizie sull'origine di questi dolcetti, sul sito dell'MTC troverete un articolo esauriente di Ilaria Talimani.

Pasteis de nata

Ingredienti per 12 pasteis

400 g  di sfoglia all’italiana
4 tuorli grandi
250 ml di panna
250 ml di latte 
150 g di zucchero semolato
la scorza di un limone non trattato grattugiato
40 g di maizena
1 pizzico di sale
1 cucchiaino di cannella in polvere
Zucchero a velo e cannella in polvere per rifinire (facoltativo)

Per la sfoglia
classica all’italiana di Iginio Massari :

Panetto

Burro g 350
Farina 00 g 150
Pastello
Farina 00 W300 g 350
Burro g 150
Sale g 20
Malto (facoltativo) g 10
Acqua fredda ml 50
Vino bianco secco ml 60

Procedimento
Per il panetto, amalgamare il burro ancora freddo di frigorifero con la farina,
lavorandolo o manualmente sulla spianatoia o in planetaria con la foglia. Non
lavorarlo troppo a lungo (Massari amalgama per 7 minuti il pastello io 3-4 minuti
tanto con la stratificazione poi si amalgama bene il tutto) il composto, al
termine dell’assorbimento della farina, dovrà risultare una massa burrosa,
omogenea e ancora plastica. Modellare il panetto in forma rettangolare,
coprirlo con il cellophane e riporlo in frigo per circa un’ora.

Per il pastello,  formare manualmente una fontana nella farina bianca posta sul tavolo e incorporare il burro, il sale e impastare con i liquidi. Nella
planetaria, incorporare i medesimi ingredienti lavorandoli a velocità media.
Lasciare riposare sul tavolo il pastello avvolto nel cellophane per circa 30
minuti.
Stendere la pasta allo spessore di circa 1 cm. 
Togliere dal frigo il panetto e stenderlo (fra due fogli di carta forno) allo
spessore di circa 1 cm, facendo in modo che raggiunga un’altezza pari ai 2/3 di
quella del pastello.
Posizionare il panetto nella parte inferiore del pastello e ripiegare il terzo
superiore verso il centro. 
Ripiegare la parte inferiore su quella appena piegata ottenendo così una
piegatura a tre. Ruotare di 90°, facendo in modo di avere la chiusura verso
l’esterno a destra.
Avvolgere nel cellophane, mettere in frigo e far riposare un’ora.
Passata un’ora stendere l’impasto allo spessore di circa 1 cm e effettuare una
giro di pieghe a 4 (portare il lembo superiore e quello inferiore verso il
centro dell’impasto e ripiegare nuovamente, come se fosse un libro.


Ricoprire il
tutto col cellophane e rimettere in frigo.
Effettuare in sequenza un altro giro a tre, uno a quattro e finire con uno a
tre. In tutto dovremmo aver fatto 5 giri.
Far riposare la pasta sfoglia almeno per un’ora, in frigo, prima di

utilizzarla. Si può lasciare in frigo per circa 5 giorni (o congelarla)
Per la crema versare
la panna in una casseruola a fondo alto e portarla ad ebollizione con la scorza
di limone ed un pizzico di sale. Togliere subito dal fuoco e lasciare in
infusione per almeno 30 minuti.
Unire la maizena con la cannella e lo zucchero.
In una ciotola versare la miscela di farina e 4 tuorli e sbattere per qualche
minuto in modo che il composto sia bene amalgamato.
Versare il latte a filo.
Mescolare bene quindi unire la crema alla panna nella casseruola e far cuocere
a fiamma dolce fino a ottenere una crema morbida. Non farla addensare troppo.
Togliere dal fuoco e far raffreddare. Stendere la pasta sfoglia in un
rettangolo quindi arrotolatelo sul lato corto.
Tagliarlo in 12 rotolini larghi c.ca 2/3 cm e di circa 30 g.
Imburrare ed infarinare lo stampo per muffin e posizionare il rotolino di
sfoglia in senso orizzontale. Con il pollice schiacciare al centro degli stampi
e stendere la pasta facendola aderire ai lati.
Mettere in frigo per 15 minuti.
Quando la crema è fredda, riempire i gusci di sfoglia fino all’orlo e mettere
in forno preriscaldato a 230° per cc.a 20 minuti.
Fare raffreddare su una griglia. Servire tiepidi o freddi e magari se graditi,
spolverati di zucchero e cannella.