mercoledì 20 gennaio 2016

Un agrume dimenticato

La limetta è un agrume che, ormai, conoscono 
in pochi: quasi nessuno la coltiva più, perché non ha mercato. Io, invece, la conosco molto bene sin da bambina, quando aspettavo, come fosse la Befana, i pacchi che la mia zia preferita spediva dalla Calabria. Dentro, tante cose buone: soppressate, sardella, funghi della Sila sottolio, crocette di fichi cotti nel mosto e limette, o, come le chiamano laggiù, limoncelle. All'epoca, non ci crederete, ma le clementine non esistevano e le limette rappresentavano, per me, una piacevole e profumatissima alternativa ad arance e mandarini.
Ecco, lo scopo di questo mio post è di far conoscere, nell'ambito della Settimana degli Agrumi, indetta dall'Associazione Food Blogger Italiani (AIFB) e di cui è Ambasciatrice Aurelia Bartoletti, proprio questo frutto dimenticato. Perché, sempre di più, l'essere un food blogger significa, o dovrebbe significare, conoscere, esplorare e approfondire tutti quegli aspetti che fanno cultura del cibo.
Ecco, quindi, una "scheda" illustrativa della limetta, seguita dalla ricetta del liquore che si può preparare con le sue bucce, inconsueta alternativa al "solito" limoncello.


                           (foto dal web)

Nome scientifico: Citrus limetta

Nome comune: limetta dolce (per distinguerla dal lime, che è aspro)
Le limette sono agrumi derivati da innesti, ma è passato così tanto tempo dalla ibridazione da esser diventate dei frutti con caratteri stabili.
Nel bacino del Mediterraneo, esistono, principalmente, due varietà di limette dolci: la limetta dolce di Palestina (Citrus limettoides) e la limetta dolce di Roma (Citrus limetta Pursha), detta anche limoncella.
In Marocco è coltivata la limonette de Marrakech, che ha caratteristiche simili alla limetta romana, da cui tuttavia differisce per l’acidità della polpa dei frutti e per la colorazione rossa dei germogli.
In Italia, è coltivata essenzialmente la limetta dolce di Roma, che si ritiene sia derivata da un incrocio tra lime e arancio o tra lime e chinotto.
Questo agrume forma alberelli che non superano gli 8 m di altezza. Le foglie hanno forma ovale, con apice appuntito e lunghe spine all’ascella delle foglie.
I fiori sono prodotti, ininterrottamente, dalla primavera all’autunno. I frutti sono tondeggianti e leggermente schiacciati ai poli. Al polo opposto al picciolo, si trova un’escrescenza, chiamata umbone e il nome francese di questo agrume – mamelon, che significa anche capezzolo- si riferisce proprio a questa caratteristica del frutto.
I frutti, solitamente, non contengono semi e la propagazione avviene per talea.
I frutti non sono molto saporiti e le piante vengono coltivate o per il profumatissimo olio essenziale contenuto nella buccia dei frutti, o come porta innesti o come piante ornamentali.

Liquore di limette

Limette                            10

Acqua                              800 ml

Zucchero                         800 g

Alcool a 95 gradi             800 ml


Sbucciare le limette, avendo cura di eliminare la parte bianca (albedine). Mettere le bucce in un barattolo e coprirle con l'alcool. Lasciarle in infusione per due settimane. Trascorso questo tempo, preparare un sciroppo a caldo con acqua e zucchero. Far raffreddare lo sciroppo e aggiungerlo all'alcool filtrato.






lunedì 18 gennaio 2016

Pane leopardato


C'è poco da fare: quando vedo una ricetta o una preparazione che mi colpiscono devo rifarla subito. Un po' per evitare che cada nel dimenticatoio o si perda nella lista sempre più lunga delle cose da provare ed un po' perché son curiosa come una scimmia e non vedo l'ora di "toccare con mano" quanto ho visto in rete o su un libro o su una rivista.
E' capitato anche con questo pane maculato, che mi è subito piaciuto per la sua originalità. L'ho rifatto un po' a modo mio, usando un impasto molto simile a quello delle brioscine mediterranee che uso di solito. Questo perché l'impasto della ricetta originale mi sembrava troppo bianco e mica la pelliccia del leopardo è bianca! Ok, va bene, esiste il leopardo delle nevi, ma, insomma, quando pensiamo ad un  leopardo, pensiamo innanzitutto a quello col mantello giallino, chiazzato di nero, no? Mi sembrava quindi più corretto mettere dei tuorli nell'impasto e, anzi, per rafforzare la tonalità, ho aggiunto anche un po' di zafferano. Peccato che quest'ultimo non si sia distribuito in maniera uniforme...

PANE MACULATO



Farina 00                      250 g
Farina W 400               250 g
(io Uniqua Blu)
Latte                             220 ml + 3 cucchiai
Burro                            80 g
Tuorli                           3+ 1
Zucchero                      50 g
Cacao                           15 + 5 g
Lievito di birra             10 g
Sale                              8 g  
Zafferano                     mezza bustina 

Con 100 g di farina presa dal totale, 100 ml di latte ed il lievito sbriciolato, preparare un lievitino, coprire la ciotola con pellicola e lasciar crescere per due ore.
Trascorso questo tempo, aggiungere un po' alla volta la restante farina, alternandola con il latte ed i  tre tuorli, avendo cura di non aggiungere altro liquido se il precedente non sarà stato assorbito. Solo così si eviterà di far perdere l'incordatura all'impasto. A questo punto, aggiungere zucchero e sale e, in tre volte, il burro a temperatura ambiente. Bisognerà ottenere un impasto liscio ed elastico. Dividere l' impasto a metà. Prendere una delle due metà ed aggiungere lo zafferano. L'altra metà dell'impasto andrà divisa ancora a metà: ad una di queste due metà andranno aggiunti i 5 g di cacao, più un cucchiaio di latte e, all'altra metà, i 15 g di cacao, più un cucchiaio di latte. A questo punto, quindi, si avranno tre impasti: uno chiaro, uno scuro ed uno ancora più scuro. Dividere ciascun impasto in sei palline.



Con l'impasto al cacao più chiaro, formare un cilindretto, adagiarlo sull'impasto più scuro, steso a formare una striscia e avvolgercelo dentro. Stendere anche una pallina di impasto chiaro e avvolgere la striscia attorno al cilindro formato dai due impasti al cacao.  Rotolare il cilindro così ottenuto sul piano di lavoro, fino a portarlo alla lunghezza dello stampo che si userà. Proseguire così, fino a terminare le palline d'impasto.



Ungere di burro uno stampo da plum cake da 25 cm e disporvi  i cilindri di pasta. Spennellare con il tuorlo restante, sbattuto con un cucchiaio di latte. 



Far lievitare per un paio d'ore. Infornare a 200 gradi per 40 minuti. Dopo i primi 15 minuti, coprire con un foglio di alluminio per evitare che scurisca troppo.




NOTE: non ricordavo che, nella ricetta originale, i cilindri di pasta fossero 7 e, forse, sarebbe stato meglio  se ne avessi fatti 7 anche io, perché avrei ottenuto   una disposizione più irregolare delle "macchie". Come ho già detto, lo zafferano andava distribuito meglio, ma questo pane è venuto buono e soffice, oltre che carino a vedersi.                

martedì 12 gennaio 2016

Comfort food

Si dice zuppa e, immediatamente, si evoca una fredda sera d'inverno, i vetri appannati e una pentola che sobbolle sul fuoco. Si dice zuppa e, immediatamente, un calore si diffonde per tutto il corpo e si trasmette all'anima.  
E, quindi, quale preparazione più adatta come tema per l'MTC di gennaio? Calda, confortante, versatile e, volendo, anche disintossicante, dopo gli stravizi delle feste. 
Peccato che, alle mie latitudini, le temperature oscillino ancora tra i 16 ed i 18 gradi... E sarà forse questa condizione climatica più primaverile che invernale a rendermi difficile calarmi nello spirito della gara. In testa mi giravano mille ingredienti, ma nessuna combinazione sembrava convincermi fino in fondo. Finché mi son detta che era necessario dare un taglio a tutte le esitazioni, ai dubbi e alle critiche e cominciare a rimboccarsi le maniche e produrre qualcosa. Bé, forse non sarà un'idea originalissima, ma quella che è venuta fuori è stata una zuppetta così buona che, temperature primaverili o meno, ce la siamo fatta fuori molto volentieri.
Mi unisco, quindi al peana che si è levato da parte di tutta la community, verso la Vitto, per ringraziarla di aver scelto questo tema  per l'MTC #53
P.S. Nel caso qualcuno si stesse chiedendo dove abbia reperito i porcini, ne avevo comprata una cassetta ad ottobre e ne avevo congelato una parte. 

Zuppa di porcini, patate e castagne (x 2-3)

Per il brodo di carne

Biancostato                              500 g
Cipolla                                     1 media
Carota                                      1
Sedano                                     1 gambo
Maggiorana 
Sale

Mettere tutti gli ingredienti in una pentola, coprire d'acqua e cuocere a fuoco lento per 3 ore, schiumando di tanto in tanto. 
Meglio preparare il brodo il giorno prima, in modo che una volta raffreddato e messo in frigo, sia possibile rimuovere facilmente il grasso che si sarà solidificato in superficie.

Per la zuppa

Castagne                           200 g
Porcini                              120 g
Patate                                200 g
Mortadella                        50 g
Aglio                                1 spicchio
Olio evo                            1 cucchiaio
Granella di pistacchi         2 cucchiaini
Timo
Brodo
Sale

Sbucciare le castagne. metterle in una casseruola, coprirle d'acqua e portarle a metà cottura.
Raschiare via il terreno dai gambi dei porcini e pulirli con carta da cucina inumidita o, al massimo, nel caso fossero molto sporchi, con una veloce passata sotto il getto dell'acqua corrente, ma mai immergendoli nell'acqua. Tagliare i funghi a pezzi, sbucciare le patate e tagliarle a dadini. Rosolare l'aglio nell'olio, aggiungervi le verdure e la mortadella a dadini; far andare a fuoco vivace per 5-6 minuti. Versare le verdure e le castagne in una pentola, aggiungere il timo, coprire il tutto con qualche mestolo di brodo e completare la cottura. Servire con una spolverata di granella di pistacchi.







lunedì 11 gennaio 2016

Un gattò di patate diverso

Quest'anno, per la Mariella food blogger, è iniziato con una grande novità: sono diventata socia dell'Associazione Italiana Food Blogger (AIFB). E, come mio primo contributo all'Associazione, partecipo al grandioso progetto del Calendario del Cibo, che si prefigge di dedicare ogni giornata del 20016 ad un piatto o a un ingrediente, allo scopo di approfondirne la conoscenza. 
E potevo non cominciare dalla giornata dedicata al gattò di patate? Ovviamente no, visto che, non solo si tratta di un piatto della mia tradizione, ma è anche uno dei miei piatti preferiti. Per l'occasione, ripubblico una mia ricetta di gattò, in versione marinara. 

Gattò ai gamberi su crema di carciofi

Patate                     400 g
Gamberi                 6 o 9, dipende dalla grandezza
Albume                  1
Carciofi                  2
Burro                     40 g
Olio evo                1 cucchiaio + 1/2
Pan grattato           1       "
Aglio                     1/2 spicchio
Sale

Lessare le patate in acqua fredda e, una volta cotte, schiacciarle ancora calde col passapatate; raccogliere il purè in una terrina, unire burro e sale ed amalgamare il tutto. Ungere 3 stampini e spolverizzarli col pangrattato. Mettere un po' di purè di patate in ogni stampino e, col dorso di un cucchiaio bagnato, creare un'infossatura, nella quale andranno messi i gamberi sgusciati e crudi. Riempire gli stampini col resto del purè e spolverizzare con pangrattato. Irrorare con un filo d'olio ed infornare a 160 gradi per 15 minuti.
Mondare i carciofi e tagliarli a fettine sottili. Rosolare l'aglio nel cucchiaio d'olio e cuocervi i carciofi. Una volta cotti, eliminare l'aglio e frullare i carciofi col minipimer. Disporre a specchio nei piatti la crema di carciofi e adagiarvi i gattoncini.



giovedì 7 gennaio 2016

Un finger food senza glutine

I financieres salati mi era già capitato di farli, come raccontato qui. Tuttavia, ho voluto provare a rifarli, adattando la ricetta, in modo che potessero andar bene per un'amica intollerante al glutine. 
Devo dire che l'utilizzo degli amidi, al posto della farina, non ha  modificato la struttura di questi bocconcini, mentre la sostituzione delle olive di Gaeta con delle olive verdi si è rivelata meno felice, perché le prime hanno decisamente un sapore più intenso. Forse, avrei dovuto accostare alle olive verdi una puntina di senape, che avrebbe dato un po' di sprint (prendo appunti per una prossima volta). Come accompagnamento, avevo pensato ad un Cheddar, ma, non avendolo trovato, l'ho sostituito con un Red Leicester.

Financieres alle olive verdi (x 60)

Albumi                                                 120 g
Burro                                                    50 g
Maltitolo                                               16 g
Farina di mandorle                               65 g
Amido di riso                                        15 g
Fecola di patate                                    15 g
Maizena                                                1 g
Lievito chimico per torte salate            7,5 g
Olio evo                                                50 g
Patè di olive verdi                                 100 g
Red Leicester                                        300 g
Sale

Sciogliere il burro, finché diventa color nocciola e raffreddare subito il padellino, altrimenti si corre il rischio di bruciarlo. Montare gli albumi a neve ed aggiungere il maltitolo. Aggiungere agli albumi montati la farina di mandorle e gli amidi setacciati con il lievito, mescolando dal basso verso l'alto. Versare il burro, l'olio e, infine, aggiungere il patè di olive verdi, ottenuto frullando le olive snocciolate, fino a ridurle in crema. Distribuire l'impasto in uno stampo di silicone a semisfere da 3 cm e infornare a 180 gradi per 10-15 min. Una volta cotte e freddate, togliere le semisfere dallo stampo e infilzarle su uno stecchino, insieme ad un dadino di Red Leicester.