giovedì 27 febbraio 2014

L'imprinting


Del, a dir poco, "problematico" rapporto di mia suocera con la cucina, ho già parlato qui. E mio marito mi racconta di aver capito molto presto che, a casa sua, si mangiava male. Per questo motivo, a 5 anni, ogni volta che poteva, "scappava" da un amichetto, la cui famiglia era originaria di Cesena. A quei tempi, famiglia allargata non significava includere nel nucleo familiare figli di matrimoni diversi, bensì avere in casa nonni e zie zitelle. Infatti, la famiglia dell'amichetto di mio marito comprendeva una nonna ed una zia, che, da brave romagnole, tiravano la soglia con grande perizia. Queste "fughe" di mio marito, allo scopo, non solo di giocare con un coetaneo, ma anche di farsi invitare a pranzo, hanno avuto come conseguenza che il mio consorte è rimasto , da allora e per sempre, fissato con la pasta all'uovo, ripiena e non. Un vero e proprio imprinting, proprio come i pulcini di Konrad Lorenz.
A me, ovviamente, la pasta all'uovo piace, ma trovo che, specie se fresca, richieda più condimento della pasta senza uovo e, quindi, tendo a non farla spessissimo, sicuramente meno di frequente di quanto vorrebbe lui. 
E' successo che, guardando Masterchef, mio marito abbia scoperto l'esistenza dello "scrigno di Venere" e sia rimasto folgorato. Potevo non farglielo? Tanto più che gli impongo la visione di un programma che, di certo, lui non sceglierebbe?
Tra l'altro, nel freezer, avevo una porzione di tortellini, avanzati da  Natale (ricetta di Stefania Degli Esposti) ed anche del ragù bolognese, per cui, alla fine, si è trattato di impastare un po' di brisè, fare un po' di bechamel, assemblare e via. Sinceramente, mi aspettavo un "mappazzone", invece, è venuta fuori una cosa saporitissima, con una bella crosta croccante. Certo non è un piatto da tutti i giorni, ma, semel in anno e servito come piatto unico, rende felice un marito! Penso, quindi, che valga la pena pubblicare questa ricetta, che, per noi, ha rappresentato una piacevole scoperta.

Scrigno di Venere

Per i tortellini

Farina                                 100 g
Uovo                                  1
Mortadella                         50 g 
 Prosciutto crudo               50 g
Parmigiano reggiano         60 g
Uovo                                  1
Noce moscata
Sale

Impastare la farina con l'uovo, formare una palla, avvolgere nella pellicola e fa riposare mezz'ora.  Stendere la sfoglia sottile,, ritagliare dei quadratini e poggiare su ognuno una pallina di ripieno, ottenuto tritando assieme le carni, aggiungendo sale, noce moscata e l'uovo. Chiudere i tortellini.

Per il ragù bolognese

Cipolla                           1
Carota                            1
Sedano                           1 gambo
Carne trita                      200 g
Passata di pomodoro     100 ml
Olio evo                         1 cucchiaio
Burro                              40 g
Vino bianco                   50 ml
Sale 

Tritare le verdure e farle rosolare dolcemente nei grassi, sfumando con metà del vino. Quando le verdure saranno ben rosolate, aggiungere la carne, farla rosolare, sfumare col resto del vino e, quando questo è evaporato, aggiungere il pomodoro. Proseguire la cottura a fuoco lentissimo per 2-3 ore.

Per la brisè

Farina                                100 g
Burro                                 50 g
Acqua                                30 ml
Sale               

Impastare velocemente gli ingredienti, fare una palla, avvolgere in pellicola e far riposare in frigo per mezz'ora.

Assemblaggio

Stendere la brisè e rivestire una teglia. Lessare i tortellini e condirli con la bechamel, il ragù ed una spolverata di parmigiano grattugiato. Mettere i tortellini nella teglia, ribaltare i lembi della brisè, in modo da chiudere dentro il ripieno e tagliando via gli eccessi di pasta. Spennellare con un tuorlo d'uovo sbattuto ed infornare a 180 gradi.











lunedì 24 febbraio 2014

Un dolce risveglio

Le scorze di arance candite che ho pubblicato qui sono così buone, che non ce l'ho fatta ad aspettare il momento di preparare le pastiere per utilizzarle. Mi sono ricordata che, al "famoso" corso con Giorilli, il Maestro aveva preparato delle treccine profumate con i canditi, che sembravano perfette per "mettere alla prova" i miei canditi casalinghi. Tra l'altro, da quando mi hanno fatto scoprire l'utilizzo del burro bavarese, la sfogliatura non mi dà più nessun problema e, quindi, mi son lanciata. L'unica modifica- se così si può chiamare- che ho apportato è stata sostituire il limone candito, che non avevo (sarà mica il caso di rimediare?...), con della buccia di limone grattugiata.

Brioche ai profumi di Giorilli

Per la sfogliatura

Burro                                        150 g
Scorze d'arancia candite          20 g
Zenzero candito                       20 g
Limone candito                        20 g

Tagliare il burro a fettine e metterle affiancate su un foglio di carta forno, formando un rettangolo. Frullare i canditi, in modo da ottenere una pasta, che andrà spalmata sul burro. Coprire con un altro foglio di carta forno e, col matterello, formare un rettangolo sottile di burro, che andrà riposto in frigo.

Per l'impasto

Farina W 300                              500 g
Uova                                           110 g
Burro                                          110 g
Zucchero                                    50 g
Lievito di birra                           20 g
Latte                                           200 ml
Sale                                           10 g

Impastare farina, lievito e latte; dopo qualche minuto, aggiungere il sale e le uova e fare incordare. A questo punto, aggiungere lo zucchero e, poco alla volta, il burro. Controllare con un termometro che la temperatura non superi i 24 gradi. L'impasto può essere preparato il giorno prima e conservato a 4 gradi, oppure, se si intende completare la preparazione in giornata, lo si lascia lievitare per 2 ore a temperatura ambiente, dopodiché andrà trasferito in frigo per un' ora ( è importante che, al momento della sfogliatura, il burro aromatizzato e l'impasto siano alla stessa temperatura. Stendere l'impasto in un rettangolo, adagiarvi la lamina di burro aromatizzato e dare due giri di pieghe a 3 (sequenza fotografica qui). Mettere in frigo per 30 minuti e dare ancora un giro di pieghe a 3. 
Stendere la pasta, tagliare dei rettangoli e praticarvi una lunga incisione al centro. 




Prendere le due estremità del rettangolo e farle passare nel taglio, tirando leggermente verso l'esterno, ottenendo così l'effetto "treccia". Spennellare le treccine con tuorlo d'uovo e far lievitare per 70 minuti a 27 gradi. Spennellare ancora con l'uovo, immediatamente prima di infornare a 200 gradi per 15 minuti. 




Coprire con l'alluminio, nel caso, in cottura, tendessero a scurirsi troppo. Una volta cotte, si possono spennellare con uno sciroppo fatto con 50% acqua e 50% zucchero, aromatizzato con scorze di agrumi (io non l'ho fatto, ma Giorilli, al corso, lo fece).


giovedì 20 febbraio 2014

Candire il sole


Io, purtroppo, non sono una persona ordinata, tranne quando cucino. In quel caso, creo il minor caos possibile, mettendo immediatamente via o in lavastoviglie tutto quello che uso, appena non mi serve più. La mia indole, però, viene fuori quando, apportando modifiche ad una ricetta, tralascio di annotarmele, col risultato che, se provo a rifarla, non mi ricordo più cosa avevo modificato. Da questo punto di vista, il blog rappresenta per me, tra le altre cose, un archivio dove tenere ordine tra le ricette ed appuntare le mie personali variazioni. 
Per cui, anche se di ricette per fare le scorzette d'arancia candite pullula il web, mi appunto qui gli "aggiustamenti" che ho dovuto fare per ottenere un risultato che mi soddisfacesse appieno.
Il processo di canditura, essenzialmente, consiste nell'immergere la frutta in sciroppi di zucchero, a concentrazione crescente, permettendo allo zucchero di penetrare nella frutta stessa. Il processo andrebbe seguito con l'aiuto di speciali rifrattometri, che permettono di misurare con esattezza la concentrazione degli sciroppi. Poiché, difficilmente, nelle nostre case, è possibile ritrovare questo strumento, è necessario ricorrere a sitemi più approssimativi, ma alla portata di tutti.
Ricordo che, anni fa, avevo provato a candire dei cedri, seguendo una ricetta riportata su Il Talismano della Felicità, utilizzando  la tabella, che riporta i quantitativi di acqua e zucchero, corrispondenti ad un certo grado di densità (gradi Bè) dello sciroppo stesso

Grado sciropp- acqua in gr.-zucchero gr.


La cosa era stata abbastanza impegnativa e, anche se, al momento, m'era parso che il risultato fosse stato buono, dopo qualche settimana, i miei canditi ammuffirono... Per questo, da allora, non mi ero più cimentata.
Poi, però, mi è capitato di vedere qui delle scorze d'arancia candite preparate con un procedimento molto semplificato rispetto a quello che avevo usato per i cedri. La fonte era affidabilissima, le foto invoglianti...ho deciso di riprovarci.
Essendo una prova, ho cominciato con due arance. Le ho lavate molto bene e, per buona misura, le ho passate con uno straccetto  bagnato nell'alcool per liquori. Le ho sbucciate, ho pesato le bucce e le ho tuffate per pochi minuti in acqua bollente. Le ho scolate ed ho ripetuto la sbianchitura per altre due volte, cambiando, ovviamente, l'acqua. Ho disposto le scorze in un largo tegame, insieme al doppio del peso delle scorze di zucchero ed al doppio del peso di acqua (i.e. 250 g di scorze + 500 g di zucchero + 500 g di acqua) e a due cucchiai di glucosio e ad un cucchiaino di succo di limone per impedire la cristallizzazione dello zucchero. Ho messo il tegame su un fuoco lento, ed ho fatto sobbollire per qualche minuto. A questo punto, ho spento il fuoco. Per quattro giorni e per quattro volte ogni giorno, ho ripetuto questo passaggio: mettere il tegame sul fuoco, far sobbollire per qualche minuto e poi spegnere. In questo modo, la concentrazione dello zucchero, man mano che l'acqua evapora, aumenta. Tutto esattamente come riportato da Teresa. Di sicuro avrò sbagliato qualcosa io, ma sta di fatto che, al terzo giorno, lo sciroppo si era molto (troppo!) ridotto di volume e, francamente, a me le scorze sembravano pronte. Tuttavia, ho voluto, per una volta, seguire fino in fondo la ricetta originale, trovandomene però pentita, perché lo zucchero ha finito con il cristallizzarsi. Per carità, buone erano buone, ma non ero soddisfatta. Per questo motivo, ho voluto fare un'altra prova, stavolta fidandomi un po' di più del mio discernimento. Tanto per cominciare, le scorze le ho pesate dopo cotte e vi ho aggiunto l' 1,5 del peso di acqua e zucchero (250 g di scorze + 375 di zucchero + 375 di acqua), ottenendo così un volume maggiore di sciroppo. Al momento di aggiungere il glucosio, mi sono accorta che, nel barattolo, non ce n'era abbastanza. Benché, ormai, il glucosio si riesca a trovare molto più facilmente di un tempo, comunque non si trova esattamente sugli scaffali di qualunque supermercato e, per procurarmelo, devo rivolgermi ad un venditore di prodotti per pasticceria, che non è molto vicino a casa mia. Quindi, visto che Teresa dice che si può sostituire col miele, ho aggiunto allo sciroppo metà glucosio e metà miele. L'altra differenza è stata che mi son fermata al terzo giorno. Risultato eccellente, così tanto che, rivestite di cioccolato fondente, son finite in quattro e quattr'otto. M'è toccato rifarle ancora una volta... E stavolta, poiché ancora non ho trovato il tempo di passare dal "pusher" per pasticceri, niente glucosio, ma solo miele. E direi che sia andata bene comunque. 
Mi sa che, quest'anno, nelle pastiere metterò solo le mie scorzette home made, anziché il misto di canditi, che utilizzo di solito.







lunedì 17 febbraio 2014

Scivolando verso Sud

Dopo aver preparato per l'MTC lo strudel dolce, non potevo mancare all'appuntamento con la versione salata, più propriamente detta strucolo. E, visto che, già con quello dolce, mi ero "spostata" ai Tropici, ho deciso di rimanere a Sud e preparare uno strucolo con sapori e prodotti tipici delle mie parti, scegliendo con molta cura gli ingredienti.
Ho iniziato aggiungendo dell'origano profumatissimo nell'impasto. 
Per il ripieno, ho usato una cremosa ricotta di bufala, mescolata con la polvere di pomodori secchi, che avevo preparato l'estate scorsa, tenendo in forno a 70 gradi, per circa 7 ore, dei pomodorini del Vesuvio, tagliati a metà e privati dei semi. Al momento di aggiungerli alla ricotta, li ho frullati, in modo da ottenere una polvere. 
Altro elemento che si ritrova spesso nella cucina meridionale è il pane tostato nell'olio (e non nel burro), quella che, in Sicilia, chiamano "muddica atturrata" e che è conosciuta anche come "parmigiano dei poveri".
Una sferzata di sapore, poi, l'hanno data le olive di Gaeta, e le alici di Menaica (presidio Slow Food), una produzione locale così limitata, che è difficile trovarle lontano dal Cilento. Quanto alla salsa, le olive "chiamano" i capperi ed io le ho accontentate. Poteva, poi, mancare un tocco di peperoncino o uno spicchio d'aglio? Ovviamente, no...Insomma, più mediterraneo ed intenso di così non sarebbe stato possibile.


Strucolo mediterraneo

Per la pasta

Farina                    150 g
Acqua                    50 g + 1 cucchiaio
Olio evo                 1 cucchiaio
Origano                  2 cucchiaini
Sale                       1 pizzico


Impastare tutti gli ingredienti ( io ho dovuto aggiungere un cucchiaio d'acqua in più, rispetto alla quantità indicata da Mari), formare una palla, avvolgere nella pellicola e far riposare almeno mezz'ora.

Per il ripieno

Ricotta di bufala          300 g 
Polvere di pomodori    2 cucchiaini
Albume                      1
Olive di Gaeta             70 g
Alici di Menaica         6-7 filetti
Pan grattato               3 cucchiai
Olio evo                    2 cucchiai
Sale

Setacciare la ricotta, aggiungervi la polvere di pomodori, l'albume e il sale (poco perché il ripieno è saporito ed anche la salsa) ed amalgamare il tutto. Mettere l'olio in un padellino e farvi tostare il pan grattato, mescolando continuamente.
Infarinare un tovagliolo bianco (lavato con sapone neutro e risciacquato ripetutamente) e stendervi la pasta col matterello, formando un quadrato.


Distribuirvi sopra il pane tostato nell'olio.

Distribuire sul pane la ricotta, le olive snocciolate ed i filetti di alici spezzettati.

Aiutandosi col tovagliolo, arrotolare l'impasto, formando un salsicciotto, che andrà legato alle estremità e al centro con spago da cucina.



Riempire una casseruola ovale di acqua, aggiungervi un po' di sale (sempre in quantità moderata) e metterla sul fuoco. Quando l'acqua bolle, immergervi lo strucolo e farlo cuocere per circa mezz'ora. Trascorso questo tempo, sgocciolare lo strucolo, liberarlo dal tovagliolo, tagliarlo a fette un po' spesse e servirlo accompagnato dalla salsa.

Per la salsa

Capperi sotto sale              2 cucchiai
Aglio                                1 spicchio
Peperoncino                     1
Olio evo                           2 cucchiai

Mettere i capperi in acqua abbondante per circa mezz'ora, cambiando l'acqua un paio di volte. Sgocciolare i capperi e frullarli insieme agli altri ingredienti. Consiglio di preparare la salsa all'ultimo momento. Io non l'ho fatto, col risultato che l'emulsione si è un po' persa e l'olio tendeva a separarsi dal resto.







venerdì 14 febbraio 2014

Fuori stagione

A maggio, faccio sempre grandi scorte di fragole da congelare, perché, in estate, faccio spessissimo dei sorbetti, semplicemente frullando le fragole semi congelate con un po' di succo d'arancia: un dessert fresco e veloce. E' capitato, però, che, l'altro giorno, facendo un po' l'inventario di quel che ho nel freezer, è spuntato fuori un sacchettino dimenticato con una decina di fragole, poche, troppo poche persino per un sorbetto di fine inverno. Ho pensato, quindi, di usarle come "complemento" ad una bavarese al cioccolato bianco. L'abbinamento si è rivelato felice, perché l'acidulo della fragola ha smorzato la stucchevolezza del cioccolato bianco. La ricetta della bavarese l'ho presa dal blog di Pinella, riducendo le dosi, in modo da ottenere due bicchierini.
Con questa ricetta partecipo al Glu-(Fri)-Day.

Bavarese al cioccolato bianco (x 2)

Per il budino di fragole, frullare le fragole e passare il frullato con un colino, per eliminare i semini. Pesare 60 g di polpa, aggiungere 4 g di maizena e 10 g di zucchero, stemperando bene il tutto. Mettere il pentolino sul fuoco e cuocere a fuoco lento, finché il composto si addensa. Versarlo nei bicchierini e farlo rassodare in frigo.

Per la bavarese

Tuorlo                       20 g
Latte                         50 ml
Cioccolato bianco      25 g
Gelatina in fogli        1,7 g
Panna                      155 ml
Zucchero                  20 g

Con il latte ed il tuorlo preparare una crema inglese, controllando che la temperatura non superi gli 82 gradi. Fuori dal fuoco, aggiungere il cioccolato ridotto in scaglie e la gelatina ammollata in acqua fredda e ben strizzata. Mentre la crema si raffredda, semimontare la panna. Pinella non usa zucchero, ma a me è parso il caso di aggiungercene un po'. Aggiungere la crema inglese alla panna, incorporandola delicatamente, con movimenti dal basso verso l'alto. Distribuire il composto nei bicchierini, stratificandolo sul budino alle fragole. Mettere in frigo per almeno un paio d'ore.






giovedì 13 febbraio 2014

Eccesso di produzione

Mi rendo conto che, ultimamente, sto pubblicando soprattutto ricette di dolci, nonostante io mi reputi un po' più capace con i salati. Questo avviene perché, da un lato, voglio migliorare le mie doti di pasticciera (vedi le sperimentazioni con le ricette di Hermè), dall'altro, i dolci son più facili da "smistare". Essendo in due in casa, diventa difficile consumare tutto quello che produco e, allora, lo regalo in giro, ma, di certo, è più facile regalare dei cioccolatini o una torta che non uno spezzatino. 
Quando ho visto, sul sito di Martha Stewart queste madeleins profumate, non ho resistito e, dal momento che avevo in casa tutto il necessario, mi sono immediatamente trasferita in cucina per prepararle. Anche riducendo le dosi, ne son venute fuori un bel po', per cui ne abbiamo assaggiate 3 o 4 a testa e, benché la tentazione di finirle fosse forte, da tanto che erano buone,  il resto è finito in ufficio da mio marito.

Madeleins arancia-cardamomo

Burro                             56 g
Miele                            1/2 cucchiaio
Farina                           49 g
Lievito                         1/2 cucchiaino
Cardamomo                 1/2 cucchiaino
Zucchero                      25 g
Uovo                            1
Zucchero                      45 g
Lievito                         1/2 cucchiaino
Arancia                        1
Estratto di vainiglia     1/2 cucchiaino
Sale

Sciogliere il burro nel microonde e aggiungervi il miele e l'estratto di vainiglia. 
In una ciotola, setacciare la farina con il lievito chimico ed il sale; aggiungervi i semini di cardamomo ridotti in polvere (ho usato la quantità di cardamomo indicata nella ricetta, ma credo che, la prossima volta la aumenterò un po', perché mi piace che il cardamomo si senta di più, ma son gusti personali). Mescolare l'uovo con i 25 g di zucchero ed aggiungere, un po' alla volta, la farina. Aggiungere il burro, amalgamare bene, coprire con pellicola e mettere in frigo per 30 minuti. Riscaldare il forno a 180 gradi.
Distribuire il composto nell'apposito stampo per madeleins (imburrato, se non avete quello in silicone), non riempiendolo completamente. Battere lo stampo sul piano di lavoro per far uscire le bolle d'aria ed infornare per 7-8 minuti, finché saranno dorate. Le mie hanno forse cotto un minuto di troppo, quindi tenetele d'occhio mentre cuociono, perché, come ben sappiamo, non tutti i forni si comportano allo stesso modo.
Preparare la glassa all'arancia mescolando i 45 g di zucchero, la buccia grattugiata dell'arancia ed un cucchiaio di succo d'arancia, ottenendo una glassa liscia, densa ed opaca. Spennellare le madeleins con questa glassa e farla asciugare. Martha dice che si possono conservare in una scatola di latta fino a 3 giorni. Ma mi sembra un consiglio superfluo: finiranno molto prima...




lunedì 10 febbraio 2014

Anathema sit!

Avevo già parlato qui del fatto che lo strudel è l'unico dolce della tradizione austriaca che mi piaccia veramente.  Così tanto che, quando ho letto che lo strudel sarebbe stato l'argomento della sfida dell' MTC di febbraio, il primo impulso è stato quello di replicare la ricetta proposta da Mari tal quale. Epperò... quando si tratta di MTC, alla fine, la tentazione del "famolo strano" ha il sopravvento. E, stavolta, l'ho fatto proprio strano, al limite dell'eretico. Si, perché, quando si pensa allo strudel, o ci si immagina seduti in un caffè tutto stucchi dorati e specchi, come Demel a Vienna o il New York Cafè a Budapest, 


oppure in una baita tirolese, mentre le neve scende fuori e noi ci riscaldiamo con una fetta di strudel ed un bicchiere di Gluhwein (la versione austriaca del vin brulè). 
Di certo non ci si immagina su una spiaggia caraibica... Ed io, invece, proprio quella ho immaginato. 
I puristi mi perdoneranno, ma, per citare Massimo Bottura (mica pizza e fichi, direbbero a Roma), "In fondo, una ricetta tradizionale è solo un'innovazione che ha avuto successo".
Un ripieno, quindi, di frutta tropicale: ananas, cocco e, come nota croccante, arachidi. 
Per sbucciare l'ananas, nessun problema: tra le millemila caccavelle, possiedo quella adatta

Più complessa è stata la questione cocco. Il primo passaggio è stato facile: armata di cacciavite e martello, ho forato i 3 "occhi" che si trovano ad uno dei poli della noce ed ho fatto uscire il latte contenuto all'interno. Quando, però, si è trattato di rompere la noce per estrarne la polpa, sono iniziate le difficoltà. Avvilita, mi sono rivolta a San Google: "come rompere una noce di cocco". Il primo risultato della ricerca è stato un video su Youtube, che mostrava come rompere il cocco, mettendo la noce in un sacchetto di plastica e facendola poi cadere dal quarto piano... Per un attimo, ho considerato la possibilità di seguire il consiglio e lanciare l'ostico frutto nella tromba delle scale, poi ho pensato che gli inquilini del pian terreno si sarebbero presi un colpo ed ho desistito... Il consiglio successivo sembrava più sensato: mettere il cocco nel forno a 90 gradi per 15 minuti. Ha funzionato! Lo choc termico ha fatto si che un colpo ben assestato col martello all'equatore della noce l'aprisse in due, senza problemi. E' iniziata, poi, la laboriosa operazione del distacco della polpa dal guscio. 
Lo so, lo so, qualcuno si starà chiedendo: "ma non facevi prima a pelare due mele?"... Ma l'essenza dell'MTC è proprio andare oltre, sfidare innanzitutto se stessi, no? E, poi, anche se ieri è stata una giornata grigia, piovosa e ventosa, con una fettina di questo dolce, ci siamo sentiti ai Tropici.

Strudel tropicale

La sera prima, preparare uno sciroppo con 250 ml di acqua, 150 g di zucchero ed un pezzo di zenzero grattugiato. Mettere sul fuoco e, quando lo zucchero si è sciolto, spegnere ed immergere nello sciroppo  un ananas pelato e tagliarlo a fette. Mettere in frigo per tutta la notte.
Il mattino dopo, sgocciolare l'ananas dallo sciroppo e metterlo in una terrina con 4 cucchiai di rum e la buccia grattugiata di un lime. Preparare la pasta.

Per la pasta

Farina 00                   150 g
Acqua tiepida            100 ml
Olio evo                    1 cucchiaio   
Sale                           1 pizzico   

Impastare tutti gli ingredienti, formare una palla e metterla a riposare. Per il riposo, ho seguito il consiglio di una bravissima amica triestina: ho coperto l'impasto con una pentola arroventata sul fuoco e l'ho lasciato lì per mezz'ora.

Per il ripieno

Burro                           30 g                     
Pan grattato                 50 g
Ananas                        1
Noce di cocco             1/2
Lime                            4
Arachidi                      80 g  
Zucchero di canna      3 cucchiai
Rum                            4 cucchiai

Sciogliere il burro in un padellino  insieme alla buccia grattugiata di un lime. Quando il burro è sciolto, aggiungervi il pangrattato e farlo tostare. 
Stendere sul piano di lavoro una tovaglia bianca, lavata con sapone neutro, spolverizzarla di farina, poggiarvi la pasta, schiacciarla un po' ed iniziare a stenderla col matterello, formando un quadrato. L'ultima fase della stesura prevede che si infilino i pugni sotto il quadrato di pasta e si inizi delicatamente ad allargarla, in modo da ottenere una sfoglia sottilissima, senza romperla (e questo  è senz'altro il passaggio più difficile). In Tirolo, si dice che una ragazza sarà una brava moglie, se è capace di tirare una sfoglia così sottile e trasparente da poterci leggere attraverso.
Una volta ottenuta una sfoglia dello spessore desiderato, distribuirvi sopra il pangrattato, l'ananas sgocciolato, la polpa grattugiata di mezzo cocco, le arachidi, lo zucchero di canna e la buccia grattugiata di un lime. Aiutandosi con la tovaglia, cominciare ad arrotolare l'impasto sul ripieno. Dopo i primi due giri, ripiegare anche i due lembi laterali e continuare ad arrotolare, fino ad ottenere un cilindro.





Spennellare con un tuorlo d'uovo ed infornare a 180 gradi, per circa 40 minuti.

Come accompagnamento, ho preparato un lime curd ed una salsa cocco ananas.

Lime curd

Succo di lime          52 g
Uovo                      1
Zucchero                70 g
Burro                     62 g

Mettere in un pentolino il succo di lime, l'uovo e lo zucchero ed amalgamare il tutto. Girando continuamente con una frusta, portare ad 80 gradi. Fuori dal fuoco, aggiungere gradatamente il burro a pezzetti a la buccia grattugiata di un lime. Coprire con pellicola a contatto e, una volta freddo, conservare in frigo.

Salsa cocco ananas

Latte di cocco         100 ml
Sciroppo di ananas  100 ml
Maizena                  25 g
Zucchero                25 g

Dopo averlo filtrato, far bollire lo sciroppo di marinatura dell'ananas, fino a ridurlo a 100 ml. Mescolarlo al latte di cocco, stemperarvi la Maizena e lo zucchero, porre su fuoco dolce, e, sempre girando, cuocere finché la salsa si sarà addensata.






giovedì 6 febbraio 2014

Prove tecniche


Si sta avvicinando il momento di un altro festeggiamento familiare ed io sto cominciando a pensare a cosa preparare. Di solito, sono abbastanza incosciente da preparare in prima battuta anche cose mai fatte in precedenza. Stavolta, però, ho voluto fare una prova prima.
Avevo già parlato qui dell'ammirazione per gli intrecci diffusi nella cucina dell'Est europeo e della mia intenzione di riprovarci. Nella fattispecie, ho pensato che questo fosse un modo carino per presentare una torta salata. E così, ieri, mi è scattata la voglia di mettermi all'opera con quello che avevo a disposizione in casa: salsiccia e friarielli, quanto di più partenopeo si possa immaginare.
Per la pasta, ho usato questa ricetta, riducendo i quantitativi di 1/3, perché, qui, sempre in due siamo...
Si stende un disco di pasta e si forma un anello di verdura, poggiandovi sopra fettine di salsiccia e dadini di fiordilatte. Al centro, con gli stessi ingredienti, si forma una cupoletta. Si stende un altro disco di pasta, leggermente più grande dell'altro e lo si poggia sul precedente. Si poggia sopra un bicchiere, in modo da delineare la sagoma della cupoletta centrale. Si sigillano i due dischi, premendo con i rebbi di una forchetta.  Spennellare con un tuorlo e distribuire al centro dei semi di sesamo. Con un coltellino affilato, si tagliano degli spicchi, senza arrivare fino al centro e li si torce su se stessi. Infornare a 180 gradi per 30-40 minuti.
Considerazioni: sapore ottimo, estetica perfettibile. Credo, innanzitutto, che questa sia una preparazione che venga meglio se fatta di dimensioni maggiori. In secondo luogo, avrei dovuto fare un anello di ripieno più grosso, in modo che i "petali" risultassero più cicciotti. Insomma, mi sa che la prova preventiva sia stata opportuna... 














martedì 4 febbraio 2014

Il gusto della semplicità


La crostata di ricotta e visciole è uno dei fiori all'occhiello della cucina giudaico-romenesca. Mi dicono che, nel cuore dell'antico ghetto di Roma, al Portico d'Ottavia, c'è un forno famoso proprio per questa crostata. La ricetta, come sempre in questi casi, è segreta, ma ne circolano diverse versioni, tutte piuttosto simili, anche perché si tratta di un dolce semplice. Immagino che la differenza la faccia un aroma, una sfumatura di sapore, ma credo che, usando ingredienti di prima qualità, si possa ottenere un buon risultato.
Di questo dolce, nel 2011, preparai 100 monoporzioni, in occasione di una delle cene dei Cuochi q.b. Dopo di allora, non mi è più capitato di farla, ma, quando la settimana scorsa, mia nipote mi ha chiesto di farle una crostata, ho pensato che questa fosse l'occasione giusta per riproporla.
Due note:
a) qui da noi le visciole non sanno nemmeno cosa siano, però avevo la mia confettura di amarene, che delle visciole sono parenti strette, preparata a giugno ed ho pensato che utilizzarla fosse sempre una scelta migliore, rispetto a quella di usare una confettura comprata;
b) una delle ricette più citata sul web è quella di Laura Ravaioli; in essa, la famosa chef impiega della sambuca, che è un liquore che, a me, proprio non piace; anche in questo caso, ho preferito rivolgermi all'home made, usando il mio liquore di albicocche, che, col suo retrogusto lievemente mandorlato, mi sembrava si sposasse bene col resto.


Crostata di ricotta e visciole (amarene)

Per la pasta frolla

Farina 00                   520 g
Burro                         240 g
Uova                          2
Tuorli                        2
Zucchero                   240
Sale
Limone                      1

Impastare velocemente la farina con il burro a pezzetti, lo zucchero, il sale e la buccia di limone, ottenendo un composto sabbioso. Aggiungere le uova, lavorare velocemente, appiattire il composto, avvolgerlo nella pellicola e mettere in frigo per almeno mezz'ora.

Per il ripieno

Ricotta                          600 g
Zucchero                      180 g
Confettura amarene     250 g
Uovo                             1 + 1 tuorlo
Liquore di albicocche  4 cucchiai

Setacciare la ricotta e lavorarla con le fruste, aggiungendo lo zucchero, l'uovo intero ed il liquore.
Stendere 2/3  della pastafrolla e, con essa, rivestire uno stampo (con queste dosi, io ho preparato una crostata da 24 cm ed una da 13 cm). Distribuire sul fondo la confettura e coprire con la crema di ricotta. Stendere la pasta frolla rimanente e, con essa, ricoprire il dolce. Fare un piccolo foro nel coperchio di frolla, per permettere all'umidità di uscire. Spennellare la crostata col tuorlo ed infornare a 180 gradi, nella parte bassa del forno, per 30-40 minuti.