giovedì 28 maggio 2015

Pomodori rossi fritti


Io friggo piuttosto di rado, tant'è che la friggitrice la tiro fuori solo a Natale, in occasione degli struffoli e il contenitore in cui verso l'olio usato ci mette dei mesi a riempirsi. 
L'altro giorno, però, stavo sfogliando vecchi numeri de La Cucina Italiana in cerca d'ispirazione e mi sono imbattuta in una ricetta semplice, ma che mi sembrava molto promettente: i pomodori in carrozza.  La ricetta è così facile che non serve nemmeno dare dosi precise.

Pomodori in carrozza

Il giorno prima, si prende del fior di latte, lo si taglia a pezzi e lo si mette in frigo a scolare dentro un colino.
Si prendono dei pomodori maturi (io ne ho usati di due tipi: più grandi possono essere usati come contorno, più piccoli vanno benissimo come finger food) e si tagliano a fette di 3-4 mm di spessore; salare leggermente. La ricetta della rivista prevedeva solo l'abbinamento fior di latte e prosciutto (vabbé, loro sono nordici e parlano sempre e comunque di mozzarella, mentre, per noi, la mozzarella è solo quella di bufala, quella vaccina si chiama fior di latte; dirò di più: una volta, questa era una distinzione merceologica precisa, obbligatoria in tutta Italia ed è stata una significativa vittoria dei caseifici industriali del Nord riuscire ad ottenere che anche un latticino fatto con latte di mucca potesse fregiarsi del titolo di mozzarella...) io, invece, ho aggiunto qualche variante. 
In pratica, ho messo delle fettine di fior di latte su metà delle fette di pomodoro e, ad alcune ho aggiunto prosciutto cotto tagliato un po' spesso, ad altre un trito di acciughe e capperi e ad altre un po' di pesto. A questo punto, si completano i "sandwich" con le altre fette di pomodoro e si passano prima nella farina, poi nell'uovo sbattuto e, infine, nel pan grattato, insistendo particolarmente nel rivestire bene i bordi. Si friggono in olio profondo. 
Insomma, semel in anno, ci si può anche concedere un fritto, se è buono come questo. E, poi, i pomodori sono verdura, no?...






lunedì 25 maggio 2015

Una torta solare


La percoca è una varietà di pesca gialla molto cara a noi napoletani. Una brocca di vino bianco freddo, con dentro pezzi di percoca rappresenta, per noi, un accompagnamento pressoché imprescindibile delle tavole estive. A casa mia, poi, quando ero bambina, questo significava percoche e vino prodotti entrambi da mia nonna. E pazienza se quel vino aveva un gusto un tantino solforoso: noi, allora, non avevamo un palato enologicamente educato e non ci facevamo caso. Nel caso ve lo steste chiedendo, si, quand'ero bambina, nessuno ci trovava nulla di strano nel fatto che anche io assaggiassi un po' di vino e, visto che non sono diventata un'alcoolizzata, direi che la cosa non mi abbia recato gran danno.
L'anno scorso, a fine estate, ho preparato un paio di barattoli di percoche sciroppate, seguendo al ricetta trovata qui.

Percoche sciroppate

Percoche                         2 k
Zucchero                        500 g
Limoni                           2

Mettere sul fuoco una pentola con 3 l d'acqua e portarla a bollore; a questo punto, tuffare le percoche ben lavate e farle cuocere per circa 3 minuti. Scolarle e, appena si sono un po' raffreddate, sbucciarle e tagliarle in 4, eliminando il nocciolo. Intanto, preparare uno sciroppo con 1 l d'acqua, lo zucchero ed il succo di limone. Mettere i quarti di percoca dentro dei barattoli sterilizzati, compattandoli il più possibile. Ricoprire completamente con lo sciroppo a t.a. Chiudere i barattoli, avvolgerli ad uno ad uno con dei canovacci e metterli in una grande pentola; coprirli d'acqua e mettere la pentola sul fuoco, cuocendo per 20 minuti, dall'inizio del bollore. Lasciare i barattoli nella pentola fino a raffreddamento.

Ho utilizzato queste percoche per fare una cheese cake. La ricetta che ho seguito è stata, sostanzialmente, questa. Quel che ho fatto di diverso è stato prendere 100 g dello sciroppo delle percoche, aggiungervi un paio di cucchiai di zucchero e dei rametti di timo limonato e farlo restringere sul fuoco, prima di unirlo, una volta filtrato, alla crema di formaggio. Una volta sfornata la torta, ho affettato le percoche sciroppate, le ho disposte a raggiera sulla superficie e le ho spennellate con gelatina neutra.



venerdì 22 maggio 2015

Peperone amore mio

Queste prime settimane di maggio mi hanno vista fare la trottola: la Comunione di una nipotina a Milano, qualche giorno a Vienna da mia figlia, per cui temevo proprio di non riuscire a presentare un' altra ricetta per l'MTC n. 48.
Per fortuna, lo slittamento a giugno di un impegno che mi avrebbe tenuta in cucina per buona parte di questa settimana  mi ha improvvisamente "liberata". Ne sono stata ben felice, perché mi sarebbe dispiaciuto non dare adeguata soddisfazione a Paola, il nostro terzo giudice. 
L'ispirazione mi è venuta dai sapori della bagna cauda: peperoni, acciughe ed aglio. Avevo un unico timore: che i peperoni , con il loro gusto deciso, potessero avere il sopravvento, invece, sono riuscita a trovare un giusto equilibrio, che ha permesso a tutti gli ingredienti di amalgamarsi, pur rimanendo ben distinguibili.

Mezze maniche al pomodoro, peperoni ed aglio al forno

Mezze maniche di Gragnano                  220 g
Pomodorini                                             300 g
Peperone                                                 1
Olio evo                                                  2 cucchiai
Burro                                                       1 noce
Acciughe sottolio                                    4 filetti
Aglio                                                       3 spicchi
Sale

Immergere i pomodorini in acqua bollente per qualche minuto; scolarli, spellarli, privarli dei semi e tritarli grossolanamente. Cuocere il peperone nel forno, spellarlo, e privarlo dei semi. Prendere 3 spicchi d'aglio in camicia, avvolgerli nella carta stagnola ed infornarli insieme al peperone. Una volta cotti, sbucciare gli spicchi d'aglio e schiacciarli, in modo da ottenere una crema. Pesare 100 g di peperoni cotti e mondati e frullarli, insieme ad un cucchiaino di pasta d'aglio.
Mettere l'olio in una larga padella e stemperarvi i filetti d'acciuga a fuoco dolce. Aggiungere i pomodorini, il burro e la crema di peperoni e proseguire la cottura per una decina di minuti, a fuoco più vivace. Salare con moderazione, perché le acciughe sono già sapide. Lessare le mezze maniche in acqua bollente salata e scolarle molto al dente; versarle nella padella col sugo e completare la cottura, aggiungendo un mestolo dell'acqua di cottura della pasta.








martedì 19 maggio 2015

Cioccolato & caramello

Amo il caramello salato, per cui, quando, nella mia continua ricerca di biscotti diversi dal solito da inviare ai miei "fans", ho trovato questi non ho potuto resistere e li ho fatti, anche se ero consapevole di non possedere lo stampo adatto ( e ti pareva... millemila stampi e, poi, al momento giusto, te ne manca sempre uno... ). Perché, per questi biscotti, è necessario uno stampo in silicone con "pozzetti" di 4-5 cm di diametro e profondi almeno altrettanto. Anzi, sarebbe meglio che fossero un po' più profondi, in modo che, avendo cura di non riempirli completamente, il caramello che, in cottura, si comporta come lava ribollente, non fuoriesca dallo stampo. 
Poco male: i biscotti son comunque venuti buonissimi.

Biscotti al cioccolato e caramello salato

Per il caramello

Acqua                        50 g
Zucchero                   240 + 80 g
Panna al 50%            180 g
Glucosio sciroppo     75 g
Burro                         30 g
Cioccolato al latte    100 g
Sale                           1/2 cucchiaino

                 
Mettere i 240 g di zucchero, lo sciroppo di glucosio e l'acqua in una pentola e portare ad uno stadio di caramello biondo, senza mai mescolare. Nel frattempo, portare ad ebollizione la panna, col sale e gli 80 g di zucchero; aggiungere il cioccolato tritato ed il burro, mescolando accuratamente. Aggiungere in 2-3 volte il composto di panna e cioccolato al caramello, facendo molta attenzione, perché l'ebollizione violenta potrebbe far fuoriuscire il caramello dalla pentola. Mescolare e versare in un quadro di 20x20 cm leggermente unto e posizionato su un tappetino in silicone. Far raffreddare a temperatura ambiente per un paio d'ore. Tagliare il caramello con un coppapasta rotondo del diametro dello stampo che si andrà ad utilizzare.

Per il biscotto al cioccolato

Cioccolato al latte                        50 g
Burro pomata                               120 g
Uova                                             2
Caramello                                    115 g
Latte intero                                  10 g
Farina 00                                      60 g

Far sciogliere il cioccolato a bagnomaria; quando sarà arrivato ad una temperatura di 35-40 gradi, aggiungervi il burro, mescolando in modo da avere un composto omogeneo. Aggiungere, un po' alla volta, le uova leggermente sbattute. Sciogliere il caramello (utilizzare i ritagli ottenuti usando il coppapasta) con il latte leggermente scaldato ed aggiungerlo al resto. Da ultimo, incorporare la farina setacciata.

Mettere sul fondo degli stampini in silicone un disco di caramello e ricoprirli con il composto del biscotto al cioccolato, aiutandosi con un sac a poche. Infornare a 180 gradi per circa 10 minuti. Far raffreddare per 30 minuti, prima di sformare.








martedì 12 maggio 2015

Il Gatto Mammone

C'era una volta, un generale borbonico, Paolo Avitabile, che, ad un certo punto della sua vita, abbandonò il Regno delle Due Sicilie, per offrire i suoi servigi all'Inghilterra. Nella nuova veste di ufficiale di Sua Maestà Britannica, fu inviato  a prestare servizio in Afghanistan e lì riuscì in un'impresa mai più riuscita a nessuno, nemmeno all'Unione Sovietica o agli Usa: domare le indocili tribù pashtun. E lo fece con mano così pesante, uccidendo e torturando, che, a quanto pare, ancor oggi, le mamme afgane, quando voglio far star buoni i bambini irrequieti, minacciano di chiamare "Abu Tabela"- storpiatura di Avitabile - proprio come le nostre nonne minacciavano di chiamare l'Uomo Nero o il Gatto Mammone.
Una volta congedato, il Duca di Wellington in persona gli fece dono di una sciabola e di un torello, di due vacche gravide e di una vitella, tutti di razza Jersey, dono prezioso, perché, all'epoca, era vietato portare fuori dall'Inghilterra bovini appartenenti a quella razza.


                                         (foto da Wikipedia)

Avitabile tornò nella natia Agerola, cittadina che sovrasta il lato amalfitano della Penisola Sorrentina ed ubicata in una zona così vocata all'allevamento bovino che i suoi rilievi prendono il nome di Monti Lattari. Abbandonato il mestiere delle armi e tornato ad una più tranquilla vita da possidente, Avitabile incrociò i bovini avuti in dono con le razze locali - la Bruna e la Podolica -, ottenendo il primo nucleo di una nuova razza, che, nel 1952, ha ottenuto il riconoscimento ufficiale dal Ministero dell'Agricoltura ed il nome di Agerolese. 
Ed è proprio il latte di queste mucche a rendere così speciali i latticini che provengono da quelle zone, su tutti, il fior di latte ed il provolone del Monaco. Quest'ultimo è un caciocavallo che viene prodotto fin dal '700 e che deve il suo nome al pesante mantello indossato dai pastori, che ricordava la tonaca dei monaci. Lo si può trovare in vendita a vari gradi di stagionatura: da quello più dolce a quello più piccante. Nel 2010 ha ottenuto la DOP. Si tratta, quindi, di un'eccellenza della mia regione, che ho voluto impiegare per una versione dello scarpariello leggermente diversa da quella proposta da Paola, il nostro terzo giudice per questo MTC n. 48.
"Scarparo", in napoletano, significa calzolaio, ciabattino (da qui un bellissimo detto: "si nun sapite fa' 'o scarparo, lassate stà 'e semenzelle", cioè, se non siete ciabattini, non toccate i chiodini piccoli come semi, che vengono usati per riparare le scarpe, invito a non occuparsi di cose di cui non si è esperti, proverbio, quindi, quanto mai attuale in un'epoca come la nostra, in cui ognuno si sente autorizzato ad aprir bocca  su tutto, anche su cose di cui sa poco o nulla). Pare che il nome dato a questo piatto - lo scarpariello - derivi dal fatto che i ciabattini, venendo spesso pagati non con denaro, ma con pezzi di formaggio, lo usassero generosamente per rendere più saporito un semplice piatto di pasta col pomodoro.

Scarpariello dei Monti Lattari

Pomodorini del piennolo            300 g
Provolone del Monaco                50 g
Linguine di Gragnano                 250 g
Olio evo                                      2 cucchiai
Aglio                                           1 spicchio
Basilico
Sale

Rosolare l'aglio nell'olio e aggiungervi i pomodorini. Dal momento che non siamo ancora nella stagione giusta per i pomodori, io ho usato questi ottimi pomodorini vesuviani.


Cuocere il sugo per una decina di minuti, aggiungendo, alla fine, basilico sminuzzato.
Nel frattempo, grattugiare il provolone del monaco e lessare le linguine in acqua bollente salata con moderazione.
Scolare la pasta ben al dente e saltarla in padella, mantecandola col formaggio.





lunedì 4 maggio 2015

Un antipasto primaverile

Quella di oggi non è una vera e propria ricetta: tecnica zero, tutto si regge sugli abbinamenti e sull'equilibrio tra i vari ingredienti.
Ho trovato questi bicchierini su un libro comprato a Parigi (Verrines dreams) e che si è rivelato prezioso in più di un'occasione.
Manco a dirlo, ho fatto qualche cambiamento: 
a) niente coriandolo fresco, perché qui non sanno nemmeno cosa sia;
b) ho aggiunto del cocco rapè, perché il latte di cocco, da solo, non mi sembrava che si avvertisse troppo, laddove è proprio l'abbinamento fave/cocco a rappresentare la marcia in più di questo antipasto;
c) nella ricetta originale, l'aglio viene sbollentato, ma, poiché io, non solo non sono tra coloro che demonizzano questo bulbo, ma, anzi, lo amo, ho ridotto un po' il quantitativo previsto, ma ce l'ho aggiunto crudo tal quale.
Con le dosi indicate, ho ottenuto questi due bicchierini, che, magari, sono un po' abbondanti per un amuse bouche, ma, in ogni caso, non credo se ne possano ricavare più di 3 porzioni. Questo per dire che non è il caso di prepararli quando si hanno 30 persone a cena, perché, tra sgusciare, lessare e sbucciare le fave, ci va un po' di tempo. Tuttavia, per un'occasione più "raccolta", mi sento di consigliarli vivamente, perché son leggeri, gustosi e particolari.
E, poi, come ricordava sempre un mio zio, i Latini, per sottolineare le molteplici virtù di questo legume, dicevano: "Inter legumina, faba"...

Bicchierini di fave al cocco

Fave fresche                       1 k
Brodo vegetale                   500 ml
Latte di cocco                     50 g
Cocco grattugiato               1 cucchiaio
Aglio                                  1/4 di spicchio
Sale
Tabasco
Paprika dolce

Sgusciare le fave e lessarle nel brodo bollente, fino a che saranno tenere. Eliminare la pellicina esterna. Mettere le fave nel boccale del minipimer (tenerne da parte qualcuna per la decorazione), insieme all'aglio, al latte di cocco e al cocco grattugiato e frullare fino ad avere una consistenza cremosa. Aggiungere qualche goccia di Tabasco, regolandosi, a seconda dei gusti. Mettere la crema nei bicchierini, spolverizzare con un pizzico di paprica e decorare con le fave tenute da parte.