mercoledì 26 giugno 2013

Scambi culturali

A maggio ho fatto una cosa che mi ha divertita molto. Una cara amica mi ha chiesto se ero disposta a fare qualche lezione di cucina italiana ad una chef americana, che sarebbe stata a Napoli per tutto il mese. Ovviamente, ho entusiasticamente risposto di si! Già prima del suo arrivo, uno scambio di emails ci aveva portato a circoscrivere il tema delle lezioni alla cucina napoletana. Oddio...non è che la cucina napoletana sia esattamente un argomento "scarno", ma, almeno, abbiamo evitato di disperderci su "tutta" la cucina italiana!
E così le ho mostrato come preparare piatti tradizionalissimi: il ragù in primis, col quale preparare un sontuoso sartù,

 la parmigiana di melanzane, 

gli arancini di riso,

 i peperoni ripieni,

 le zucchine alla scapece,

la pastiera,


 le delizie al limone.

Intanto che io cucinavo, Rachel prendeva appunti e scattava foto. Come dicevo all'inizio, è stata una bellissima esperienza. Rachel ed io ci siamo reciprocamente piaciute subito e la comune passione per la cucina ci ha fatto trovare un facile affiatamento, nonostante lei sia una professionista ed io solo una dilettante. Adesso è tornata nella sua Denver, ma io spero proprio che l'anno prossimo possa tornare, per un altro scambio di esperienze in cucina.

martedì 25 giugno 2013

Dreaming of Mexico

Son stata molto indecisa se pubblicare anche questa insalata, perché mi è venuto il dubbio che potesse non essere del tutto in linea con il tema dell' MTC di questo mese. Inoltre, la foto mi soddisfa pure meno del solito. Del resto, solo io son capace di comprare una reflex a Natale e lasciarla lì, intonsa, fino ad oggi. Ma, adesso che mi son decisa a provare ad usarla i risultati sono molto variabili, perché ancora non ci ho preso la mano. E ho deciso di sottrarmi al delirio iniziale, per cui facevo due serie di foto: una con la vecchia digitale ed una con la reflex... Riassumendo: è questa un'insalata degna di un ristorante stellato? Non lo so, però mi è piaciuta tantissimo, quindi, MTC o non MTC, val la pena rifarla. Tra l'altro, credo per merito della marinatura nel lime, la cipolla non è risultata per niente indigesta,

Insalata messicana

Iceberg                       1 cespo
Avocado                     1
Mais                           1 scatola piccola
Cipolla bianca            1/2
Lime                           2
Ravanelli                    3
Peperoncino               1
Olio evo
Sale
Nachos 


Un paio d'ore prima,  preparare il condimento (una libera interpretazione della salsa Pico de gallo).  Grattugiare la buccia dei lime e, poi, spremerli. Mettere il succo in una ciotola e aggiungervi la buccia grattugiata, la cipolla tritata ed il peperoncino, precedentemente arrostito sulla fiamma, pelato e tritato. Coprire con pellicola e lasciare in infusione al fresco. In una insalatiera, disporre le foglie di iceberg, l'avocado pelato e tagliato a dadini, i chicchi di mais, sgocciolati e sciacquati e i ravanelli a rondelle sottili. Distribuire il condimento sull'insalata e guarnire con i nachos.





venerdì 21 giugno 2013

Profumo di Caraibi

Pur non essendo mai stata a Cuba, ho sempre pensato che i Cubani siano un popolo straordinario, che è riuscito a mantenere dignità e gioia di vivere, pur nella povertà e nelle ristrettezze dell'embargo. Ad una lettrice accanita come la sottoscritta, poi, non poteva non affascinare l'idea che i lavoratori delle fabbriche di sigari, in passato, accettassero di devolvere parte del loro salario, sicuramente non pingue, per pagare qualcuno che leggesse loro un romanzo, mentre lavoravano. Suppongo che, oggi, questo lettore sia stato sostituito da una radiolina, ma la "traccia" di questa vecchia consuetudine resta nei nomi dei sigari: "Romeo y Julieta", "Montecristo", le storie che più avevano colpito la fantasia di quegli operai. Ebbene, tanto di cappello ad un popolo che riconosce la lettura come cibo per la mente, altrettanto necessario di quello per lo stomaco. 
Un altro aspetto saliente della cultura di quell'isola è l'amore per la musica, un amore trasversale, ubiquo, condiviso da tutti, come ci ha magistralmente mostrato Wim Wenders, nel suo "Buena vista social club".  
Per tutti questi motivi, quando ho letto qui di questa manifestazione a Siena e del contest ad essa collegato, ho immediatamente pensato che la mia ricetta sarebbe stata un omaggio all'isola caraibica. Il "problema" era che, non essendoci mai stata, non conosco nulla della cucina di quei posti. Ma un'immagine che viene immediatamente alla mente, quando si pensa a Cuba, è quella di Hemingway, con un sigaro in una mano ed un Mojito nell'altra. Un'occhiata alla mia rigogliosissima pianta di menta sul balcone e la decisone era presa: una fresca 

Bavarese  al Mojito

Per la dacquoise al cocco (rielaborata da Montersino)

Albume                     100 g
Zucchero                   65  + 70
Farina di cocco          95
Farina di riso             25


Per la bavarese al lime (x 4)

Tuorli                         2
Latte                          125
Zucchero di canna     40
Panna                        150
Gelatina                     3 g
Rum cubano              2 cucchiai
Lime                         3
Menta

La sera prima, mettere in infusione la buccia (solo la parte verde) di un lime nel rum. Scaldare il latte e metterci in infusione la buccia degli altri due lime e una decina di foglie di menta spezzettate.
Il giorno dopo, preparare la dacquoise al cocco. Montare gli albumi e, quando cominciano a gonfiarsi, aggiungere i 65 g di zucchero. Mescolare la farina di cocco, quella di riso e gli altri 70 g di zucchero; aggiungere delicatamente agli albumi montati. Rivestire una leccarda  con carta forno e distribuirvi il composto, pareggiandolo con una spatola, fino all'altezza di circa 1/2 cm. Infornare a 160 gradi, per 10-12 minuti, fino a che i bordi cominciano ad imbiondire. Levare dal forno e, con un coppapasta da 8 cm, ritagliare 4 dischi.
Con il latte (filtrato, in modo da eliminare bucce e menta), i tuorli e lo zucchero di canna, preparare una crema inglese. Lasciarla leggermente raffreddare e aggiungervi la gelatina ammollata in acqua fredda e ben strizzata ed il rum, anch'esso filtrato. Montare la panna non completamente e unirla delicatamente alla crema inglese, ormai fredda. Mettere sul fondo di un cerchio da 8 cm un disco di dacquoise e rivestire il fondo, dall'esterno, con pellicola. L'interno, invece, andrà rivestito con una striscia di acetato. Versare la bavarese nei cerchi e far raffreddare in frigo, per almeno 8 ore. Al momento di servire, spennellare con un po' di gelatina neutra a freddo e decorare con una fettina di lime ed un ciuffetto di menta.
Mi è capitato di preparare dolci che venissero esattamente come me li aspettavo, altri che son venuti peggio, ma questo ha superato tutte le mie aspettative: era buonissimo!
La mia amica Fabiola, essendo ingegnere, ha calcolato come moltiplicare le dosi da me indicate, nel caso si voglia fare un dolce unico, anziché delle monoporzioni.
In pratica, con le mie dosi, si ottiene un dolce da 16 cm di diametro, per un dolce da 22 cm, bisogna moltiplicare le mie dosi per 2, per uno da 25 cm, moltiplicare, per 2,5, per uno da 28 cm, moltiplicare per 3, per uno da 30 cm, moltiplicare per 3,5.



Questa è la versione grande





giovedì 20 giugno 2013

Declinazione di rucola

La rucola, pur esistendo, ovviamente, da prima, ha avuto il suo momento d'oro negli anni '80. All'epoca, sembrava che non ci fosse ristoratore o trattore che non la mettesse ovunque, al punto che ricordo un articolo di Massimo Alberini - giornalista enogastronomico e storico della cucina - su "La Cucina Italiana", in cui paragonava l' "invasione" della rucola a quella del pomodoro, dopo la scoperta dell'America. Tuttavia, mentre il pomodoro continua a regnare incontrastato sulle nostre tavole, il ruolo della rucola si è molto ridimensionato. Io, però,  continuo ad apprezzarne la nota amarognola che conferisce ad un'insalata mista, A mio marito, invece, la rucola non piace, per cui, avendone acquistata una busta da 200 g, mi son trovata a doverla far fuori da sola e così, per non annegare nella monotonia, l'ho utilizzata in tre preparazioni diverse.

Carpaccio con chips di parmigiano
Fettine sottili di magatello
Rucola
Parmigiano grattugiato
Olio evo
Limone
Senape
Sale

Mettere in un padellino un filo d'olio e distribuirvi il parmigiano. Cuocere fino ad ottenere una cialdina dorata, che andrà spezzettata in pezzi irregolari. Disporre le fettine di magatello in un piatto, distribuire la rucola e le chips di parmigiano. Versare in un barattolino dell'olio, il succo di limone, il sale ed una punta di senape di Digione. Chiudere il barattolo ed agitare fino ad ottenere un'emulsione con la quale si condirà il carpaccio.




Caponata
Da noi, la caponata è una cosa molto diversa da quella siciliana. Si tratta, in pratica, di una fresella inumidita e strizzata, sulla quale si dispongono vari ingredienti, solitamente, pomodori, olive, cipolla, capperi e così via, il tutto condito con del buon olio evo..
Quando fa caldo, una fresella con pomodorini rappresenta il mio pranzo 4 giorni su sette. Questa volta, ho aggiunto anche del tonno in scatola e, ovviamente, la rucola.



Caprese alla rucola

Pomodorini
Mozzarella frullata con un filo d'olio
Rucola frullata con dei pinoli e un filo d'olio
Foglie di rucola
Crostini di pane cafone, sfregati con uno spicchio d'aglio




lunedì 17 giugno 2013

Tempo di Amarene sciroppate


Per diversi anni, a giugno, ho sempre preparato le cosiddette amarene quarantine. In pratica, si trattava snocciolare le amarene, metterle in un barattolo, coprirle di zucchero e lasciare il barattolo al sole per 40 giorni, da cui la denominazione di "quarantine". Questo, invece, è il terzo anno che preparo le amarene col metodo descritto da Simonetta Agnello-Hornby, nel suo libro "Un filo d'olio". Questa procedura richiede un po' più di attenzione, rispetto all'altra, ma il risultato è decisamente più soddisfacente, giacché si riesce ad ottenere uno sciroppo più denso e non soggetto a subire un certo grado di fermentazione alcoolica, come mi è  accaduto con le quarantine.
Per ogni kg di amarene snocciolate, sono richiesti 800 g di zucchero. Mettere il tutto in una pentola,  portare ad ebollizione e  continuare la cottura ancora per 5 minuti. Spegnere, coprire la pentola con un tulle ed esporla al sole, fino a quando il tutto si sarà freddato. Scolare lo sciroppo in un'altra pentola e rimetterlo sul fuoco, facendolo bollire per altri 5 minuti. Versarlo sulle amarene e rimettere la pentola al sole. Ripetere questo procedimento due volte al giorno, per due giorni. Invasare e sterilizzare (nel libro dice che la sterilizzazione non è necessaria, ma io preferisco non correre rischi). Le amarene così trattate resteranno sode e polpose e perfette per essere utilizzate sul gelato o in tanti dolci, come le zeppole o la foresta nera o come accompagnamento alla cacciagione di pelo.


domenica 16 giugno 2013

Il giorno dopo


Ieri sera, cena di compleanno a casa di amici. Una terrazza sui tetti, alcune persone che non vedevo da oltre 20 anni, altre che non mi sarei aspettata di trovare lì (Ma come? Anche tu amico di...?), a riprova che se, il mondo è piccolo, Napoli  è un paesone. La presenza di alcuni che non ci sono più che aleggiava palpabile. Una nuova vita che arriverà a Natale. Una cena sontuosa, assolutamente, profondamente partenopea. Tutto così buono da non poter dire di no a niente. E,oggi, inevitabilmente, tocca tenersi leggeri. Una bella insalata "rinforzata", fresca e leggera. Incidentalmente, le insalate sono il tema dell' MTC di questo mese...

Insalata "Lacrime di coccodrillo"
Spinacini
Gorgonzola a dadini
Cubetti di pancetta affumicata resi croccanti in una padella calda
Lamelle di mandorle tostate
Mirtilli
Olio evo
Succo d'arancia
Sale


giovedì 13 giugno 2013

Lingua per parlare e lingua per gustare

Io sono affascinata dalle parole, dalla loro evoluzione, dalla storia che raccontano. Mi sarebbe piaciuto essere come il Cardinal Giuseppe Gasparo Mezzofanti, che pare padroneggiasse perfettamente 38 lingue e svariati dialetti. Oppure vivere la crescente meraviglia di quel gesuita, che, man mano che si addentrava nello studio del sanscrito, ne scopriva le sorprendenti affinità con le lingue europee. E i miei studenti sanno bene quanto io insista sull'etimologia dei termini che impiego a lezione, non per sfoggio di erudizione, ma nella speranza che questo li aiuti a ricordare. Purtroppo, le mie conoscenze linguistiche sono tutt'altro che vaste: l'inglese abbastanza bene, quel po' di latino e greco che ancora posso ricordare a tanti anni di distanza dal liceo... E il napoletano. Come ho già raccontato, a casa mia, non solo non si parlava napoletano, ma guai a provarci! Per cui, anche se, ovviamente, attorno a me lo sentivo parlare, non l'ho mai imparato bene. Ciò non toglie che sia una lingua interessantissima, con un'immediatezza ed un'incisività uniche e che porta, racchiusa in sé, tutta la storia dei tanti che sono "passati" da queste parti, dai Greci ai Piemontesi. Con queste premesse, non potevo non amare il libro di Roberto De Falco "Alfabeto napoletano", in cui sono riportate le origini di tanti termini e modi di dire napoletani.  E così si scopre che Mergellina significa "mare jalinum", cioè mare trasparente come il vetro (una volta...), che "intalliarsi", cioè attardarsi, perdere tempo viene dal greco "entàllein", mettere radici e Pausilipon è il luogo che fa cessare il dolore (con la sua bellezza). E, poi, la "buatta di pomodori" o il "beccaio", chiaramente mutuati dal francese. Ma gli esempi sono infiniti. 
Un fenomeno divertente è il tentativo di "italianizzare" alcune parole dialettali, pensando di renderle più "fini". E' il caso dei fagioli cannellini, che, da noi, si chiamano "spullecarielli", ma che, appunto, vengono, da molti, chiamati spollichini. E gli spollichini freschi hanno giusto iniziato a comparire sui banchi del mercato. Naturalmente, li ho comprati, anche perché le riserve congelate si sono esaurite già da un po'. Tuttavia, poiché sembra che, finalmente, le temperature siano in linea con la stagione, non mi andava di fare una zuppa o una pasta e fagioli classica ed ho preferito giocare un po', preparando una pasta e fagioli in insalata un po' diversa dal solito. Più che di una ricetta vera e propria, si tratta di un modo di preparare un piatto, per cui non sono necessarie le dosi.
Si fanno lessare gli spollichini con l'aggiunta di aglio, sedano e pomodoro. Si lessano dei tubetti e si scolano molto al dente, si passano nell'albume d'uovo e nel pan grattato e si friggono. In un padellino, si rosolano dei cubetti di pancetta affumicata, finché diventano croccanti. Si prende un gambo di sedano e lo si frulla con mezzo spicchio d'aglio e due cucchiaini d'olio; si passa al setaccio. Scolare i fagioli e porli al centro del piatto. Distribuire la pancetta e i tubetti ed irrorare con la salsina al sedano. A piacere, un po' di pepe di mulinello.





mercoledì 12 giugno 2013

Happy birthday!

Pur senza trionfalismi fuori luogo, non posso far passare sotto silenzio il fatto che oggi è il primo anniversario del mio blogghino. Inevitabilmente, quindi, tempo di bilanci. 
Diciamo che, durante questo anno, periodicamente, la Domanda con la "D" maiuscola -  "Chi ha bisogno di un ennesimo blog di cucina?"-   ha continuato a ripresentarsi, con variazioni sul tema del tipo: "Guarda che blog stupendi ci sono in giro, guarda che foto, guarda che presentazioni! Altro che il tuo!", oppure "Ma parlano tutti di cucina? Non se ne può più!". 
Pur consapevole dei miei limiti, posso però dire che il mio è un blog onesto: quello che pubblico l'ho fatto io, se la ricetta o la foto non sono miei, indico la fonte, se una ricetta non mi è venuta come speravo, lo ammetto... Sembra poco, ma non lo è, perché, purtroppo, in rete, scopiazzare e prendersi indebitamente il merito è attività molto diffusa. Del resto, io cucino per passione e pubblico per il piacere di condividere, che senso avrebbe comportarsi diversamente? E se, alla fin fine, riesco ad avere un numero di lettori superiore persino a quelli che Manzoni si aspettava di avere per i "Promessi sposi",
 vuol dire che l'impegno che ci metto ed il tempo che dedico a questa cosa un senso ce l'hanno. Per non parlare della possibilità di giocare ed interagire con un le altre foodbloggers, alcune delle quali, ormai, considero proprio amiche.
Per cui credo che la risposta alla domanda con la "D" maiuscola: "Chi ha bisogno di un ennesimo blog di cucina?" sia solo una: "IO ho bisogno del mio blog"!

domenica 9 giugno 2013

E' più forte di me

La pasticceria è una scienza esatta. Quante volte ho sentito pronunciare questa frase dai Maestri della pasticceria? Ma io posseggo una certa cialtronaggine innata che mi porta, inesorabilmente, a non seguire MAI una ricetta alla lettera. Sarà per questo che, mediamente, i salati mi vengono meglio dei dolci?...
Questa volta, però, volendo preparare la torta "Quadro d'autore" di Montersino, mi ero ripromessa d'impegnarmi a non discostarmi di un millimetro dalle indicazioni del Maestro. Che ci posso fare se, poi, sono stata costretta a fare di testa mia?? Si, costretta, perché la ricetta che c'è sul libro "Peccati di gola" è incompleta e approssimativa. 
1) Tanto per cominciare, si parla di pan di Spagna di riso, della cui ricetta, nel capitolo dedicato al pan di Spagna, non v'è traccia, a meno di non  considerare applicabile anche alla farina ( o all'amido?..) di riso un accenno al fatto che metà della farina 00 può essere sostituita con amido/fecola. Dovendo fare un pds senza glutine, ho pensato bene di consultare le mie amiche celiache, che mi hanno consigliato una collaudata ricetta dell' Araba di pds con amido di mais.
2) A me, la ricetta della crema pasticcera di Montersino non convince: troppe uova, e, in più, la panna... insomma, troppo ricca...E, allora, io mi trovo così bene con la ricetta della mia amica Elisabetta, perché cambiare? Anche se, rispetto alla ricetta di Elisabetta, ho dovuto aggiungere dello zucchero, perché, altrimenti, la chantilly non sarebbe stata abbastanza dolce. 
3) Montersino, poi, parla di "600 g di gelée ai frutti rossi", ma, ancora una volta, non spiega come vada preparata. Sono anche andata a rivedermi il video, nel quale lui prepara questa torta, ma, anche lì, non precisa con quali proporzioni vada fatta questa gelée. Di tutte, questa mi sembra l'imprecisione più grave, perché, quando si tratta di usare la gelatina, le dosi sono fondamentali, altrimenti il rischio che il composto non gelifichi o, viceversa, diventi così gommoso da poterlo far rimbalzare sulle piastrelle della cucina è alto. Come se non bastasse,  sia nelle foto del "passo passo" sul libro, che nel video, Montersino parla di frutta disposta sul fondo dello stampo, frutta che, una volta capovolto e smodellato il dolce, dovrebbe apparire in bella vista. Peccato che la foto del dolce completato mostri una torta in cui, a parte quella poggiata sopra per la decorazione, non si veda traccia di frutta. Lo strato superiore della torta sembra, piuttosto, fatto da "chiazze" di gelatina di vari colori. E, a me, esteticamente, la "versione  Jackson Pollock" è piaciuta più di quella con i pezzi di frutta. Cercando in rete, ho trovato  qui  qualcuno che aveva fatto la stessa scelta e che, come me, si era interrogata sulle dosi della gelèe. Tuttavia, 12 g di gelatina in fogli, per 400 g di frutti di bosco mi son parsi eccessivi. Sono, quindi, andata a dare un'occhiata sul blog di Pinella, dove ho trovato questa gelée alle fragole, con 4 g di gelatina per 600 g di fragole. Senza nulla togliere alla bravura dell'altra blogger, ma io, tra le indicazioni di una sconosciuta e quelle di Pinella, scelgo quest'ultima, senza esitazioni. E, invece, avrei fatto bene ad esitare un po', perché, in realtà, la gelée, con queste dosi, è rimasta un po' liquida, tant'è che lo strato non è venuto netto come avrebbe dovuto. Penso, quindi, che la dose giusta sia una via di mezzo.
4) Non ho trovato i frutti di bosco e, non avendo tempo, né voglia di andarli a cercare per mezza città, ho optato per le fragole.
5) Ho aumentato la dose di limoncello, perché, a mio parere, non si sentiva abbastanza.
6) L'ho fatta tonda, anziché quadrata, non per essere anarchica a tutti i costi, ma, semplicemente, perché mi son dimenticata il quadrato a Milano...
La cosa importante, però, è che la torta è venuta STREPITOSA!
Certo, di Montersino, è rimasta solo l'ispirazione, per cui, forse, anziché chiamarla "Quadro d'autore", è più corretto chiamarla:

Torta Collage d'autore

Per il pan di Spagna

Uova                   3
Maizena              90 g
Zucchero            120 g
Succo di limone   1 cucchiaio

Montare le uova intere con lo zucchero, per 15 minuti; aggiungere il succo di limone. Setacciare la Maizena e, con una spatola, incorporarla delicatamente alla montata, aggiungendola un po' alla volta. Versare in una teglia da 28 cm di diametro ed infornare a 180 gradi, per 30-35 minuti. Una volta freddo, utilizzando un cerchio, tagliare un disco da 26 cm.

Per la crema pasticcera

Latte                   400 ml
Tuorli                  3                   
Maizena              40 g
Zucchero            350 g
Limoni                2
Gelatina in fogli  10 g

Scaldare il latte e lasciarvi in infusione la buccia di limone per una mezz'ora.
Sbattere  i tuorli con lo zucchero, aggiungervi il latte caldo filtrato e, sempre mescolando, riportare sul fuoco, fino a che la crema si addensa. Quando la crema     inizia a intiepidirsi, aggiungere la gelatina, ammollata in acqua fredda e ben strizzata. Coprire con pellicola a contatto e far raffreddare.

Per la chantilly

Panna da montare   700 g
Crema pasticcera    500 g
Limoncello             40 g
Buccia di 1 limone

Semimontare la panna, aggiungervi il limoncello, la buccia grattugiata di un limone  e, molto delicatamente, la crema.

Per la bagna al limoncello

Acqua                 150 g
Zucchero             150 g
Limoncello           80 g

Mettere in un pentolino l'acqua e lo zucchero, fino a che quest'ultimo si sarà sciolto. Far raffreddare lo sciroppo e, a questo punto, aggiungere il limoncello.

Per la gelée alla fragola

Fragole                700 g
Zucchero             70 g
Gelatina in fogli    7 g

Frullare le fragole, e passarle al setaccio. Pesarne 450 g. Prelevare 3 cucchiai di purè di fragole e scaldarli, in modo da potervi sciogliere lo zucchero e la gelatina ammollata e strizzata. Aggiungere al resto delle fragole.

Per la gelée all'albicocca

Albicocche          200 g
Zucchero            20 g
Gelatina in fogli   1 g

Frullare le albicocche, setacciarle e pesarne 100 g. Procedere come sopra.

Montaggio del dolce

Rivestire il fondo di un cerchio da 26 cm con della pellicola ben tesa. La circonferenza interna del cerchio, invece, andrà rivestita con una striscia di acetato. Posizionare il cerchio su un tagliere.
Versare sul fondo del cerchio qualche cucchiaiata sparsa di gelée alle fragole e riporre per una decina di minuti in freezer. Tirare fuori il cerchio e riempire gli spazi lasciati vuoti dalla gelée alle fragole con la gelée all'albicocca. Rimettere in freezer per altri 10 minuti. Nel frattempo, si sarà preparata la chantilly. Con l'aiuto di un sac à poche, fare uno strato di chantilly, che copra quello formato dalle gelée. Fare ancora uno strato con la gelée alle fragole. Mettere in freezer ancora 10 minuti. Fare un altro strato di chantilly e poggiare sul tutto il disco di pan di Spagna, che andrà inzuppato con la bagna al limoncello. Rimettere in freezer per un paio d'ore. Trascorso questo tempo, capovolgere la torta e lucidarla con della gelatina neutra a freddo. Aiutandosi con un fon, scaldare per una trentina di secondi il cerchio, in modo da poterlo sfilare facilmente. Ho decorato con delle fragole gelatinate, granella di pistacchi e foglioline di menta.
L'orribile piatto di plastica è dovuto al fatto che, dovendola trasportare, ho comprato un piatto per torte fornito di coperchio, ma non ce n'erano di carini...





P.S. E' piaciuta così tanto, che mi hanno chiesto di rifarla


giovedì 6 giugno 2013

Ancora un buffet

Del profondo affetto che mi lega al mio Mentore Accademico e alla sua famiglia avevo già parlato qui. E' stato del tutto logico, quindi, che, quando lui è andato in pensione, io mi sia offerta con enorme piacere di preparare il buffet, che tradizionalmente si offre ai colleghi, in queste occasioni. Il contesto non era adatto alle sperimentazioni, per cui sono andata sul sicuro, ricorrendo a consolidati cavalli di battaglia.
Questa è una panoramica del buffet (notare la beuta usata come vaso da fiori...)
Ho preparato: 
Quiche di patate e porri al cumino
Per la brisé di Knam (per 50-60 stampini)
Farina                  560 g
Burro                   240
Tuorli                  4
Acqua                 160 ml
Sale
Impastare tutto velocemente e far riposare in frigo per 1 ora, avvolta in pellicola. Stendere l'impasto, coppare dei dischi e rivestire con essi degli stampini per tartellette; punzecchiare con una forchetta, rivestirli con dei dischetti di carta forno, su cui andranno messi gli appositi pesetti, oppure dei fagioli secchi ed infornare a 170 gradi, finché iniziano appena a colorirsi. Tagliare le patate a dadini e lessarle 6-7 minuti in acqua bollente salata. Tritare il porro e rosolarlo in una larga padella con un filo d'olio ed i semi di cumino; aggiungere le patate, salare e completare la cottura. Sbattere le uova con la panna fresca (appareil), salare e pepare. Mettere in ciascuna tartelletta un po' di patate e porri e versarci sopra l'appareil. Infornare a 170 gradi per completare la cottura.


Arancini al limone
Questi posseggono molteplici virtù : sono facili, si possono preparare in anticipo, congelarli e friggerli il giorno in cui devono essere serviti, sono buoni sia caldi che freddi, vanno a ruba. Insomma, un vera figata!
Basta lessare del riso originario in poco più del doppio del suo peso di acqua salata (es. 500 g di riso/1,2 kg d'acqua), dimodoché, a cottura ultimata, quasi tutto il liquido sarà stato assorbito. Quando il riso è ancora caldo, si condisce con del burro e abbondante scorza di limone grattugiata e lo si allarga sulla leccarda del forno, in modo che si raffreddi, senza passare di cottura. Si formano i mini arancini, si passano nell'albume sbattuto e poi nel pangrattato. Si friggono in olio caldo.
Baci di dama salati con ricotta ed erba cipollina
Ventaglietti ai due pesti
Si stende la pasta sfoglia (la mia home made) in due rettangoli e li si spalma uno con del pesto genovese (e speriamo che nessun ligure mi spari per aver cotto il pesto...) e l'altro con un pesto trapanese, fatto mettendo nel mixer pomodori secchi ammollati in acqua calda e poi strizzati, pecorino, mandorle, abbondante basilico ed olio. A questo punto, si arrotolano i rettangoli dai lati lunghi, facendoli convergere verso il centro. I rotoli vanno poi messi in freezer per una mezz'ora, in modo che si induriscano e sia possibile tagliarli a fette in maniera netta, senza schiacciarli. Infornare a 180 gradi.

Cornettini con mousse di ricotta e prosciutto
I cornettini son fatti con lo stesso versatile impasto del Danubio e farciti con prosciutto cotto, frullato con la ricotta ed un po' di Porto.
Crostata al cioccolato dal blog di Pinella
(si vede che le strisce di frolla sono spesso un punto dolente, per me?...)
Mousse alle fragole

Simil-Bounty (il festeggiato adora i Bounty)

lunedì 3 giugno 2013

Fragole golose

Stamattina sono di corsissima, per cui niente post introduttivo, ma non credo che la storia della letteratura italiana ne risentirà più di tanto... La ricetta, in compenso è deliziosa e versatile. Io la propongo con le fragole, che si trovano ancora in abbondanza, ma la si può rifare anche utilizzando altra frutta. Le tegoline, poi, son state una vera scoperta.


Bicchierini di fragole con mousse al caramello


Ingredienti per le tegoline alla fragola

60 g di fragole
70 g di burro pomata
75 g di zucchero a velo
1 albume
50 g di farina
Frullare le fragole e aggiungerle agli altri ingredienti. Mettere l’impasto in frigo per 30 minuti. Trascorso questo tempo, con un cucchiaio, formare, con l’impasto delle tegoline, tanti dischi sottili su un foglio di carta forno, posato su una placca. Infornare per 8 minuti a 180°.

Ingredienti per la mousse al caramello
1/2 gelatina in fogli
50 g di zucchero
4 tuorli
400 ml di panna liquida

Mettere la gelatina in ammollo in acqua fredda. In una casseruola, far caramellare lo zucchero; aggiungere metà della panna calda, facendo attenzione ad eventuali schizzi. Far raffreddare il tutto e aggiungere i tuorli, mescolando accuratamente con una frusta. Aggiungere il resto della panna calda e far ispessire la crema su fuoco dolce. Quando è tiepida, aggiungere la gelatina, ammollata e strizzata.

Mettere, sul fondo del bicchierino, delle fragole tagliate a pezzi, versarci sopra la mousse al caramello. Lasciare in frigo per un paio d’ore. Decorare con le tegoline.




Le foto sono di Lydia Capasso