lunedì 27 luglio 2015

Shalom, Salaam, Pace...


Avevo tanto sentito parlare delle farine del Mulino Dalla Giovanna, ma non avevo mai avuto l'occasione di  provarle, perché, qui da me, non le avevo mai trovate. Per questo, quando ho letto del contest che proprio questo Mulino aveva bandito, ho pensato che fosse la volta buona per saggiare i loro prodotti.
Quando i campioni di farine mi sono arrivati, ho iniziato a pensare a come avrei potuto impiegarle. 
Da subito, sono rimasta colpita dal titolo del contest: "Tutti i colori di Uniqua", che mi ha immediatamente fatto pensare ad una ricetta che fosse, letteralmente, colorata. Ecco, si, un pane intrecciato di tanti colori. E, poiché il regolamento del contest richiede che ci si ispiri ad uno dei Paesi presenti all'Expo, il mio pensiero è andato ad Israele e alla challah, il tipico pane che gli Ebrei consumano durante la cena rituale del venerdì sera, che precede lo Shabbath. A dire il vero, questo pane intrecciato nasce tra gli Ebrei della Diaspora, ma, quando molti di loro sono migrati in Israele, hanno portato con sé questa tradizione, che si è ormai talmente radicata, da diventare una preparazione che non può mancare sulle tavole israelite, durante la cena del venerdì.
Challah, in origine, significava semplicemente "pagnotta" e, nei tempi biblici, prese ad indicare quella parte di pane, che, secondo un precetto, ogni famiglia e ad ogni fornaio era tenuto ad offrire  al Tempio. Con la distruzione del Tempio e la successiva Diaspora, il ricordo di questo precetto è rimasto nell'usanza di prelevare una piccola parte dell'impasto per il pane e bruciarlo. Presso gli Ebrei askenaziti, questo pane rituale divenne una soffice pagnotta intrecciata, conosciuta, appunto, come challah.
Il numero di "capi" che costituiscono la treccia varia ed ogni tipo di intreccio ha un significato ben preciso: una treccia a due simboleggia l'amore, una a tre simboleggia la giustizia, la pace e la verità, mentre due trecce da sei capi simboleggiano le dodici tribù di Israele.
Mentre preparavo la mia challah multicolore, mi è venuto di pensare ai colori della bandiera della pace e mi è sembrato estremamente appropriato omaggiare con un simbolo di pace quell'area geo-politica così tormentata. Non sono così ingenua da pensare che la pace sia un obiettivo che si possa raggiungere semplicemente auspicandola, ma, come ha detto qualcuno, l'Utopia non esiste, però ci indica la meta alla quale dobbiamo tendere.
Per la ricetta, mi sono affidata a quella, già sperimentata, della mia amica Eleonora, alla quale ho fatto ricorso anche per farmi indicare fonti attendibili, presso le quali documentarmi. Ovviamente, è stato necessario fare degli aggiustamenti, per adattare la ricetta alle aggiunte dei miei "coloranti". E, poiché l'autentica challah non ammette l'aggiunta di ingredienti diversi da quelli tradizionali, non volendo essere irrispettosa, ho seguito il consiglio di Eleonora e l'ho chiamato semplicemente pane  del sabato.

Pane del sabato versione arcobaleno

Farina Uniqua azzurra            500 g + 5 cucchiai
Uova medie                             2 + 1 tuorlo
Zucchero                                 40 g
Acqua                                      125 ml
Olio evo                                   125 ml
Sale                                          12 g
Lievito di birra                         20 g
Succo di barbabietola              3 cucchiaini
Pesto  genovese                       2 cucchiaini
Zafferano                                 1 bustina  
Patè di olive nere                     2 cucchiaini
Concentrato di pomodoro        2 cucchiaini  

Impastare 100 g di farina con il lievito e 50 ml di acqua. Far lievitare per un'ora. Trascorso questo tempo, aggiungere un altro po' di farina ed il primo uovo. Quando l'impasto apparirà incordato, aggiungere ancora un po' di farina ed il secondo uovo. Far riprendere l'incordatura e, poco alla volta, aggiungere l'olio, alternandolo alla farina restante. Da ultimo, aggiungere lo zucchero e il sale. Una volta ottenuto un impasto ben liscio ed incordato, prelevare dei pezzi d'impasto da 100 g l'uno (avanzeranno circa 300 g, con i quali io ho fatto una semplice treccia a tre capi). Prendere uno dei pezzi d'impasto ed aggiungerci il succo di barbabietola ed un cucchiaio di farina, per compensare l'incremento di idratazione provocato dall'aggiunta del succo; impastare in modo da ottenere un colore omogeneo. Ripetere l'operazione, aggiungendo ad un pezzo d'impasto il pesto, ad un altro il concentrato di pomodoro, ad un altro ancora il patè di olive e sempre, ad ogni aggiunta, la farina necessaria ad avere un impasto della giusta consistenza. Sciogliere la bustina di zafferano in un cucchiaio di acqua tiepida ed aggiungerne tre cucchiaini al quinto panetto. Il sesto panetto, invece, andrà lasciato "bianco".
Formare delle palline, che andranno fatte lievitare ancora per 1-2 ore (con questo caldo, a me è bastata un'ora), coperte da pellicola unta d'olio.       



Trascorso questo tempo, schiacciare le palline e formare dei rotolini, come indicato qui


Disporre i rotoli d'impasto sulla spianatoia ed intrecciarli. Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio d'acqua e spennellare la superficie della treccia. Far lievitare ancora 1-2 ore ed infornare a 200 gradi per circa 30 minuti.
Come è possibile vedere dalla foto, benché avessi studiato tutti i tutorial possibili, l'intreccio a sei capi si è rivelato al di sopra delle mie possibilità. Del resto, io son sempre quella che, fino a tre anni fa, non aveva mai fatto una treccia in vita sua... Tuttavia, a me, questa treccia tutta colorata, anche se un po' "spettinata", piace: trovo che metta allegria. E, soprattutto, era buonissima. Temevo che l'aggiunta dei "coloranti" potesse alterarne la sofficità e, invece, è venuta una nuvola, merito, sicuramente, della farina impiegata. 









 Con questa ricetta partecipo al contest indetto da Cucina Semplicemente in collaborazione con Farina UNIQUAhttp://www.dallagiovanna.it/

mercoledì 15 luglio 2015

Una Norma al cubo


Ci sono delle ricette che son talmente perfette che è davvero difficile pensare di modificarle senza peggiorarle. Una di queste è senz'altro la pasta alla Norma, che è stata oggetto di una delle prime sfide dell'MTC. Tuttavia, volendo provare a rifare una ricetta delle sfide a cui non ho partecipato, tanto per non "perdere il vizio" dell'MTC, nel mese in cui non c'è la gara, la mia scelta è caduta proprio su questa preparazione. Un po' perché mi son trovata a friggere melanzane per le "scorte strategiche" di cui ho parlato qui ed un po' perché, avendo partecipato a 31 sfide su 49, erano ben poche le ricette con le quali non mi fossi già abbondantemente confrontata. E, poi, la pasta alla Norma è così buona...
Ho giocato essenzialmente sulla presentazione. Ed ho usato la feta, al posto della ricotta salata, sia perché, a quanto pare, passata Pasqua, non è facilissimo trovarla, sia perché ha prevalso il bisogno di svuotare il frigo, in vista delle vacanze.

Cubotti di pasta alla Norma (x 6 cubotti)

Rigatoni                                  24
Melanzane                              12 fette
Passata di pomodoro fresca    300 ml
Feta                                         30 g
Olio evo
Aglio                                       1 spicchio
Sale
Basilico

Rosolare lo spicchio d'aglio in un cucchiaio d'olio e, quando inizia ad imbiondire, aggiungere la passata, il sale ed il basilico e proseguire la cottura.
Tagliare le melanzane a fette, friggerle in abbondante olio (in questa occasione, ho preferito non mettere le melanzane sotto sale, perché avevo bisogno che le fette rimanessero ben larghe) e metterle ad asciugare su carta da cucina.
Lessare ben al dente i rigatoni, scolarli e condirli con un po' di salsa di pomodoro.
Disporre due fette di melanzane a croce e mettere al centro quattro rigatoni, formando una torretta (due sotto e due sopra).




Racchiudere la pasta nelle melanzane, formando un pacchetto. Nappare i cubi con un po' di salsa e passare in forno caldo per 3-4 minuti. Levare dal forno e distribuire sui cubotti la fetta grattugiata. Guarnire con una foglia di basilico.




lunedì 13 luglio 2015

Too hot


Voglia di cucinare saltami addosso...Perché, con questo caldo, davvero la voglia di stare ai fornelli passa persino a me. Eppure sto cucinando ed anche parecchio, perché, visto che, a fine mese, andrò in pensione, ho intenzione di concedermi il lusso di rimanere in Sardegna anche per una parte di settembre. Ma, poiché, com'è noto, nella vita, nulla è gratis, prima di partire, devo preparare un po' di "scorte strategiche" per mio marito, che, invece, tornerà prima di me. Si tratta, però, di cose comuni, piatti che possano essere congelati e messi in forno, perché lui più di tanto non è capace di fare, nemmeno di cuocersi uno spaghetto. Lo so, è colpa mia ( e quando mai no...): l'ho abituato male, ma non posso aspettarmi che impari adesso, dopo 33 anni di matrimonio.
Di conseguenza, tempo ed energie per la sperimentazione di piatti nuovi scarseggiano e, comunque, mi limito a preparazioni veloci e poco impegnative.
Questa ricetta l'avevo trovata su Sale&Pepe, ma, come al solito, l'ho modificata un po'. E ci è piaciuta molto, nella sua estiva freschezza.

Involtini di zucchine

Zucchine                  2
Pan carrè                  4 fette
Pinoli                       2 cucchiai
Aglio                       1/2 spicchio
Timo
Olio evo
Sale

Con la mandolina, tagliare dei nastri sottili di zucchine e bollirli in acqua bollente salata per un paio di minuti, quel tanto che basta ad ammorbidire le zucchine, senza renderle molli.
Nel mixer frullare le fette di pan carrè, private della crosta con l'aglio, le foglioline di timo e mezzo cucchiaio d'olio. Aggiungere i pinoli. Distribuire questo composto sulle fette di zucchina, arrotolarle e fermarle con uno stuzzicadenti. Disporre i rotolini di verdura in una teglia, irrorarli con un filo d'olio e metterli in forno a 180 gradi, fino a gratinatura.



mercoledì 8 luglio 2015

Una piacevole eresia

Sicuramente, negli ultimi anni, in cucina, sono stati infranti molti dogmi e abbinamenti una volta impensabili, non solo sono diventati comuni, ma, in taluni casi, determinano addirittura il successo di un locale. Per dirne una, c'è un ristorante, a Milano, che serve pesce crudo con la frutta e dove trovare un tavolo libero non è per nulla facile.
Anche l'accostamento pesce/formaggio, fino a non molto tempo fa, suonava come un'eresia e, invece, se fatto nella maniera giusta, può dar vita a piatti molto interessanti.
Ed è stato proprio questo abbinamento che ho voluto esplorare per la mia seconda ricetta da presentare al contest 4Cooking, indetto dal consorzio del Parmigiano Reggiano.

Calamari ripieni #PRChef2015

Calamari                                                       500 g
Mollica di pane raffermo                             150 g
Parmigiano Reggiano 36 mesi                     50 g
Pomodori datterini                                       20
Olio evo                                                       40 ml
Timo limone
Aglio
Sale

Mettere a mollo nell'acqua la mollica di pane; quando si sarà ben intrisa, strizzarla e mescolarla col Parmigiano grattugiato ed abbondante timo limone, che conferirà una piacevole nota di freschezza. Eviscerare e spellare i calamari e riempire le sacche (da zoologa, mi verrebbe da dire le cavità palleali...) col composto di pane. Chiudere le sacche con uno stuzzicadenti.
In un largo tegame, far imbiondire uno spicchio d'aglio ed aggiungervi i pomodorini tagliati a metà e privati dei semi. Dopo 5 minuti, aggiungere i calamari, salare, incoperchiare e proseguire la cottura a fuoco lento per circa 20 minuti ( i miei calamari erano di medie dimensioni e questo tempo è stato sufficiente).







lunedì 6 luglio 2015

Rinfreschiamoci

Ammetto che la scoperta, fatta l'anno scorso, del gelato di Nigella è stata rivoluzionaria. Per me, che ho a disposizione una gelatiera solo in vacanza, ha significato poter preparare, anche quando sono in città, un ottimo gelato ( o sarebbe più esatto chiamarlo semifreddo?...) in pochi minuti, con solo 2-3 ingredienti e con l'unico aiuto delle fruste elettriche. L'ho quindi preparato più volte: al caffè, come nella ricetta della regina del Food Porn, ma anche al cioccolato, al pistacchio, alla nocciola, al caramello, servendolo solitamente in coppa o, talvolta, sul cono.
Un paio di settimane fa, il mio "spacciatore" di articoli da pasticceria mi ha tentata, proponendomi questo stampo, corredato di biscotti a misura, che permette di preparare un gelato tipo MaxiBon. Potevo mai resistere? Ovviamente, no...


Le dosi che ho impiegato sono leggermente diverse da quelle di Nigella perché, stavolta, non ho aggiunto il liquore, che contribuisce ad impedire che il composto ghiacci.

Gelato alla nocciola

Panna fresca al 50%                 500 g
Latte condensato                      1 lattina (375 g)
Pasta di nocciole                      1 cucchiaio

Montare la panna e, quando è ben soda, aggiungervi la pasta di nocciole. Servendosi di una spatola, aggiungere delicatamente il latte condensato ed amalgamare il tutto. Disporre i biscotti nella metà più profonda dei "pozzetti" dello stampo e distribuirvi il composto. Coprire con gli altri biscotti. Mettere in freezer per almeno 6 ore.

Per il rivestimento (Montersino)

Cioccolato fondente                   200 g
Burro di cacao                            200 g
Granella di nocciole                   2 cucchiai

Sciogliere separatamente il cioccolato ed il burro di cacao, quindi unirli e mescolare bene. Versare la glassa in contenitore alto ed attendere che si raffreddi quasi completamente. Estrarre  delicatamente i gelati dallo stampo (il rischio è che si spezzino a metà) ed immergere la metà priva di biscotti nella glassa. Rapidamente, spolverizzare con la granella di nocciole e quindi riimmergere nel cioccolato. Congelare nuovamente.


mercoledì 1 luglio 2015

Caccavella deludente

Stavolta ero convinta di avere l'asso nella manica: lo sonocciolatore! 


E mi sentivo pure furbissima, perché l'avevo acquistato su Amazon, a gennaio, quando costava meno. Ero quindi certa che, quest'anno, la preparazione delle amarene sciroppate sarebbe stata una passeggiata. Per cui, quando il mio fruttivendolo, al quale avevo chiesto di tenermi da parte 2 k di amarene, mi ha detto: "Signò, sono 3,5 k, che faccio? Lascio?", avevo spavaldamente risposto: "Ma si!".
Mal me ne incolse, perché l'aggeggio funziona così così, nel senso che circa un 30% di amarene non è risultato denocciolato, e quindi m'è toccato armarmi di santa pazienza e ripassarmele una ad una per evitare che qualcuno rischiasse di rimetterci un dente per colpa delle mie amarene.
E se, con le amarene, la percentuale era su un valore inaccettabile, questa si innalza al 50% se si prova ad usare l'aggeggio con le ciliegie.
Preso atto della scarsa utilità della caccavella in questione, volendo preparare una cherry pie, mi sono snocciolata le ciliegie direttamente alla vecchia maniera e amen.
L'unico tocco in più che ho aggiunto alla ricetta di Martha Stewart è stata una grattugiata di cioccolato fondente al 75%, che ci stava proprio bene.

Cherry pie

Per la pasta

Farina debole                       325 g
Burro                                   226
Acqua fredda                       100 ml
Zucchero                             1 cucchiaino
Sale                                     1 cucchiaino

Sabbiare la farina col burro, aggiungere il sale e lo zucchero e, da ultima, l'acqua. Avvolgere l'impasto nella pellicola e metterlo in frigo per almeno 1 ora.

Per il ripieno

Ciliegie                              1 k
Zucchero                            100 g
Maizena                             2 cucchiai
Limone                              2 cucchiai
Cioccolato 75%                 60 g

Snocciolare le ciliegie e metterle in una ciotola con lo zucchero, la maizena ed il succo di limone. Mescolare accuratamente.

Prendere 2/3 della pasta e stenderla in un disco, col quale si rivestirà uno stampo da 25 cm di diametro. Versarci dentro le ciliegie, grattugiare il cioccolato, distribuendolo su tutta la torta. Stendere la pasta rimanente in un disco, col quale si chiuderà la torta. Sbattere il tuorlo con un po' di latte e spennellare la superficie della torta. Con un coltellino affilato, praticare delle incisioni sul "coperchio" della torta (avete presente le torte di Nonna Papera, no?), in modo da permettere, in cottura, la fuoriuscita del vapore. Infornare a 180 g per 45 minuti, avendo cura di posizionare la torta nella parte più bassa del forno.