giovedì 26 febbraio 2015

Baciare è bello


Non ce l'ho fatta...Avevo detto che non avrei fatto altri baci per questo MTC, ma non ho resistito: ne ho DOVUTE sfornare altre due versioni. Stavolta, però, ne ho fatti veramente pochi, giusto il necessario per fare le foto.
La prima è vagamente ispirata alla cassata siciliana, e aveva, come intento, quello di usare il liquore e la gelè di arance fatti da me. La seconda... la seconda... bè, lo devo confessare: i miei cioccolatini preferiti (a parte le ghiande di Gay-Odin) non sono i baci, ma i Lindor. In rete, girano almeno 3 ricette che tentano di imitare la la crema contenuta in quei cioccolatini. Io ho scelto quella che mi convinceva di più e, manco a dirlo, l'ho un po' modificata: eliminato il malto in polvere, che non avevo, aumentato il latte condensato ed aggiunto estratto di vaniglia autoprodotto. Il risultato, in termini di gusto, è molto vicino all'originale e la "scioglievolezza" c'è tutta. Per le frasi da accostare ai cioccolatini sono andata a cercare nientemeno che tra i Sonetti del Bardo.

Baci cassata (x 7)

Per il ripieno
Ricotta                        70 g
Gelè all'arancia           40 g
Cioccolato bianco       35 g
Arancello                    2 cucchiai
Mandorle a lamelle    1 cucchiaio
Arance candite           20 g

Per il rivestimento 
Cioccolato fondente   150 g

Lavorare con le fruste elettriche la ricotta, insieme alla gelè all'arancia e all'arancello. Sciogliere a bagnomaria il cioccolato bianco ed unirlo al resto. In un padellino, tostare le lamelle di mandorle ed aggiungerle alla crema. Dividere questo ripieno in uno stampo di silicone a semisfera (3 cm di diametro) e mettere in freezer per un'ora. Una volta che si saranno ben rassodate, smodellare le cupolette e mettere, su ognuna di esse, alcuni dadini di arancia candita; rivestirle con col cioccolato temperato. Sgocciolare il cioccolato in eccesso e mettere ad asciugare su un foglio di carta forno.










Baci Lindor (x 6)

Per la crema Lindor
Cioccolato al latte             100 g
Latte condensato               60 g
Burro                                 33 g
Panna                                10 g
Estratto di vaniglia           1 cucchiaino

Mettere tutti gli ingredienti in una fondina e disporla su un bagnomaria. Una volta che tutti gli ingredienti si saranno sciolti, mescolare per amalgamarli e mettere in frigo per tutta la notte.
Il giorno dopo, la crema si sarà rassodata, per cui sarà possibile prelevarne un po' e, modellandola con le mani, formare le cupolette, che costituiranno l'interno dei baci. Rimettere in frigo, intanto che si prepara il resto.

Per il croccante

Zucchero                                2 cucchiai
Glucosio                                1 cucchiaino
Granella di nocciole tostate   2 cucchiaini

Mettere in un padellino lo zucchero ed il glucosio, inumidire con mezzo cucchiaio d'acqua e far caramellare. Appena lo zucchero accenna ad imbiondire, versarci dentro la granella di nocciole, scaldata al MO. Distribuire il croccante negli incavi di uno stampo come questo, capovolto.
Appena il croccante si è un po' raffreddato, ma è ancora malleabile (fare molta attenzione a non scottarsi, nel caso, meglio indossare dei guanti), formare tante palline, che andranno posizionate sulle cupolette.


Temperare 150 g di cioccolato al latte e tuffarvi i cioccolatini, in modo che si rivestano. Sgocciolare il cioccolato in eccesso e mettere ad asciugare su un foglio di carta forno. Mi sono resa conto di non aver precisato che, per tutti i miei baci, ho usato la tecnica dell'inseminazione.







mercoledì 25 febbraio 2015

Ibridizzazione

Come ho già raccontato, mi capita di smistare parte dei miei esperimenti in cucina in un ufficio da mio marito, dove c'è un folto gruppetto di giovani, ben lieti di farmi da cavie. Ormai, quello che era iniziato come un invio sporadico, è diventata una consolidata abitudine, per cui so che, il lunedì,  si aspettano sempre che arrivi qualcosa che addolcisca l'inizio della settimana. 
Domenica scorsa, ho pensato che fosse l'occasione per provare la Stupendissima, che Alessandra aveva recentemente ripubblicato. Ai tempi, sul forum che entrambe frequentavamo e dove ci eravamo conosciute, l'avevano fatta praticamente tutti. Mancavo io e questa lacuna andava colmata.
Rileggendo la ricetta, però, mi sono un po' spaventata per la quantità di burro, per cui ho finito col fare un cross link con la tarte al limone di Adriano, che, al posto del burro, utilizza la panna, che leggera non è, ma, almeno, contiene il 35% di grassi, rispetto all'82% del burro. Adriano esprime la quantità di uova  necessarie come peso e non come numero; 3 delle mie uova pesavano 225 g, per cui ho fatto le debite proporzioni (la calcolatrice resta uno strumento indispensabile in cucina) e questo spiega le dosi un po' "strane".

Stupendissima ibrida

Pasta frolla                          400 g

Per il ripieno

Uova                                  3
Zucchero                           156
Panna                                125
Succo di limone                63
Yogurt alla vaniglia         125 g
Farina di cocco                100 g 
Zeste di limone

Imburrare uno stampo per crostate dal fondo amovibile di 24 cm di diametro. Stendere la frolla e, con questa, rivestire lo stampo (la mia frolla è risultata un tantino troppo spessa, come si vede dalla foto: meglio stenderla un po' più sottile di quanto abbia fatto io), poggiarci sopra un foglio di carta forno, distribuirci sopra dei fagioli o del sale grosso ed infornare a 160 gradi, fino a quando i bordi iniziano a colorirsi (circa 10-12 minuti).
Mettere in una ciotola le uova, lo zucchero (io ho usato quello che tengo in un barattolo insieme alle bacche di vaniglia "usate"), la panna, lo yogurt, la farina di cocco e la buccia grattugiata di un limone. Mescolare rapidamente, senza montare, per evitare di incorporare aria. Da ultimo, unire il succo di limone filtrato.
Estrarre dal forno il guscio di frolla, eliminare la carta forno ed i fagioli, versare il ripieno ed infornare nuovamente, nella parte bassa del forno, a 170 gradi per  circa 30 minuti. Dal momento che, come ben sappiamo, i forni non sono tutti uguali, prestare molta attenzione alla cottura, perché l'interno deve rimanere un po' morbido, tenendo presente che, raffreddandosi, diventerà comunque più sodo.






venerdì 20 febbraio 2015

La cucina povera (?)

Il grano arso, un tempo, era roba per poveri. In Puglia, dopo la mietitura, i contadini bruciavano le stoppie e, a causa di ciò, le spighe che erano sfuggite ai mietitori subivano una tostatura. Spente le fiamme, era concesso ai poveri di andare a raccoglierle. Da questi chicchi di grano tostati si ricavava una farina grigia e dal sentore di affumicato, che, allora, era considerata di scarso pregio. Oggi, invece, questa farina, proprio per il suo sapore particolarissimo, è stata scoperta dai gourmet, al punto che, ormai. la si prepara apposta.
Ho conosciuto questa farina, grazie ad una carissima amica pugliese, che, in un paio di occasioni, mi ha regalato delle orecchiette fatte proprio con quella farina. Il gusto di questa pasta ci aveva conquistati immediatamente, per cui, quando, dovendo fare un ordine di farine on line, ho visto che, su quel sito, vendevano anche questa farina, ho immediatamente inserito nell'ordine anche un pacco di farina di grano arso. 
Io, purtroppo, le orecchiette non le so fare, per cui ho optato per delle semplici tagliatelle, condite con fiori di zucca, in una piacevole armonia di sapori e colori.
A dirla tutta, non ho nemmeno tirato la sfoglia a mano, ma ho tirato fuori la fida Pastamatic, ereditata da mia mamma, aggeggio che avrà circa 40 anni (credo sia stato uno dei primissimi modelli), ma che ancora fa il suo dovere. Tra l'altro, la mia Pastamatic ha, a differenza dei modelli più recenti, le trafile in bronzo, che conferiscono alla pasta una piacevole ruvidità, che non fa rimpiangere troppo quella fatta a mano.

Tagliatelle di grano arso con fiori di zucca

Farina di grano arso                        125 g
Semola di grano duro                      125 g
Acqua                                              q.b.
Fiori di zucca                                   2 confezioni
Parmigiano grattugiato                    3 cucchiai
Latte                                                120 ml
Burro                                               20 g
Olio evo                                          1 cucchiaio
Aglio                                               1 spicchio
Sale

Impastare le due farine con dell'acqua e formare un panetto. Avvolgerlo nella pellicola e farlo riposare per una mezz'ora, per permettere al glutine di rilassarsi. Tirare la sfoglia e tagliare delle tagliatelle, che andranno poi stese ad asciugare. Io ho usato il mio apposito stendino, comprato tanti anni fa New York (si, lo so, è paradossale che un'italiana compri uno stendino per la pasta a NY, ma, all'epoca, certe attrezzature un po' particolari, da noi, non si trovavano facilmente).



Levare il gambo e lo stame (no, non è un pistillo, come erroneamente viene spesso chiamato: il pistillo si trova nei fiori femminili, quelli, cioè, attaccati alla zucchina, mentre i fiori "liberi" sono quelli maschili e, quindi, hanno gli stami; perdonatemi la pedanteria, ma, ogni tanto, la biologa viene fuori) ai fiori di zucca, tagliarli a listerelle e cuocerli in una padella con l'olio, in cui si sarà fatto rosolare l'aglio.


Scaldare in un pentolino il latte con il burro e aggiungervi il parmigiano (io ho usato quello con 36 mesi di stagionatura). Emulsionare la salsa col frullatore ad immersione.
Cuocere la pasta in acqua salata a bollore, scolare e saltarla in padella con i fiori di zucca e la crema di parmigiano. Se necessario, aggiungere un po' dell'acqua di cottura della pasta. A piacere, aggiungere una macinata di pepe .


lunedì 16 febbraio 2015

Cinque e sto


Confesso che, dopo una settimana passata a far cioccolatini, inizio ad essere un po' satura. Ma questa sfida dell'MTC è stata particolarmente stimolante e davvero il tema si prestava a millemila varianti. Tuttavia, anche se altre possibili realizzazioni si affollano nella mia mente, ho bisogno di un periodo di "disintossicazione" dal cioccolato. Anche perché, se è vero che, per lo più, li ho distribuiti in giro,  "qualche" assaggio, lo ammetto, c'è stato...
Veniamo, quindi, a questa quinta versione (che, poi, in realtà, sarebbe la sesta, visto che ne avevo fatto anche un altro tipo, che ho rinunciato a pubblicare, perché troppo simile a quella pubblicata da un'altra MTCina).
Questa volta, ho scelto di non fare un'ennesima variazione sul tema ganache e di introdurre una nota più fresca. Visto che, ultimamente, mi sono dedicata con successo alle gelè di frutta, ho preparato delle gelè ai lamponi, sormontate da una meringhetta, che, oltre a formare la richiesta cupoletta, ha contribuito a creare un piacevole gioco di consistenze. La frase che ho abbinato è un verso di Pessoa, che trovo particolarmente toccante.

Baci del sottobosco

Per la gelè ai lamponi

Polpa di lamponi                     212 g
Acido tartarico                        2,12 g
Pectina jaune                           3,8
Zucchero                                 176 g + 21,2 g
Glucosio                                  49 g
Succo di limone                      1 cucchiaino

Frullare il contenuto di due vaschette di lamponi e passare il frullato allo chinoise, per eliminare i semini. Mettera la polpa di lamponi ed il cucchiaino di succo di limone  in una casseruolina e scaldare a 40 gradi. Aggiungere la pectina, mescolata con i 21,2 g di zucchero, il glucosio e lo zucchero rimanente. Cuocere fino a raggiungere la temperatura di 106 gradi. A questo punto, aggiungere l'acido tartarico, sciolto in un paio di cucchiaini d'acqua. Mescolare e, molto velocemente, versare in un colino a pistone e dividere il composto in stampini di silicone a semisfera.

Per le meringhette

Albume                         20 g
Zucchero                      40 g

Montare l'albume a neve soda; aggiungere lo zucchero. Mettere la meringa in un sac a poche, dotato di bocchetta liscia e, su una leccarda rivestita da un foglio di carta forno, formare delle palline di meringa delle dimensioni di un cece . Infornare a 50 gradi per un'ora. Una volta cotte le meringhe, smodellare le gelè e su ognuna poggiare una meringhetta .

Temperare 150 g di cioccolato fondente, come spiegato da Annarita e tuffarvi le gelè sormontate dalle meringhette. Sgocciolare e mettere ad asciugare su carta forno.









venerdì 13 febbraio 2015

Two more


Con tutto il parlare del temperaggio che si è fatto in questi giorni, mi son tornate alla mente le mie prime esperienze con la lavorazione del cioccolato. 
La primissima volta è stata moltissimi anni fa (non ero nemmeno sposata), quando mi misi in testa di fare le uova di Pasqua per i nipotini. All'epoca, per i non addetti ai lavori, era molto più difficile di adesso trovare le attrezzature adatte, per cui ricordo che già solo trovare lo stampo fu un'impresa. Una volta entratane in possesso, credevo di aver risolto, credevo che mi bastasse sciogliere il cioccolato, colarlo nello stampo e aspettare che si freddasse per avere le mie mezze uova. Potete immaginare come andò a finire...il cioccolato fu rimosso dallo stampo praticamente con lo scalpello...
Qualche anno dopo, andai a seguire un corso tenuto da un noto cioccolatiere napoletano. Alla prima lezione, costui esordì dicendo: "il cioccolato va temperato, ma poiché per voi sarebbe difficile, è inutile che vi spieghi come si fa". Se non fossi stata ignorante com'ero, a quel punto, ci sarebbe stato da alzarsi, pretendere la restituzione di quanto pagato e andarsene...
Poi venne l'era di Internet, ho cominciato a leggere, documentarmi, ho fatto altri corsi e, finalmente, il temperaggio non ha avuto più segreti per me.
Veniamo, ora, agli altri due tipi di bacio che ho fatto per questo MTC n. 45.
Per i primi, ho scelto una frase del mio poeta preferito (cantautore sarebbe riduttivo): Leonard Cohen, un uomo che con la sua musica, i suoi testi fitti di simbolismi e la sua voce di velluto riesce sempre a darmi i brividi. Il suo concerto, in una notte d'estate a Piazza San Marco, a Venezia, è stato uno dei regali più belli che io mi sia mai fatta.

Baci autunnali (x 15)

Cioccolato fondente                       150 g + 300
Panna                                              75 g
Burro                                              30 g
Confettura di castagne                   170 g
Rum                                                1 cucchiaio
Rottami di marroni                         60 g

Sciogliere i 150 g di cioccolato a bagnomaria. Scaldare la panna col burro e versarla, in due riprese, sul cioccolato fuso, girando per amalgamare il tutto. Aggiungere la confettura ed il rum e mescolare ancora. Mettere la ganache in frigo per tutta la notte. Il giorno dopo, dividere la ganache in porzioni grandi quanto una noce e modellarle con le mani, dando loro la classica forma a cupola. Mettere su ogni cupoletta un pezzo di marron glacè. Temperare i rimanenti 300 g di cioccolato ed immergervi i cioccolatini. Sgocciolarli bene e metterli ad asciugare su carta forno.









 La seconda versione, invece, prende spunto dai torroni dei morti, che si preparano da noi, ad inizio novembre, alcuni dei quali racchiudono, nel guscio di cioccolato, diversi strati. E, a questi, ho accostato una frase di Neruda.

Baci a strisce

Per la ganache al pistacchio

Cioccolato bianco                  100 g
Pasta di pistacchio                  50 g

Sciogliere il cioccolato a bagnomaria e mescolarvi la pasta di pistacchio. Colarla sul fondo di stampi di silicone a semisfera e mettere a rassodare in frigo.

Per la ganache al cioccolato bianco

Cioccolato bianco                   120 g
Panna fresca                            50 g
Burro                                       20 g
Estratto di vaniglia                 1/2 cucchiano

Scaldare la panna col burro e versarla sul cioccolato fuso a bagnomaria. Mettere la ganache in un sac a poche, farla raffreddare e stratificarla su quella al pistacchio, ormai rassodata. Di nuovo in frigo.

Per la ganache gianduia

Cioccolato fondente                 150 g
Pasta di nocciole                      75 g

Procedere come per quella al pistacchio e, con questa, formare l'ultimo strato del cioccolatino.
Una volta rassodati, smodellare i cioccolatini,  e poggiare su ognuno un pistacchio, premendo leggermente per farli aderire. Temperare 300 g di cioccolato ed immergervi i cioccolatini. Sgocciolarli bene e metterli ad asciugare su carta forno.
                            







mercoledì 11 febbraio 2015

Non sono cinica


Quando si è appreso che, per l'MTC di febbraio, il tema sarebbero stato i baci, intesi come cioccolatini, molti sono andati nel panico, per via delle difficoltà insite nel temperaggio del cioccolato, che, per chi non lo ha mai fatto, potrebbe, effettivamente, rappresentare un passaggio ostico. Del resto, l'abbiamo detto tante volte, l'MTC è anche, e forse soprattutto, una scuola, l'occasione per imparare, per mettersi alla prova, quindi, ben vengano gli stimoli a sperimentare tecniche con le quali non si è mai osato misurarsi.
Personalmente, ho fatto spesso dei cioccolatini, quindi ero abbastanza tranquilla su questo fronte, per cui, appena ho appreso che ci saremmo dovuti confrontare sui baci, la fantasia è partita a mille, tant'è che ne ho già fatti 5 tipi diversi e ancora non ho esaurito tutte le possibilità che mi son venute in mente...
Paradossalmente, la difficoltà maggiore l'ho incontrata nel rispettare la clausola del regolamento che impone di abbinare ad ogni versione una frase sull'amore, così come accade con i baci "originali". 
Alla mia veneranda età, non dico di essere diventata cinica, ma sicuramente sono diventata consapevole del fatto che non esiste parola più ambigua della parola "amore". E' una parola usata ed abusata, ma con pressoché tanti significati quante sono le persone che la usano. Per questo motivo, quando due persone dicono "amore", non sempre intendono la stessa cosa e questo genera incomprensioni e sofferenze a non finire. Quindi, non aspettatevi, da me, frasi sdolcinate e melense, perché non ho più l'età....
La frase che ho abbinato ai primi cioccolatini è una frase che ho ripetuto spesso a mia figlia: se ti fa soffrire, non è amore, ma attaccamento nevrotico. 
In realtà, se non fosse stata troppo lunga, avrei riportato la cosiddetta "Preghiera della Gestalt", che riassume perfettamente il mio punto di vista

"Io sono io. Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative. 
Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa. 
Se ci incontreremo sarà bellissimo; 
altrimenti non ci sarà stato niente da fare."


Baci con fudge al cioccolato bianco e fave di cacao
(mio adattamento di un'idea di Sale & Pepe) (x 20)

Per il fudge

Cioccolato bianco                  100 g
Panna fresca                          70 ml
Miele                                      20 g
Zucchero                                90 g
Burro                                     10 g
Fave di cacao                         1/2 cucchiaio

Mettere il cioccolato tritato in una ciotola, insieme al burro. In una casseruola, versare il miele, lo zucchero e la panna e portare ad una temperatura di 112 gradi. Far intiepidire un po' questo mix e poi versarlo sul cioccolato, mescolando bene, in modo che si sciolga. Aggiungere le fave di cacao, grossolanamente tritate. Distribuire il composto in stampini a semisfera in silicone. Far raffreddare e, poi, tenere in frigo per un paio d'ore. Trascorso questo tempo, smodellarli e, facendo leggermente pressione, in modo che aderiscano bene, attaccare ad ogni bacio una nocciola.

Rivestimento

Cioccolato fondente 90%                300 g

Temperare il cioccolato (è necessario un cioccolato molto amaro, per bilanciare la dolcezza del ripieno), come magistralmente descritto nel post di Annarita e tuffarvi i cioccolatini (ho trovato preziosissimo il suggerimento di levare due rebbi ad una forchettina di plastica ed usare quella per immergere i baci nel cioccolato fuso). Sgocciolare il cioccolato in eccesso e mettere i baci ad asciugare su carta forno.


La scatola dove ho messo i due tipi di baci, che ho portato a cena da un'amica.







Il secondo tipo di baci prende spunto da quell' abbinamento arachidi/caramello, che io, "orfana del Winner", ho sempre amato.
La frase che ho accostato a questa seconda proposta è un frase di Schopenhauer (notoriamente un "allegrone"...), che ha trovato profonda risonanza in me. Con il lavoro che faccio sono intrisa di darwinismo e, avendo studiato per anni l'azione degli ormoni sul comportamento, non potevo non essere d'accordo con lui...

Baci al caramello salato e arachidi

Cioccolato al latte                         100 g
Panna fresca                                  50 g   
Zucchero                                       50 g
Glucosio                                        1/2 cucchiaino
Arachidi                                        50 g
Sale  

Per il rivestimento
 Cioccolato fondente                    300 g 

Mettere in un pentolino lo zucchero, il glucosio ed un cucchiaio d'acqua; portare allo stadio di caramello biondo e decuocere con la panna precedentemente scaldata. Tritare il cioccolato al latte e fonderlo a bagnomaria. In due riprese, aggiungere al cioccolato la panna al caramello e mescolare bene. Aggiungere le arachidi tritate (meno una ventina) ed il sale. Versare in un sac a poche, chiuderlo con un nodo ed aspettare che il composto si raffreddi quasi del tutto. Tagliare la punta  al sac a poche e formare delle cupolette su un foglio di carta forno. Mettere su ogni cupoletta un'arachide e far raffreddare i cioccolatini in frigo. Nel frattempo, temperare il cioccolato ed immergervi le cupolette. Sgocciolare il cioccolato in eccesso e mettere i baci ad asciugare su carta forno.                                                       









venerdì 6 febbraio 2015

Ereticamente asiatico

Ogni volta che mi avvicino alla cucina etnica, ho sempre la sensazione - che è praticamente una certezza - di compiere un'azione "sacrilega", perché so che, senza essere saldamente radicati nella cultura di quel paese, senza la disponibilità di certi ingredienti freschi, alla fine, riuscirò a produrre qualcosa che solo vagamente ricorda il piatto originale. Del resto, mi basta pensare allo scempio che è stato fatto della pizza in tutto il mondo... Quindi, è forse più corretto dire che prendo a prestito certi ingredienti, certe tecniche di cottura per creare un'atmosfera esotica, ma certamente non "the real thing".
Stavolta, avevo voglia di cucinare gli spaghetti di soia e, visto che non avevo speranza di essere filologicamente corretta, non mi sono nemmeno andata a cercare una ricetta precisa, sono andata "a sentimento". 
In più, per una volta, non ho nemmeno rispettato il Sacro Dogma della stagionalità degli ingredienti (a parte i peperoncini del mio orto che avevo in freezer), ma, ormai, mi ero messa in testa che volevo cucinarli con queste verdure. E, poi, vuoi mettere il sottile piacere di trasgredire alle regole, ogni tanto? Che qui è pieno di Savonarola ed io non li sopporto. Come che sia, a noi son piaciuti parecchio.

Noodles

Spaghetti di soia                          100 g
Peperone giallo                            1
Peperoncini verdi                         8
Zucchine                                      200 g    
Uova                                            2
Costine di maiale                        2
Olio evo                                      50 ml
Erba cipollina
Salsa di soia

Privare il peperone dei semi e tagliarlo a dadi di 1 cm. Tagliare a dadi della stessa dimensione anche le zucchine e la carne di maiale, staccata dall'osso. Levare i semi ai peperoncini e tagliarli a rondelle.
Scaldare l'olio nel wok (o in una padella) e cuocervi, separatamente, le verdure e la carne. Man mano che le verdure e la carne sono cotti, levarli dal wok e metterli a sgocciolare su carta da cucina.
 Sbattere le due uova in una ciotolina, aggiungere erba cipollina tritata e sale; preparare una frittata, che andrà, poi, tagliata anch'essa a cubetti.
Portare ad ebollizione dell'acqua in una pentola e calarvi gli spaghetti di soia; incoperchiare, spegnere il fuoco ed attendere 4 minuti. Nel frattempo, levare l'olio rimasto nel wok, metterci le verdure, la carne e i cubetti di frittata e, quando i noodles saranno pronti, scolarli e mescolarli con gli altri ingredienti, saltandoli nel wok. Condire con salsa di soia.
                                                                 






E, già che ci sono, partecipo al Glu-Free-Day



mercoledì 4 febbraio 2015

Per gioco

Come tanti, anche io gioco a burraco, ma non mi considero una di quelle "assatanate". Per lo più, gioco online, ma amo soprattutto le partitelle tra amici che facciamo in Sardegna, dove c'è spazio per la battuta, il commento, magari anche l'arrabbiatura per un errore del compagno, dove, insomma, c'è un'interazione. Non mi piacciono, invece, i tornei, dove giochi con estranei che prendono la cosa terribilmente sul serio (dimenticando che è un gioco...), dove guai se ti scappa mezza parola, dove ti guardando con commiserazione se non sai mescolare le carte come un prestidigitatore... E non mi piacciono questi professionisti del gioco, che sembrano non avere altri interessi nella vita. Tuttavia, ogni tanto, mi lascio convincere da mia sorella a partecipare, di solito per fare da partner alla sua consuocera. Cerco, allora, di rendere la cosa un po' più divertente osservando la "fauna" umana che popola questi tornei e le improbabili mises delle signore (e, talvolta, anche degli uomini...).
Quindi, se, come me, preferite giocare in casa con gli amici e, tra una partita e l'altra, volete offrire un tè con qualche dolcetto, queste cartucce sono perfette. La ricetta è della mia amica Elisabetta Cuomo. E ho detto tutto...
Ho fatto solo due piccole variazioni: ho usato delle mandorle amare ridotte in farina, al posto dell'aroma di mandorla amara e, invece della buccia di limone, ho usato l'aroma panettone, che avevo preparato con l'idea di fare il panettone, che poi non ho fatto. La ricetta dell'aroma panettone l'avevo presa qui.

Cartucce (x 50)

Farina di mandorle                  200 g
Farina 00                                 100 g
Fecola di patate                       50 g
Zucchero                                 200 g
Burro morbido                        160 g
Burro fuso                               20 g
Uova medie                             4
Ammoniaca per dolci              1 pizzico
Sale                                         1 pizzico
Mandorle amare                      2
Aroma panettone                     2 cucchiai   

Sbattere due uova, aggiungervi la farina di mandorle (comprese quelle amare) e l'aroma panettone. Lasciare a temperatura ambiente per un'ora. Con le fruste elettriche, lavorare il burro con lo zucchero e l'ammoniaca; unire, un po' alla volta, il composto di uova e mandorle, alternandolo con le altre due uova sbattute. Unire  il burro fuso e la farina + la fecola setacciate. Far riposare un'ora, sempre a t.a. Foderare gli appositi cannelli con le apposite cartine. Mettere l'impasto in un sac a poche, dotato di bocchetta liscia di diametro appena inferiore a quello dei cannelli e riempire i cannelli. Infornare a 170 gradi per 10 min, poi abbassare la temperatura a 160 e proseguire la cottura per altri 8-10 minuti. Aspettare che raffreddino per estrarle dai cannelli. Tamponarli con carta da cucina, per togliere l'unto in eccesso.
Come si evince dalla foto, la cosa più difficile è mettere la quantità giusta di impasto nel cannello. Le cartine fuoriescono un po' dal cannello, ma l'impasto dovrà fermarsi al bordo del cannello stesso, perchè, in cottura, lieviterà. Dal momento che credo non sia semplice, lontano da Napoli, reperire i cannelli, è possibile   distribuire l'impasto all'interno di pirottini di carta e cuocerli così. Certo non avranno più la forma di cartucce, ma saranno ugualmente buoni!